21. Le mie prime volte non sono mai state le sue

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I suoi occhi sono rosso fuoco. La mia mano tesa trema, aspetta che Leon la afferri.

«Avanti» lo esorto, piegandomi un po' verso di lui. «Alzati».

Batte le palpebre. Esita.

Poi, solleva il braccio buono e mi sfiora.

Sento qualcosa di elettrico pungermi la punta delle dita quando le sue mi toccano. Ho paura che sia più intimo di un bacio. Ho paura che se il mio cuore crolla solo perché mi ha preso la mano allora sono bella che fottuta.

Ho gli occhi fissi sulle sue nocche sporche da vecchi graffi. Sento che lui invece sta guardando il mio viso e si alza senza fare pressione su di me. Non ha realmente bisogno del mio aiuto e quando è ormai in piedi ritraggo la mano.

Mi sposto verso la porta, lui resta alle mie spalle mentre la apro.

Varco la soglia per prima e accendo le luci.

«Entra» mi faccio da parte per farlo passare.

Silenzioso e calmo, fa come gli ho detto. Avanza e io serro la porta quando lui si ferma al centro del salotto.

Sento Romeo miagolare. Lo vedo balzare giù dalla poltrona e correre ad annusare le caviglie di Leon. Sembra gli piaccia il suo odore perché comincia a fare le fusa dando testate ai suoi polpacci.

Leon, invece, non si muove, lo lascia fare. Tira semplicemente su col naso e si morde le labbra.

È tutto così strano...

«Togliti la giacca» gli dico, mentre sfilo via la mia. «Puoi sistemarla qui» indico l'appendiabiti.

Mi guarda spaesato, ma anche in questo caso fa come gli ho detto. A fatica leva il giaccone infilato in una sola manica. Geme dal dolore e credo che la spalla gli faccia ancora male.

Mi accorgo che ha i vestiti zuppi. La felpa è sporca di sangue, quello colato giù dalla sua bocca o dal naso. Il terriccio gli macchia i pantaloni, ha tutto l'orlo bagnato.

Un silente fastidio mi agguanta la bocca dello stomaco e stringo i pugni quando lo vedo tenersi al muro per non perdere l'equilibrio.

Perché? Perché deve essere così fragile e debole davanti a me?

Non lo posso sopportare.

Mi allontano per andare in camera. Accendo la luce, apro l'armadio e frugo sul fondo alla ricerca di quel completo grigio che ho ripiegato e nascosto nell'angolo più buio.

È suo. È quello che ho indossato alla villa dopo essere stata picchiata. Sono quei vestiti che lui mi ha messo addosso e che gli appartengono.

Quando trovo ciò che sto cercando mi sollevo e lo porto con me in salotto.

Leon è ancora in piedi. Scalcia per allontanare Romeo. Sarebbe quasi una scenetta divertente se tra di noi non si fosse creata una crepa profondissima.

«Fatti una doccia» la sua testa scatta nella mia direzione. Il suo sguardo è confuso. Gli mollo in mano la sua felpa e i suoi pantaloni della tuta e lui mi sfiora ancora le dita quando li afferra.

«Non vorrei doverti curare anche la febbre» sospiro. «Il bagno è in fondo al corridoio a destra. C'è tutto ciò che ti serve».

Mi studia con le labbra dischiuse.

Sembra voler dire qualcosa, ma non gliene do il tempo. Lo supero e mi dirigo in cucina dove prendo il bollitore per preparare qualcosa di caldo.

Non si muove subito. Impiega qualche attimo per decidersi e quando sento i suoi passi allontanarsi, la porta del bagno chiudersi, lascio andare un lungo respiro in attesa di sentire anche il rumore dell'acqua che scorre nella doccia.

JANE'S MEMORIES 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora