13. Odia solo me

5.1K 269 65
                                    


𝗟 𝗘 𝗢 𝗡

La notte è ancora troppo lunga e io sono troppo lucido. Le ore non passano, ho perso il conto di quanti bicchieri di vodka e rum abbia bevuto. Non serve a niente.

La sbronza non servirà a togliermela dalla testa. Jane. Jane e i suoi maledetti occhi azzurri. Quelli che ho visto spegnersi a causa mia e la rabbia mi divora gli organi come un tarlo. Non posso fare niente per mandarlo via.

Me lo merito.

Butto giù l'ultimo sorso che mi brucia la gola e appoggio le mani alla ringhiera del privè. Guardo il mare di gente muoversi sotto di me. Ballano a tempo di musica, si baciano come se nell'aria ci sia qualcosa di altamente erotico. Forse è solo il calore che hanno assorbito le pareti del club o quelle odiose luci stroboscopiche.

Mi volto per recuperare la bottiglia di vodka dal tavolino. Riempio il mio bicchiere e lo svuoto completamente in un solo colpo.

«Stai facendo festa da solo amico?»

Vedo con la coda dell'occhio Hunter che mi passa accanto. Mi strappa la bottiglia dalla mano e se la porta alla bocca bevendo.

Sospiro adagiando il bicchiere vuoto sul tavolino.

«Io ho un motivo per bere, il tuo qual è?»

Hunter non mi guarda. Fa una smorfia strana quando prende un altro sorso perché la vodka è terribilmente amara. Qualche goccia gli scivola giù per il collo e non si preoccupa di pulirla via.

«Pensa se morissi domani» dice, «Avrei il rimpianto di non aver vissuto abbastanza».

«Il problema è che se continui a bere potresti davvero morire domani» perché lui può ostinarsi a ignorare la sua disfunzione cardiaca ma io no.

«Che peccato» lo vedo prendere l'ennesimo lungo sorso, «a Danielle dispiacerà molto».

Oh, quindi è per lei che beve.

Non riesco a trattenere una risata. Guardo di nuovo in basso verso la folla.

«Che c'è? Che ridi?» Hunter si sporge come me.

«Niente» espiro, «non so chi sia messo peggio tra noi due».

Il peso del braccio di Hunter mi grava addosso quando lo posa sulle mie spalle.

«Fratello» lo guardo, «Decisamente tu».

Gli colpisco lo stomaco con il gomito e lui geme dal dolore scostandosi da me. Rido di gusto. Almeno la sua presenza mi ha aiutato a non pensare.

«Beviamo un altro goccio?» mi propone, già pronto a riempire i nostri due bicchieri. Non rifiuto e aspetto che mi porgea il mio.

Buttiamo giù l'alcol tutto d'un fiato un attimo prima che la voce di Theo ci raggiunga.

«A quanti bicchieri siete?»

Gli rivolgo lo sguardo con la lingua che corre a leccare i residui di vodka dalla bocca. Mi lascio cadere sulla poltroncina in pelle e riverso la testa all'indietro, sullo schienale.

Voglio che l'alcol mi bruci le viscere come lei ha fatto con il mio cuore.

«Leon?» apro appena le palpebre quando Theo mi chiama.

«Che c'è?»

«Quanto hai bevuto?»

«Non lo so» biascico con la gola in fiamme e il tono rauco. «Che cazzo te ne frega, non sei mia madre» grugnisco. Ho la testa che gira in un modo incredibile.

JANE'S MEMORIES 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora