Capitolo 26 pt 1.

97 3 0
                                    

'𝑨𝒍𝒍 𝒓𝒐𝒂𝒅𝒔 𝒍𝒆𝒂𝒅 𝒕𝒐 𝒚𝒐𝒖,
𝒆𝒗𝒆𝒏 𝒕𝒉𝒐𝒔𝒆 𝒊 𝒕𝒐𝒐𝒌 𝒕𝒐 𝒇𝒐𝒓𝒈𝒆𝒕 𝒚𝒐𝒖.'
𝑴𝒂𝒉𝒎𝒐𝒖𝒅 𝑫𝒂𝒓𝒘𝒊𝒔.





Allungo le braccia sopra la testa stiracchiandomi per bene, e quasi mi viene un colpo quando porto gli occhi sul soffitto. Le stelle sono sparite! Aggrotto le sopracciglia guardandomi intorno, sono nella mia vecchia camera. Deglutisco, sentendomi spaesata sono nella vecchia camera della mia vecchia casa nella mia vecchia vita, oppure mi sono svegliata dall'incubo peggiore del mondo. Frettolosamente scendo giù dal letto, per la foga inciampo su una ciabatta, ritrovandomi così con le ginocchia sul pavimento.
<<Cazzo! >>Borbotto rialzandomi. Come sono arrivata qui? Mi domando ancora incredula.

Abbasso la maniglia della porta e la spingo in modo che si apra da sola, lentamente, sembra non esserci nessuno, i teli dai mobili sono spariti. Chi tiene tra le mani i fili della mia vita ha premuto il tasto rewind riavvolgendo il nastro. Reggendomi al passamano, scendo cautamente le scale con un groppo in gola.
Qualcosa di simile ad un lieve sussurrare mi invita a proseguire.
<<C'è qualcuno?>> Grido.
Dalla cucina arriva il profumo della crostata alle ciliegie, lo inspiro più che posso. Un piede davanti all'altro, piano come se avessi paura di essere delusa mi appresto ad entrare.
Per poco le gambe non cedono sotto il mio peso.
È proprio qui. Con il suo grembiule rosa a quadroni, i capelli raccolti in uno chignon basso, canticchia una melodia a labbra chiuse.
Le lacrime mi annebbiano la vista. <<Mamma!>> Esclamo vigorosa.

<<Petite ètoile, sei ancora in pigiama, farai tardi a scuola. Non restare lì impalata! Vite alè!>> Mi incita a sbrigarmi facendo cenno con entrambe le mani.

Rimango interdetta, salgo le scale e mi affretto a cambiarmi impaziente di fare colazione con lei. Perché non mi sono fiondata tra le sue braccia per baciarla? Poco importa, adesso è qui, è tutto apposto, ho tutto il tempo del mondo. Una volta pronta, afferro lo zainetto e ritorno in cucina pronta a darle quel bacio. Scendo le scale a due a due, il profumo è sparito, c'è puzza. Puzza di immondizia, di cose andatde a male. Vengo scossa da un brivido, a piccoli passi entro in cucina, c'è un uomo di schiena, non sembra mio padre. <<Papà?>> Balbetto incerta sottovoce.

Sento il cuore pulsare nelle orecchie. La sagoma si gira  sorridendo, gli occhi del diavolo mi trafiggono, bisbiglia. <<Ciao agnellino!>>

La sua voce mi gela. La saliva mi si asciuga e il cuore per un istate si ferma, l'attimo dopo sto correndo per arrivare alla porta, la apro e sono nel campus della scuola, respiro boccheggiando.
Che cazzo succede?

<<Ti ho trovata finalmente!>> Una presa possente mi avvolge tutta da dietro, mi dimeno più che posso, eppure i miei arti non si muovono di un millimetro. Vorrei che il mio corpo in questo momento esplodesse si frantumasse in un numero indefinito di pezzi, fino a diventare solo polvere.

Mi domando se a qualcuno è mai capitato di sentirsi come catapultati in una vita che non riconosce, che non ci appartiene. O almeno, non ci appartiene più. Di vivere situazioni talmente strane in posti tanto improbabili quanto surreali da far pensare che c'è qualcosa che non va. Eppure è tutto così reale da sembrare vero, quindi stiri la bocca fino a far vedere i denti, in modo tale da dare a pensare che stai sorridendo e lasci che gli eventi accadano, che il tempo scorra adattandoti a quella nuova situazione.  L'aria che entra prepotente nel corpo. Apri gli occhi e ti accorgi che stavi solo sognando.

- Quand'ero bambina il sogno ricorrente era più o meno il seguente. Una piccola me, credo più o meno di dodici anni, in una campagna familiare, intenta a giocare a nascondino con Olly. Ad un certo punto arrivava la notte ed io non riuscivo più a ritrovare la strada, così mi sedevo in una piccola insenatura ai piedi di un grande albero e aspettavo che qualcuno mi trovasse. A farlo non era mai una persona, bensì una figura strana, la sagoma di un uomo con il viso indistinto e le fauci di un orso. Lui mi trovava sempre! Così, mi ricordo che cominciavo a correre senza meta ,col mostro alle calcagna e, ogni volta, per porre fine all'agonia, mi ritrovavo su un burrone, con la terra che franava ad ogni passo. Per terminare il sogno mi lasciavo cadere nel vuoto, o lasciavo che il mostro mi acciuffasse.- 

Tra le crepe del mio cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora