Capitolo 15

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Alla vista dell'auto mi blocco. Beh, diciamo che io e quel ragazzo non abbiamo iniziato proprio con il piede giusto.
Nonostante tutto, ancora non capisco perché me lo ritrovi davanti alle 4 di notte, sotto un temporale di metà settembre. Qui a Londra non si sa mai, può piovere anche il 15 agosto. Beh, magari il giaccone di lana che ho portato è un po' esagerato...

Vedo che, pian piano, accosta con la macchina sul ciglio della strada e, sebbene non veda la sua espressione sul volto a causa del buio notturno, scommetto che ha un sorriso da imbecille stampato sulla sua faccia da schiaffi.

Mi avvicino all'auto, anche se controvoglia, e aspetto che sua signoria mi faccia l'onore di abbassare il finestrino che, beh, è oscurato.

-Ehi, ma tu guarda un po' chi abbiamo qui.
Parla dopo aver abbassato il vetro.

-Lo dovrei dire io. Cosa diavolo ci fai qui?

-No, niente. Passavo da queste parti...

-Sì, certo. Alle 4 di notte ti fai una bella passeggiata sotto la pioggia. Ci credo proprio.

Detto ciò continuo per la mia strada. Questo qui deve capire che non ho bisogno del suo aiuto anche perché il college è qui vicino. Anzi, spero sia qui vicino.

Mentre cammino come una furia più lontano possibile dalla Range Rover nera, mi accorgo che, ovviamente, è inutile correre, tanto lui è in macchina e io sono a piedi, infatti mi raggiunge in un secondo.

-Che dici, vuoi farti quattro chilometri a piedi scalzi?

-E sentiamo, come dovrei arrivare al college se non a piedi?

-Non fare la testarda, sali, dai.
Dice, facendomi segno di salire.

-Per piacere, va' via!
Rispondo, togliendomi i capelli bagnati dal viso.

-Okay, okay, se proprio insisti.

Lo vedo mettere in moto la macchina per fare marcia indietro per, evidentemente, tornare a quella sottospecie di festa.
Ripensandoci, se il college dista davvero quattro chilometri da qui, forse un passaggio farebbe comodo.

-Harry, aspetta!

Appena mi rendo conto di come l'ho chiamato, metto la mano libera dalle scarpe sulla bocca. Spero che non se ne sia accorto.

Al sentire le mie parole, frena immediatamente. Sono sicura che sapesse già che lo avrei chiamato. Fottutissimo Styles.
Raggiungo l'auto correndo, prima che me ne penta.

-Ma tu guarda un po' chi abbiamo qui.

Di nuovo? Ma questo solo questa frase conosce? E, ovviamente, prima che io apra bocca, inizia a parlare lui. Deve averla sempre vinta su tutto.

-Ma tu guarda un po' chi abbiamo qui...
Lo imito. Chi si crede di essere? Dio sceso in terra?

-Non fare la spiritosa.

-Guarda che sono sempre io. Si è bloccato il disco, per caso? Sei tu quello che ripete la stessa frase un milione di volte.

Prima che gli dica di sbrigarsi mi blocca di nuovo.

- Anzi, dovresti ringraziarmi per aver trovato qualcuno alle 4 di notte che ti può dare un passaggio.
Continua il suo discorso come se non avessi parlato.

-Senti, se dobbiamo metterci a parlare, perché non hai portato una tovaglia a quadri bianchi e rossi, un ombrollone e dei sandwiches? Ci facciamo un pic-nic sotto la pioggia, no?

-Guarda che sei tu quella che sta sotto la pioggia, non io.

-Ma bravo, ci sei arrivato finalmente!
Rispondo nervosa.

Fly away // h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora