6. Respira, resta con me

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𝗝 𝗔 𝗡 𝗘

Il mio sonno è accompagnato da un leggero, leggerissimo scoppiettio. Come se della legna stesse bruciando, ne sento quasi l'odore sotto il naso. Pizzica allo stesso modo di quando ero bambina e giocavo sul tappeto della mia casa a York davanti al camino.

Mi rivedo lì: i boccoli castani che cadono sulle spalle, a passare il tempo da sola. Ogni ora, ogni giorno. Sola.

Mia madre troppo occupata con il lavoro. Papà impegnato nel garage con i suoi modellini da collezione.

Sola. Come lo sono a Londra.

Ed è a questo pensiero che inspiro forte.

Mi sto svegliando per fuggire dai miei ricordi passati e mi ritrovo ad affrontare quelli del presente.

Mi rendo conto che non posso mettere fine a questo incubo aprendo gli occhi. Non questa volta. Me ne rendo conto quando sento il corpo rompersi a ogni piccolo, piccolissimo movimento.

Le palpebre mi pesano sopra le iridi ed è una cosa che mi capita solo quando dormo troppo profondamente. Una cosa che è successa solo dopo un trauma.

Dischiudo le labbra. Sono così secche che mi bruciano.

Respirare mi costa un gemito. La mia mente ripercorre gli ultimi attimi da lucida: le botte. Il sangue. Le lacrime. Tutto comincia a prendere forma e una consapevolezza si fa largo dentro di me: nel mio appartamento a Londra non ho un camino. Mi allarmo.

Non so dove sono.

L'aria attorno a me è calda, eppure, non riesco a smettere di tremare.

'Non so dove sono. Non so dove sono'.

La fronte mi si riempie di piccole goccioline di sudore. Ho paura di aprire gli occhi perché adesso qualcosa ricordo. Un piccolo istante prima di svenire. Un piccolo particolare. Lo ricordo.

Mi ricordo di lui e non voglio credere che sia vero.

Non voglio ma... oltre il crepitio del fuoco e il mio respiro agitato, lo sento. Sento un leggero spostamento d'aria.

Non sono sola.

Con me c'è qualcuno.

Sento il suo respiro. Nella mia testa prego che non sia lui. Il suo sospiro mi fa tremare vergognosamente e capisco che sa.

Lui sa che sono sveglia. Sa che sto combattendo una lotta contro me stessa per non aprire gli occhi. Sa che io so.

Sa che ricordo di aver visto due occhi grigi prima di svenire.

Non sono pronta ad affrontarlo. Non voglio. Ma questo silenzio mi sta uccidendo. Mi fa impazzire. Così, le mie dita graffiate stringono la coperta che mi sta in grembo. E lentamente, troppo lentamente, apro le palpebre.

Le batto tra loro più volte, abituandomi alla luce fioca della lampada.

Non ho il tempo di guardarmi attorno, i miei occhi si imbattono subito in quelli che ho temuto di incontrare sin dall'inizio.

Mi rendo conto di aver trattenuto il fiato solo quando i polmoni bruciano.

E lui espira. Piano, ma lo fa. Mi ricorda che esiste.

Leon è seduto su un tavolino da soggiorno. Le ginocchia divaricate, gli avambracci abbandonati sulle cosce, il petto leggermente inclinato in avanti, verso di me. Ha la mandibola stretta, vedo i muscoli tendersi e poi rilassarsi come a soffocare qualche impulso a me sconosciuto. Dischiude la bocca e io ricordo la sua voce nella testa che dice: "respira. Resta con me".

JANE'S MEMORIES 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora