Dell'aria fredda entrò dalla finestra aperta, le tende si muovevano a ritmo del vento. La Luna si specchiava sul pavimento in assi di legno, illuminando appena le zone di ombra vicino ai piedi del letto. Le coperte riordinate, il piumone rassettato e i cuscini posizionati perfettamente sopra le coperte. La chitarra al suo solito posto, al di sotto della finestra, mentre la sua custodia era piegata e riposta con cura nel suo solito posto all'interno dell'armadio. La cartella giaceva come al solito sotto la scrivania, ora occupata.Aveva temporeggiato prima di sedersi alla sedia girevole. Aveva iniziato a vedere tutto ciò che nella cameretta, la stessa che per diciassette anni gli era appartenuta, non andava e aveva messo tutto in ordine. Non c'era molto da riordinare, ma aveva trovato riparo nel sistemare cose già sistemate. Aveva bisogno di tempo per accumulare il coraggio necessario ad impugnare quella penna e incidere parole d'inchiostro sulla carta. Aveva pensato molto a cosa scrivere nei giorni precedenti, lì per lì aveva pensato a talmente tante cose, però ora che era arrivato il momento aveva paura anche solo di fronteggiare la pagina bianca.
Quando ormai non aveva più nulla da sistemare - tutti i suoi vestiti, libri o attrezzature sportive erano stati ordinati - si rassegnò all'idea che fosse arrivato il momento di sedersi. In quei minuti, che forse erano stati un'ora, due o solamente un quarto d'ora nei quali aveva temporeggiato, non aveva pensato ad alcuna parola da buttare giù. C'era così tanto da dire, ma così poco da poter dire. Come si poteva sentire un genitore dopo un notizia del genere? Come la signora Nestor? O forse era diverso per tutti.
Era arrivato a chiedersi se alla fine toccasse davvero a loro. Aveva passato parecchio tempo a pensare, di tutto gli era passato per la mente, non si era stupito che anche quel pensiero avesse avuto la sua importanza in quei giorni. Aveva anche sperato che non si trattasse di loro, così non avrebbe dovuto farlo, non avrebbe dovuto sacrificarsi, non aveva mai chiesto di essere un eroe. Era certamente triste la speranza che nella lista di persone che ti amavano di più al mondo non ci fossero i propri genitori, ma in quel momento suonava rassicurante; però era pur vero che altre due persone, altrettanto importanti, sarebbero morte.
Non sarebbe mai stato libero. Arrivò ad odiare persino Gerard per questa condanna. Non sarebbe stato libero in nessun caso. Che avessero interrotto la maledizione o che avessero lasciato che compiesse la sua strada sanguinolenta, Frank avrebbe conosciuto in ogni modo un futuro orribile.
Poteva dire che in quei giorni aveva attraversato una crescita dell'eroe tutta sua. All'inizio sapeva che avrebbe dovuto farlo, sacrificarsi, che sarebbe dovuto morire per mano di Gerard, non era un destino scritto, ma se l'era scelto lui quell'epilogo. Poi aveva iniziato a riflettere a tutto quello che avrebbe lasciato, dubitava di quella più che bizzarra storia. Perché uno come lui doveva credere in un demone, perché doveva lasciare il futuro brillante per il quale aveva faticato. Non aveva senso, perché doveva essere lui ogni volta a piegare il capo e accettare, non voleva e non gli pareva giusto. Odiò con tutto se stesso i sentimenti che provava per Gerard, come aveva potuto fargli una cosa del genere e come poteva in quel momento chiedergli di restare in vita. Era come se con quella richiesta lo volesse condannare ad una vita con la sindrome del sopravvissuto. Alla fine, annegato nel blocco appunti ricolmo di note e ritagli di giornale che aveva preso da Gerard, era tornato all'accettazione di ciò che era giusto fare.
Affrontare quel viaggio da solo era stata la scelta migliore che avesse potuto prendere. Aveva anche iniziato a pensare ad una copertura, come fare sembrare il sacrificio, l'atto di un ragazzo attorniato dalla morte. Ancora prima di averci parlato conosceva la reazione di Gerard, ma ormai quello era il sentiero da seguire. Per giorni non ci aveva parlato, doveva stare in solitudine per riuscire ad arrivare ad un punto stabile.
Gerard all'alba gli avrebbe sparato un colpo in petto e tutto sarebbe finito.
Ancora seduto, scrutava l'inchiostro versato a formare delle parole. Non sapeva se esse fossero abbastanza, quanto una lettera d'addio poteva colmare un vuoto, anzi, poteva essa effettivamente farlo? Sorrise al quesito, sempre meglio di nulla. Aveva talmente temuto di buttare giù quelle righe da temporeggiare riordinando ciò che era già apposto, eppure esse erano fiorite dalla mano al foglio con naturalezza.
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A Summoning // Frerard
FanfictionMonroeville era sempre stata una cittadina tranquilla, non c'erano mai novità lì, erano sempre gli stessi volti con le stesse storie. Monroeville aveva sempre avuto albe stupende, in particolar modo se queste venivano ammirate sopra le sue colline. ...