Capitolo 28

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"𝑺'𝒂𝒃𝒊𝒕𝒖𝒂𝒗𝒂 𝒂 𝒅𝒊𝒔𝒇𝒂𝒓𝒔𝒊 𝒅𝒊 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒐,
𝒑𝒆𝒓 𝒏𝒐𝒏 𝒂𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒑𝒊𝒖́ 𝒏𝒊𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒅𝒂 𝒑𝒆𝒓𝒅𝒆𝒓𝒆."

𝑱.𝑾.𝑮𝒐𝒆𝒕𝒉𝒆.

C'è un momento in cui realizzi quello che finalmente hai e ti senti completamente appagata, è una sensazione bellissima.
Stai uscendo dal buio o addirittura pensi di esserne fuori.
Ti guardi dentro e ti senti... guarita.

Le ferite aperte e pulsanti sono strie sottili di cose passate che, non fanno più male.
Il corpo che dorme al tuo fianco è esattamente complementare al tuo, ti si cuce addosso perfettamente, il suo respiro diventa il tuo battito e il suo battito la voce per la tua anima.
Questa pienezza, quest appagamento, dura esattamente un frammento di secondo.

Poi succede qualcosa, da qualche parte dentro di te pulsa la paura. 

Prendi il respiro successivo e ti rendi conto che non solo è troppo bello per essere vero, sta per finire.
Te lo dice qualsiasi cosa, il vento, le nuvole, i raggi flebili che penetrano il tessuto spesso delle tende, perfino una canzone messa a caso alla radio.
Lo senti nelle viscere, tutto cambierà. 

L'inquietudine ti assale e come una bambina in un negozio di giocattoli, corri a perdifiato a destra e a manca provando a prendere tutto quello che puoi prima che intorno a te torni nuovamente il buio.
Ti accorgi ben presto che non stai affatto correndo, sei immobile tra le lenzuola spiegazzate eppure ti sembra di cadere, di sprofondare.

È come il sogno che facevo da piccola, quando mi nascondevo nell'insenatura dell'albero aspettando che Olly mi trovasse. Prima che arrivasse il mostro, io sentivo una strana sensazione, sentivo che stava per arrivare qualcosa, qualcosa di terribile che mi avrebbe fatto tremare le ossa.
Eppure non riuscivo a muovermi, fino a quando i miei occhi fissi sulla terra si alzavano sulla presenza ombrosa davanti a me. 

Sentivo qualcosa sciogliersi dentro e d'istinto cominciava la mia corsa forsennata.

Quando loro mi parlano non riesco a far finta di nulla. Il fatto che alle voci io abbia associato il mio volto e, ad ognuna abbia dato un tratto della mia personalità sta ad indicare forse quanto io mi sentissi sola. Ho inventato sei me per sentirmi più forte, per trovare il mix giusto tra coraggio e forza per andare avanti.

-Almeno è quello che suggerisce la psicologa spiccia da incompetente in materia che ho fatto tra me e me. -

La numero uno, quella più strong è la pazza, è lei il capo. Non so se ridere o piangere, il capo del mio piccolo esercito mentale è proprio quella vestita da prostituta.

È lei che mi ha salvata quasi sempre, ha forgiato la mia corazza e preso il controllo quando io ero troppo persa.

Accanto a lei c'è sempre la riparatrice, è quella povera ragazza che prova a sistemare tutto ciò che non va. Loro due lavorano spesso insieme. La pazza decide di far festa, e la riparatrice mi tiene la fronte quando tiro fuori nel vater anche l'anima.

Poi c'è l'illusa, in quella che mi sembra quasi un'altra vita, pensava che il mondo fosse fatto di fiori senza spine, coltelli senza lame e vetri che non tagliano. Era lei prima ad avere il controllo.
Adesso il suo ruolo è decisamente cambiato, prova costantemente a far rinsavire la spenta, quando il capo ne combina una, la spenta che ha tendenze suicide, è sempre pronta a tirare giù il sipario.

In un angolino ben nascosto c'è la timorosa. È patetica, si tiene le braccia come se volesse confortare se stessa costantemente. Con le sue congetture contro le altre bisbiglia, bisbiglia insinuando la paura per tutto, paura di parlare, paura di alzare gli occhi, a volte perfino di respirare, è sempre in disparte.
Poi c'è l'ultima, quella dolce, col suo vestitino rosa a pieghe, inutile dire ch'è quella che sta più in silenzio.

Provo pena per lei, sorride troppo, vede cose che non esistono. Vede il buono anche quando non c'è, non lo sopporto!
Con la sua vocina soave vuole dare lezioni sulla vita, sull'amore..
A nessuno, compresa me, importa cosa voglia dire, ma è testarda, a differenza della timorosa lei è sempre tra i piedi, e quando bevevo, mi facevo, lei era sempre lì a dire la sua, nonostante tutte le altre le coprissero la bocca, lei gridava a perdifiato.

Quando loro mi parlano creando scompiglio, inquietudine, io le sento, provo a capire se quel fastidioso e continuo vociferare è un allarme concreto.

Adesso sono all'ascolto più che mai e non sento nulla.

Mi sembra quasi di vederle tutte e sei in bilico su di un filo invisibile.

E non capisco cosa stia succedendo. Riesco solo a sentire quella sensazione che mi rende inerme, sopraffatta, non ho parole per poterlo spiegare. Siamo tutte qui, in attesa che succeda il peggio perse dentro troppi vuoti, troppe angosce, fili aggrovigliati di pensieri, paure. Tutto troppo ed io, seppur con loro, troppo poco.
Arranchiamo e annaspiamo bloccate in una spirale enorme, in un vortice che ti impedisce di respirare.

Vaneggio forse? Sono vittima del mio passato e ho la sensazione fasulla di essere perseguitata da esso?
Eppure sembra così reale questa paura che mi investe e trascina nell'oscurità più profonda.

Giro la testa dall'altra parte del letto, eccola la mia luce, lo guardo dormire, il suo corpo è la coperta perfetta per il mio.
La sua anima risana la mia imperfetta.
Nessuno aveva mai guardato oltre l'apparenza, mi vestivo di freddezza e arroganza e a forza di fingere che non m'importasse di nulla sono rimasta intrappolata in un limbo di superficialità e silenzi.
Non avrei mai pensato di mettere radici, di non poter fare a meno di qualcuno.

Tutto questo pensare mi ha sfinita, ed è quasi giorno, penso spostando gli occhi verso la finestra.

Vorrei solo infilare nella borsa due stracci e scappare via lontano, se non fossi legata così stretta a Chris sarei già in un altro stato.
Non so se ci vuole più coraggio ad andare o a restare.
Questa domanda...
Mi ha tormentata per un lungo periodo.

Ci vuole più coraggio ad andare o a restare?

Non ho la forza di analizzare le parole, valutare i pro e i contro, sono troppo terrorizzata.
Vorrei totnare ad un po' di tempo fa, a quando avevo tutti gli interruttori sul tasto off.
Tutto spento.
Quando le scelte che prendevo non avevano un peso così ingombrante.

Andare, restare?

Andare grida ogni fibra del mio corpo.
ANDARE!

Tra le crepe del mio cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora