Guardarti con i miei occhi

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Questa storia è scritta da : Koascrive



«Non sono mai stato bello!» 

Un sussurro nella notte desta i tuoi sensi intorpiditi. Il suo sussurro, che ti strizza il cuore riducendolo a brandelli. Hai guardato le lingue del fuoco del camino che si proiettano sul soffitto, affascinato dai giochi di luci e ombre, e soltanto allora ti volti a guardarlo. 

«Non sono mai stato bello» ti sembra ripeta o forse è la tua immaginazione, i ricordi più recenti si intersecano al respiro affannoso che riempiva l’aria sino a poco fa. Non sai cosa sia vero e cosa no, delle volte hai la sensazione che la realtà ti sfugga dalle dita e il tempo si dilati sino a diventare un qualcosa di materiale che si può fermare e riprendere a tuo piacimento. Hai i sensi piacevolmente intorpiditi dall’orgasmo e non realizzi subito, quando lo fai strabuzzi gli occhi e ti sollevi su un gomito a guardarlo. Per te sarà sempre bellissimo, ti dici mentre allunghi una mano sino a sfiorare il suo addome nudo. Anche a novant’anni. Vedi la pelle incresparsi e rabbrividire, non è freddo e lo sapete entrambi. Non è necessario scorgere l’intensità del rossore delle sue guance per riuscire ad afferrare la radice più intima dei suoi pensieri. 

Il soggiorno è immerso nel buio, silenzioso. Illuminato dal fuoco che arde nel camino e che emana un piacevole tepore. Non ne hai mai voluto uno, chissà poi perché, ma Alec un giorno ha detto: «Sarebbe bello, non trovi?» e poi ha sorriso guardando, sognante, il vuoto. Un paio di sere dopo un camino è apparso sulla parete est del vostro soggiorno a Brooklyn. Un camino a legna, del pungitopo a correre lungo la mensola in legno che lo sovrasta. Perché è Natale ci hai messo anche una palla di vetro con la neve. C’è un minuscolo villaggio incastonato là dentro, piccoli omini di legno che pattinano felici e sorrisi senza tempo, ricoperti di sogni finti. Le palle di vetro, con la neve che scende non appena agitate rappresentano le tue speranze più infantili. Vorresti mettere te e Alec là dentro, incastonare anche il vostro amore in un ricordo senza tempo. Ami il Natale, ti sei detto, sistemandoci anche una candela rossa lì a fianco ed evitando di pensare così a quel futuro in cui lui non ci sarà e che ti rifiuti di considerare di già. Ti sei dato da fare, mandando via il brutture della tua mente malinconica e hai fatto altro. Hai cercato il miglior tappeto sopra al quale sapevi che vi sareste stesi, hai fatto una lunga ricerca usando anche internet e alla fine hai optato per uno bnianco, a setole lunghe, molto morbido. Ci hai messo accanto un tavolino di cristallo sopra al quale, ora, stanno un paio di calici che prima contenevano Champagne. Avete bevuto, non molto, ma a sufficienza per sciogliere le inibizioni. Alec ha riso quando hai urlato “Sorpresa!” prima togliere la benda che copriva i suoi occhi e mostrare il tuo duro lavoro fatto di schioccare le dita a ripetizione fino a che non hai ottenuto un risultato soddisfacente. Quando Alec ti ha baciato di slancio hai capito d’aver fatto bene. Quando ti ha fatto suo su quel tappeto, legandoti le mani con la benda… Beh, ha capito invece d’aver fatto anche un’ottima scelta. 

E ora siete stesi su quel famoso tappeto bianco, davanti a un camino dentro al quale arde un ciocco di legno che scoppietta. Fuori nevica di fiocchi grossi, che si depositano per le strade di New York con uno stupefacente mantello bianco. È quasi Natale ed è perfetto, lui, voi. Casa vostra, l’albero illuminato di bianco e rosso. Tutto. Guardandolo hai sospirato e gli hai detto: «Sei bellissimo» affascinato, lo confessi, dai giochi di luci che i riflessi del fuoco creavano sulla sua pelle bianca. Lui è arrossito, nascondendosi tra le ombre a cui non hai concesso di inghiottirlo. Gli hai accarezzato il volto, ma lui è subito fuggito e poi ha scrollato il capo. Nonostante tutto, nonostante voi ancora non ci crede.
«Non sono mai stato bello» sussurra Alec. E fa male sentirlo parlare in quel modo. Non è la frase in sé a farlo, non quell’autostima su cui, va detto, stai facendo un gran lavoro, ma è per tutto il resto. Per le sbagliate convinzioni con cui è cresciuto. Per il modo in cui Robert e Maryse sembrano non averlo mai voluto valorizzare. Un po’ è per Jace e per il suo ego smisurato, per la cronica incapacità di Isabelle di dire ciò che va detto. È per la consapevolezza che il tuo fiorellino è cresciuto sentendosi un’ombra e vivendoci nel mezzo per tutta la vita. E un po’ è perché nessuno, prima di te, se n’è mai davvero reso conto.
«Lo sei molto più di quanto credi» dici, giocando con le linee degli addominali, sui quali passi ripetutamente le punte delle dita. La sua pelle è calda e liscia come seta.
«Dici così solo perché… beh, solo perché sei tu. E tu sei tu.» Questa volta, l’imbarazzo gli divora anche le orecchie. Lui e le sue goffe dichiarazioni d’amore… Non ti ci abituerai mai, questa è la verità.
«Oh, Alexander» mormori e quindi scrolli il capo come se non approvassi, e in un certo senso non lo fai. Ma lui deve capire, deve sapere. O impazzirai, impazzirete entrambi se non lo sa. E allora lo fai, colto da un impeto, gli sali sopra schiacciandolo sotto al tuo corpo. Percepisci le setole del tappeto cedere sotto di lui, i muscoli farsi rigidi in un primo momento e poi rilassarsi. Non c’è niente di erotico nel modo in cui lo guardi, non per come lo stai toccando e lui lo capisce nello sguardo che gli dedichi e dentro al quale ti perdi per quella che speri sia un’eternità. Perché non pensi al sesso, non adesso almeno.
«Delle volte vorrei che ti vedessi con i miei occhi.»
«Non so cosa potrei vedere» ammette, portando lo sguardo altrove. Al fuoco del camino che si riflette nelle sue iridi. A una realtà in cui non ci sei e nessuno gli ricorda quanto sia bello.
«Vedresti l’universo» dici, in un impeto furioso che ti accende lo sguardo di rivalsa. Perché tu sei universo e lo pensi, ma non lo dici. «Sei tutto, Alexander. Bellezza, grazia, dolcezza, erotismo. L’amore più puro. Sei… Sei tutte le parole che non riesco a dire.» E poi lo baci con intensità e ardore. Dove non arrivano le lingue che conosci c’è il tuo farlo capire con i fatti. C’è passione e una venerazione infinita nel modo in cui lo tocchi e poi lo abbracci, per come dopo lo prendi. Voi, nudi, davanti a un camino che arde e a una palla con la neve dentro la quale hai riposto tutte le tue più schiocche speranze. Voi e il tempo che non scorre, ancora affannati. Ancora a guardare l’infinito negli occhi dell’altro. Fuori ancora nevica, è quasi Natale.

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