Correre, doveva correre sempre più veloce. Non importava fare attenzione a ciò che lo circondava. Doveva essere più veloce di tutto, più veloce della morte. Doveva essere tanto veloce da sfuggire agli altri. Il gelo gli entrò nei polmoni uscendo come una nube di fumo che fu lasciata indietro. Se fosse scivolato - la neve ghiacciata sembrava essere posizionata lì per un solo motivo - sarebbe morto, e forse era meglio così.
Non voleva lasciare che la sua morte fosse decisa da quell'alone di sventura che lo perseguitava, perché ormai ne era certo. Forse questione di giorni e sarebbe toccato a lui. Il pensiero non gli dispiacque, avrebbe posto fine a tutto, ma non voleva aspettare. Sentiva che ancora qualche giorno sulla terra avrebbe potuto significare la morte di qualcun altro a lui caro.
Gerard.
Scacciò via il pensiero, non doveva pensarci, questo lo rendeva più reale. Il respiro affannato si intensificò una volta raggiunti i piedi della collina, quella a lui più cara. Era stato affatturato, chi potesse volere il suo male non lo sapeva, ma quelle morti, i suoi amici più cari che non avrebbe visto mai più, non potevano essere una casualità. Pareva di sentire un pazzo.
Tutto ciò in cui non aveva mai creduto, non ci avrebbe speso nemmeno un minuto della sua vita dietro, ora aveva assunto un senso di realtà indecifrabile.
Si piegò poggiando le mani sulle ginocchia, riprese quanto più ossigeno possibile. L'oscurità lo circondava. L'aria, resa più pungente dalla notte, feriva i suoi polmoni. La milza pizzicava leggermente sul fianco. Alzò lo sguardo affrontando il cancello chiuso che lo separava dal suo obiettivo, ma non era nulla di invalicabile.
Il metallo ghiacciato parve bollente sotto il polpastrelli lasciati spogli dai guanti neri a scheletro. Poggiò il piede sul basso muretto in pietra e incastrò l'altro in un insenatura creata da un gioco di movimenti della recinzione. Si aggrappò all'estremità della recinzione in ferro, si diede una piccola spinta con il piede che teneva più in basso e scavalcò. Fece attenzione a non far impigliare i vestiti sulle piccole inferriate e si ritrovò, seduto sull'erba innevata, dall'altro lato del cancello.
Non c'erano lampioni o luci di sorta, l'unica illuminazione era quella residua che proveniva dal fondo della strada e quella che si poteva percepire dal porticato della famiglia Way. I guardiani erano sicuramente tutti a dormire, l'unico umano sveglio lì, molto probabilmente, era lui che si aggirava fra le lapidi. I cipressi frusciavano al vento, il chiarore della luna dava vita a strane ombre che si proiettavano sul viale longilineo che stava percorrendo, quel luogo sembrava più vivo che mai.
Sentì un rumore, più vivido della natura che lo circondava. Un brivido lo scosse, coraggioso quanto gli pareva, ma avrebbe sfidato chiunque a non farsi percorrere dai brividi in un'atmosfera simile. Si voltò verso quella che pensava fosse la fonte del rumore. Nel tetro della notte fonda una chiazza bianca tagliò la monotonia dell'oscurità. D'istinto si protese e seguì quella che era presto diventata una coda melliflua. Si stava addentrando tra le lapidi senza rendersene conto.
Continuò a guardare di fronte a sé, di sfuggita donava la sua attenzione a chi lo circondava, solo quando si fermò, quando il micio dal manto scuro con una macchia bianca si fu adagiato ad una lapide, ne vide il proprietario. Bob sorrideva, il ciuffo biondo domato per la foto dell'annuario, con fierezza sfoderava il suo posto nella squadra di rugby. C'era tutta una storia dietro a quella foto, c'era un'intera vita dietro a quegli occhi e a quel sorriso; chissà se il micio l'aveva capito che a Robert erano sempre piaciuti i felini.
Lo salutò, così come fece con il gatto, ma preferì non addentrarsi, andare a trovare anche la lapide innevata di Jamia sarebbe stato troppo. Presto sarebbe mancato solo lui al quartetto.
Si pentì di non aver prediletto la strada sul retro, ma alzando il passo e tornando sul rettilineo, arrivò senza ulteriori distrazioni alla casa del guardiano. Evitò appositamente di concentrarsi sul resto, come un cavallo con paraocchi, proseguì dritto, concentrandosi solamente sulla luce del portico che mano mano diventava sempre più forte.
STAI LEGGENDO
A Summoning // Frerard
Fiksi PenggemarMonroeville era sempre stata una cittadina tranquilla, non c'erano mai novità lì, erano sempre gli stessi volti con le stesse storie. Monroeville aveva sempre avuto albe stupende, in particolar modo se queste venivano ammirate sopra le sue colline. ...