Un gruppetto di tre ragazzi, probabilmente del secondo anno dato l'aspetto, lo aveva superato. Uno dei tre gli aveva dato una spallata, sembrava non averlo visto per nulla, talmente era assorto nella conversazione con gli amici, ma Gerard non ci badò, anche lui era assorto in ben altro. Camminò un po' per i corridoi desolati della scuola, non sapeva bene dove andare a passare quei minuti prima dell'inizio del corso. Iniziò a camminare con lentezza lasciando che i pensieri gli mangiassero il cervello e annebbiassero le capacità cognitive di base.
Camminando di fianco agli armadietti si fece guidare dalle gambe, ormai la ragione stava in un altro luogo. Rifletteva sulle parole di Helena. Lui nelle capacità di sua nonna ci aveva sempre creduto, ma una volta cresciuto, influenzato anche dal pensiero di suo padre, aveva fatto decadere le sue credenze. Sapeva che sua nonna in quanto a lettura di carte se la sapeva cavare, ma raramente l'aveva vista fare qualcosa di più complicato. Un incantesimo, secondo la visione di qualcuno che ne sapeva pressoché poco o nulla, non era come leggere delle figure ed interpretarle.
Un incantesimo richiedeva una conoscenza più profonda, e non toglieva che sua nonna ne possedesse una, ma in diciassette anni di vita avendola vista solo una paio di volte farne uno, aveva paura che le mancasse l'esperienza. Poi chi gli diceva che fosse vero, che quello che avrebbero fatto non fosse stato solo bruciare delle erbette e dire un paio di parole in greco o latino? Non voleva essere scettico, ma i dubbi erano leciti.
Se avesse deciso di farlo davvero avrebbe dovuto dirle anche di Frank, e non voleva, già sembrava aver capito fin troppo. Si chiedeva se fosse lui facile da capire, o tutti erano capaci di leggere il pensiero e capire che il soggetto del suo amore era quel ragazzo. Lui amava Frank, ma era lo stesso che non vedeva da giorni nonostante frequentassero la stessa scuola e lo stesso corso pomeridiano. Era tornato al punto di partenza, divertente.
Sua nonna spesso usava dire "rido per non piangere", accennò un sorriso proprio in quel momento, pensando alla iella che si portava appresso.
Il suo passo non si era fermato, aveva continuato la sua lenta ed inesorabile marcia, al fianco degli armadietti, fino ad arrivare all'entrata. Anche se aveva gli occhi aperti non aveva visto nulla del tragitto, ma parve risvegliarsi con il sorriso in faccia quando il suo sguardo si posò su due figure. D'istinto, appena li riconobbe, si appiattì al muro, nascondendosi dietro l'angolo per non essere visto.
Spiare non era una cosa lecita da fare, ma in amore e in guerra tutto è lecito, e questo gli bastò per sentirsi la coscienza pulita. Cercò di origliare la conversazione, ma data la distanza riuscì solamente a guardarli di sbieco. Jamia, da quel che riusciva a vedere, sembrava molto felice, e anche Frank era sorridente. I due si tenevano vicini, più di quanto sarebbe piaciuto a Gerard. Quello che fece spezzare il sorriso sulle labbra del ragazzo però fu un gesto che a vederlo era semplice, ma dentro di Gerard fece crollare tutto.
Si voltò di stacco e corse nella direzione opposta alla loro. Nel tentativo di fuga Gerard urtò con lo zaino un armadietto, provocando un forte rumore, al quale però non si interessò. Di Gerard si era impossessata ormai la delusione mista alla rabbia. Frank non lo stava ignorando perché si era offeso o cosa la sera di Halloween, semplicemente ora c'era qualcun'altra a cui dare più attenzioni. Chissà, forse era stato qual quasi bacio, quel nulla, che gli aveva fatto capire chi era fatto per stare con lui.
Con il passo che si era calmato aprì la porta per entrare nel teatro. Si sedette al solito posto, continuando a pensare all'immagine dei due baciarsi, con il sorriso stampato in volto, mentre da lui Frank era scappato, anche se non era successo nulla, anche se stava facendo tutto Frank.
Frank decide che possono parlarsi. Frank decide che loro due sono amici. Frank decide che Gerard non deve prendersela per quello che deve subire in continuazione. Frank decide di volerlo baciare. E come al solito Frank decide di scappare via e mettersi con la sua amica storica. È sempre Frank a decidere tutto, ora tocca a Gerard.
Era ora che Gerard la smettesse di lasciare agli altri comandare il modo in cui lui avrebbe vissuto la sua vita. Tutti dall'esterno condizionavano il modo in cui Gerard si interfacciava al mondo, e li aveva sempre lasciati fare. Gli bastava chiudersi in casa, stare con la sua famiglia, disegnare e ascoltare della buona musica. Però non poteva andare avanti così, se non avesse iniziato a fare qualcosa non sarebbe mai stato padrone di nulla.
Tutta la durata del corso di teatro lo passò a capire quale primo passo fosse il migliore per riprendere le redini della sua misera vita. Quando fu il tempo, uscì svelto, padroneggiando un passo sicuro. Molto più velocemente del solito stava raggiungendo casa sua con un obiettivo ben fissato in mente. Forse era la foga del momento, la delusione che era diventata ormai solo rabbia e quel bacio che aveva visto, che lo stavano spingendo a perseguire e raggiungere il suo obiettivo.
La strada per poterci arrivare comprendeva il salire la collina sulla quale svettava la villetta a due piani, delle scale che portavano in un seminterrato, lo stesso che veniva chiamato "l'antro della strega" e il doversi interfacciare con la suddetta strega.
Lasciò la cartella ai piedi delle scale, con un paio di ampie falcate raggiunse la porta e la spalancò. Fino ad allora non aveva proferito alcuna parola - a stento aveva riposto al professore - ma ora aveva annunciato la sua presenza accompagnando il gran baccano che stava facendo, con i suoi passi pesanti e le porte sbattute, con un "Nonna, accetto il tuo aiuto!".
Scese le scale non calmando la foga che ardeva nel suo petto. Helena era seduta al tavolino, con lo stesso quaderno consunto che il nipote aveva già visto. La donna travolse Gerard con un cipiglio duro nello sguardo. Non distogliendo lo sguardo pieno di rimprovero dal ragazzo chiuse il quaderno. Questa volta non lo ripose, ma lo lasciò sul tavolino spostandolo però a lato.
«Gerard perché sei piombato in questo modo nel mio studio? E se avessi avuto un cliente, ti rendi conto!» disse questo restando comunque seduta, ma riuscendo ad imporre superiorità con la voce. Gerard abbassò leggermente il capo, mentre Helena, con spalle larghe e mento alto si era imposta tra i due. Il ragazzo cercò di bisbigliare un paio di scuse, non guardando mai negli occhi la nonna, aveva capito di aver sbagliato, di essere stato troppo impulsivo.
«Scusami, ma avevo fretta di parlarti, prima che cambiassi idea» rispose Gerard rianimando la fiamma in sé, lo sguardo alto, fissò i suoi occhi in quelli della nonna. Ella lo guardò, ancora con severità, «Non mi hai nemmeno salutato!» lo sgridò nuovamente. Si vantava sempre di avere dei nipoti tanto educati, la riteneva una dote importante sulla quale non transigeva.
Gerard prese due respiri profondi, chiuse gli occhi e poi li riaprì. «Ciao nonna» disse in tono garbato, mimando un sorriso calmo, e con tutta la flemma che non possedeva in quel momento si sedette di fronte a lei. Helena si addolcì nell'espressione del viso e con un cenno del capo incoraggiò Gerard a dire quello che tanto gli premeva.
«Volevo sapere se la tua offerta fosse ancora valida» domandò calmandosi davvero, ma con ancora della veemenza nella voce. Helena lo guardò di sbieco, aveva capito a cosa si stesse riferendo, ma non ci aveva posto poi tante speranze. Conosceva il carattere del nipote, non era il tipo che prendeva le redini della situazione, per questo sentire che aveva preso quella decisione la lasciò senza parole per qualche istante.
«Ti riferisci all'incantesimo?» domandò, giusto per avere la certezza assoluta. Gerard, che non stava interrompendo un attimo il contatto visivo, rispose positivamente. «Tu hai detto che si innamorerà di me, ecco, voglio che succeda!». Helena si alzò, con calma iniziò a frugare fra gli scaffali dell'imponente libreria. «Tesoro sai che non è un gioco questo, vero?» domandò. Non voleva che la sua arte venisse scambiata per cialtronaggine, e voleva che il suo nipote sapesse almeno un po' quello che stava per accadere.
«Nonna se sono qui è perché credo in quello che fai. Se non ci credessi almeno un po' ora sarei ad autocommiserarmi in camera mia» soffiò rendendosi conto solo in quel momento di quanto poco fosse padrone della sua vita. Helena accennò una risatina e bisbigliò «Mio degno discendente». Continuava a scorrere l'indice sul dorso dei libri, la maggior parte consunti, con una rilegatura di pregio. Quando arrivò alle file inferiori si fermò su di un dorso.
Quando Helena tornò a sedersi, con il tomo fra le mani, rivestì il volto con un'espressione più seria, ma non severa. «Posso sapere cosa ti ha spinto a decidere?» domandò. Gerard distolse lo sguardo, catturato dalle rilegature in oro del libro. «Te l'ho detto, voglio che si innamori di me» disse con meno sicurezza. «Non è per caso un capriccio?» chiese cercando di intercettare i suoi occhi. «No! Sono certo di quello che voglio. Non lo sono mai stato così tanto in tutta la mia vita!» esclamò, ed Helena sorrise amara.
«Prima di iniziare però, devi sapere un paio di cose su ciò che andremo a fare».
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A Summoning // Frerard
FanficMonroeville era sempre stata una cittadina tranquilla, non c'erano mai novità lì, erano sempre gli stessi volti con le stesse storie. Monroeville aveva sempre avuto albe stupende, in particolar modo se queste venivano ammirate sopra le sue colline. ...