5. CHAOS

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𝗝 𝗔 𝗡 𝗘

Non ho mai avuto paura del buio. È falso e bugiardo e sparisce sempre al mattino. La mia testa vede mostri nelle ombre che mi tengono col fiato sospeso fino all'alba e poi vanno via.

No. Non mi fa paura il buio.

A me fanno paura le cose reali. La vita reale. Nessuno mi ha insegnato come affrontarla, nessuno mi ha insegnato come fare a viverla davvero. La mia esistenza è stata scandita dal silenzio, dalla solitudine, dal dolore e dalla violenza.

Dal male su di me. Dal male su di lui.

Non ho mai permesso al buio di terrorizzarmi perché sono troppo occupata a impedire al mio passato di tornare nel mio presente.

La sensazione di pericolo che sento addosso è la stessa di molti anni fa: nella mia testa fa eco una voce che mi sussurra di respirare, di restare in vita, ma si scontra con un'altra che, invece, mi intima di fare silenzio, di stare zitta mentre una mano mi tappa la bocca e l'ago mi perfora la pelle.

C'è una bella differenza tra le due: la prima voce mi ha tirata fuori dall'inferno, la seconda mi ci ha mandata.

Mi sono fidata della persona sbagliata.

Mi sono fidata di Jude che mi ha portata ad Hunter, che mi ha portata a Leon e io oggi come allora ho la sensazione che qualcosa di brutto stia per accadere.

Forse, a morire questa volta sarò proprio io.

«Genevieve!» Danielle mi chiama mentre sorseggio il mio terzo caffè della giornata, dopo una lunga mattinata in reparto. Ovviamente, dopo gli avvenimenti di ieri sera non ho chiuso occhio.

Mi volto svogliatamente verso il corridoio e la vedo camminare nella mia direzione con sua bella treccia bionda che le cade oltre la spalla destra. Il camice bianco mette in risalto la sua pelle pallida. Con i mocassini neri e la gonnellina scozzese che indossa, sembra appena uscita da una di quelle riviste di moda.

«Il mio nome è Jane, non fingere di non saperlo solo per scocciarmi» sospiro, prima di prendere il mio ultimo sorso di caffè.

Danielle si ferma tra me e il distributore automatico. Mi osserva.

«Hai fretta?»

«Dovrei tornare al lavoro. Sai, è quello che si fa qui dentro».

«Ma certo, Jane» soppesa ogni lettera del mio nome sorridendo in modo irritante. «Ero solo curiosa di chiederti come fosse andata ieri».

Il mio umore cambia immediatamente.

'Ieri', quando ha praticamente dato il mio indirizzo di casa a uno sconosciuto come se fosse una cosa normale, come se non ci fosse nulla di male.

«Tu che dici?» sputo fuori, infastidita.

«Non lo so. A giudicare dal tuo aspetto» mi squadra dall'alto in basso «penso proprio che avrei fatto meglio a non dire niente».

Rido stizzita.

«Il tuo ego mi sta soffocando» getto il bicchiere nella pattumiera e la guardo. «Scusa, ma ho di meglio da fare» la supero per andarmene, ma la sua voce mi blocca.

«Jude ha rimpiazzato anche te» mi irrigidisco. Non mi volto nonostante io senta lo sguardo di Danielle fisso sulla mia schiena. «Non sei speciale o migliore di tutti gli altri. Jude ti voleva per uno scopo ben preciso e quando tu lo hai spedito fuori casa lui si è dimenticato di te».

«Che cosa ne sai tu?» mi giro per guardarla. Sul suo volto è dipinta un'espressione indecifrabile.

«Io so molte cose. Cose di Jude che tu non sai».

JANE'S MEMORIES 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora