39. Cartellino rosso

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"Non consultarti con le tue paure, ma con le tue speranze e i tuoi sogni. Non pensate alle vostre frustrazioni, ma al vostro potenziale irrealizzato. Non preoccupatevi per ciò che avete provato e fallito, ma di ciò che vi è ancora possibile fare."
-Papa Giovanni XXIII

Alexis

Sono passati due giorni da quando ho litigato con Esmeralda e le ho chiesto una pausa. Due giorni in cui non riesco a smettere di pensarci, ma soprattutto non riesco a darmi una calmata e concentrarmi davvero negli allenamenti o, come in questo caso, nella partita.

Continuo a rivivere la scena. A sentire addosso quella rabbia pesante che era presente nell'aria. Continuo a sentire le parole di lei, a sentire la sua fiducia che viene a farsi sempre più debole. Continuo a sentirla allontanarsi velocemente da me nonostante lei non si sia resa conto. E poi continuo a chiedermi se averle chiesto una pausa sia la cosa migliore, ma non riesco a darmi una risposta.

Alzo la testa e vedo Olivier cambiare gioco e passarmi così il pallone e poi avanzare velocemente verso l'area, così io corro nella fascia, cercando di superare il difensore rossoblu. In un primo momento lo salto, così il numero 25 mi fa un'entrata da dietro che mi fa cadere al suolo e perdere il pallone, fermandomi irregolarmente.

Urlo per il dolore e mi tocco la caviglia, sentendo delle fitte fortissime pungermi e, nello stesso momento, sento anche l'arbitro fischiare per interrompere il gioco visto il fallo che ho subito. Il dolore viene immediatamente mischiato alla rabbia che provo dentro, perciò quando il mio avversario mi dà la mano per scusarsi e aiutare ad alzarmi, rifiuto spostandogli il braccio con un colpo secco. Mi manda subito a fanculo per il mio gesto, così mi alzo, ignorando la caviglia che mi punge ancora e gli do una spinta nervosa.

L'arbitro interviene ancora, dando il giallo a lui per l'intervento e a me per la reazione. Peccato che mi ci vogliano due secondi esatti per rendermi conto che è il secondo giallo che prendo, e questo significa rosso. Infatti, all'istante, mi mostra anche il secondo cartellino che mi invita a uscire dal campo.

Faccio un sorriso amaro ed esco dal campo zoppicando, ignorando Olivier e Rafael che mi sussurrano qualcosa, sotto i fischi dell'intera tifoseria che è incazzata con me per il mio aver perso la testa e aver lasciato la squadra in dieci.

Abbasso la testa e torno negli spogliatoi, afferrando il giubbotto che mi viene avvicinato, ma senza parlare con nessuno. Sento ancora la caviglia che mi fa leggermente male, ma so che non è grave, so che è solo colpa del pestone, e poi il dolore non è paragonabile a come mi sento dentro.

Sferro un pugno al muro e, in poco tempo, anche le nocche iniziano a pulsarmi e alcune gocce di sangue mi colorano la pelle velocemente. Mi maledico per questo mio gesto da coglione e per aver reagito in campo a un fallo. Mi maledico per tutto, per non riuscire a controllare ciò che sento, pur non essendo mai stato un tipo nervoso o impulsivo.

E mentre mi lascio cadere su una panca dello spogliatoio, mi rendo conto di essermi messo a piangere e, piano piano, quella collera che sento nel petto si fa più leggera, lasciando spazio a un vuoto doloroso, a ogni lacrima che scende... non so per quanto tempo io resti a piangere, so solo che questo pianto porta il nome di Esmeralda e dalla paura che ho di perderla e di aver rovinato tutto.

*****

Esmeralda

"Ma hai visto cosa è successo durante la partita del Milan?" alzo la testa sentendo le parole del mio migliore amico che è appena apparso nel bar dal nulla. Non mi ha nemmeno salutato, mi ha solo fatto questa domanda e questo mi fa spaventare all'istante.

"No... non ho controllato nulla." insomma, sto provando a non pensare ad Alexis, perciò sto anche resistendo alla voglia di controllare cosa stia succedendo durante la partita nella quale gioca.

Semplicità||Alexis SaelemaekersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora