35. In tasca il suo bottino

3K 195 70
                                    


𝗝 𝗔 𝗡 𝗘

Eleonor Marie Clark.

Fisso la sua lapide immobile, mentre sottilissime gocce di pioggia bagnano il mio giaccone, la punta dei miei stivaletti col tacco, l'orlo dei pantaloni eleganti.

Papà ha pianto per tutta la funzione. Io non ho versato nemmeno una lacrima. Le persone che hanno preso parte al funerale hanno speso belle parole per mia madre.

"Era una brava donna", "Una dottoressa impeccabile", "Ha donato tutta la sua vita a quell'istituto e ai ragazzi che ci vivevano", "La sua morte è una grande perdita per la nostra comunità".

I miei occhi hanno guardato quei volti sconosciuti e non ho potuto fare a meno di chiedermi quanto siamo diversi agli occhi degli altri visti da fuori. Anche io sembro una brava persona? Che cosa pensa la gente di me? Al mio funerale qualcuno spenderebbe parole di conforto per i miei amici e familiari oppure parlerebbero tutti di me come della figlia ingrata che ha lasciato i suoi genitori per studiare a Londra? La sorella che ha ucciso il fratello maggiore?

«Jane» il mio nome ha un suono molto molto strano oggi, quasi non lo riconosco come mio anche se a pronunciarlo è stato Hunter.

Sollevo gli occhi nella sua direzione, la pioggia che mi piega le ciglia, il suo sguardo carico di compassione.

«Sono andati via tutti» dice, e io mi guardo attorno, «forse dovremmo andare anche noi».

Non rispondo. Torno a fermare di nuovo le iridi sulla lapide di mia madre e un forte, fortissimo pensiero mi annebbia la mente.

«Non mi ha mai detto 'ti voglio bene'» mormoro, tra i rumori del temporale e il fruscio degli alberi. «E io... non le ho detto addio».

Avrei dovuto odiarla. Ho così tanti motivi per odiarla, ma...

Non ci riesco.

E so anche che da oggi, per il resto della mia vita, vivrò con addosso il rimpianto per non averla salutata un'ultima volta, per non averla perdonata prima che se ne andasse per sempre, perché il rancore uccide e io non voglio morire portando rancore verso mia madre.

Qualcosa di caldo mi scivola sulla guancia. Mi tocco la pelle stupefatta perché non è pioggia, sono lacrime.

Sto piangendo.

Sto piangendo per mia madre. Un singhiozzo mi esplode nel petto, nella gola. Nascondo le labbra dietro le dita, come a voler soffocare il dolore. Piango in silenzio. Piango perché non c'è più nessuno. Perché mi è mancato il coraggio di perdonarla prima e perché ha fatto cose terribili che io non riesco ad accettare.

Due braccia forti mi avvolgono le spalle. Riconosco il profumo di Hunter e mi lascio accogliere nel suo abbraccio. Mi abbandono sul suo petto mentre lui mi stringe e mi bacia la testa. 

«Non sei sola Jane» sussurra tra i miei capelli.

Il suo cullarmi alimenta i miei singhiozzi. Le lacrime mi entrano in bocca, si mischiano con la pioggia sottile e mi ricordano che ho perso due persone in così poco tempo.

Avrò abbastanza forze per sopportare tutto questo dolore?

Hunter mi lascia un bacio sulla tempia. Mi sussurra di andare via, che il temporale sta per arrivare e io ho bisogno di tornare a casa. La mia casa che ormai è composta solo da lui, da Danielle, da Theo, Jude e anche Nick. E da Leon... da Leon che devo ancora salvare.

«Ho bisogno di un momento da sola» dico, sollevando la testa per guardare Hunter. Le sue dita corrono a pulirmi le lacrime. I suoi occhi mi studiano.

JANE'S MEMORIES 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora