Chapter 2

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-Buongiorno Signorina Tomlinson.
Sento la voce di Hanna, la nostra ancora per poco governante che, davanti ai fornelli, mi prepara la colazione.

-Buongiorno Hanna, puoi prepararmi uno dei tuoi buonissimi cornetti e un bel cappuccino? Ho la sensazione che questa sarà una giornata molto impegnativa.
Le chiedo gentilmente, dopo averle dato un veloce bacio sulla guancia.

-Certo, Signorina.

-Grazie mille. Hanna, almeno durante tuoi ultimi giorni di servizio, potresti chiamarmi per nome?
Le domando prima di prendere uno dei biscotti appena sfornati dalla teglia poggiata sul tavolo.

Non sopporto che le persone che lavorano per la mia famiglia mi diano del lei. Anche Hanna, che vive con noi da tredici anni, persiste a chiamarmi con quel dannato "Signorina".

È una donna sulla settantina, con statura media e dei bellissimi occhi verde smeraldo che adoro da sempre. Da piccola, quando la sera mi raccontava le favole per farmi addormentare, ne ero ammaliata; è di origine inglese ma è qui in America da molti anni dal momento che ha voluto dare un taglio netto alla sua vita. Per il nostro trasferimento definitivo dall'altra parte del mondo, ritornerà dalla sua famiglia che, beh, non vede da molto.

-Va bene, Sign- Elizabeth.
Si corregge subito.

Ricambio con un ampio sorriso a trentadue denti e aspetto che mi porti la colazione. Dopo aver sgranocchiato il buon cornetto e bevuto il mio cappuccino, corro su in camera dove mi aspettano i miei genitori con in mano una cartellina con un elastico per la chiusura che minaccia di scappare per i troppi fogli presenti al suo interno.

-Tesoro, ti ricordo che alle 11 sarà qui l'agente immobiliare per definire gli ultimi dettagli sulla pratica della vendita della casa. Alle 12.15 in punto ti aspetta in aeroporto Amalia, una donna che ti dirà l'orario e tutto ciò riguardante la tua partenza. Stai attenta e prendi appunti. Non vorrei che tu finisca nei guai come la scorsa volta. Chiaro?

*FLASHBACK*
-Beth, hai preso tutto?

-Sì, mamma.
Dico scocciata mentre tiro a fatica una delle mie valigie, che minaccia di scoppiare da un momento all'altro.

-Quindi è tutto pronto?

-Sì, mamma! Sono dieci volte che te lo dice!
Sbotta Louis, stanco delle solite domande di mia madre. Quando dobbiamo partire diventa insostenibile, si preoccupa sempre troppo e inutilmente.
Siamo in macchina e siamo quasi arrivati all'aeroporto; ancora non ci credo che andremo a Parigi! Adoro quella città e ho sempre sognato di andarci, quindi spero che oggi vada tutto per il meglio.

-Beth, in quale volo siamo stati messi?
Mi chiede mio padre.

Prendo velocemente il foglietto nella tasca, dove ho annotato il codice del volo che ho prenotato. Sbarro gli occhi quando ricordo di aver cancellato l'ultima cifra del numero del nostro volo con il bianchetto. Che numero sarà stato? Se non erro, dovrebbe essere il numero 2.

-Ehm... nel 412?
Rispondo, cercando di convincere anche me stessa.

-Okay, allora voi andate ad imbarcare le valigie mentre io e Louis andiamo a fare la fila per il check-in.
Propone mio padre, per poi andare nella direzione opposta con mio fratello.

Una volta arrivate all'entrata, io e mia madre ci avviamo verso "l'imbarco-valigie" dove ci attende una bella fila di circa settanta persone.

-Buongiorno Signore, in che volo siete dirette?
Ci domanda la receptionist dopo aver atteso almeno mezz'ora in fila.

-Siamo dirette a Parigi, con il volo 412.

La ragazza ci osserva con aria interrogativa e io e mia madre ci guardiamo negli occhi senza capire nulla.
Dopo aver controllato una cosa sul suo computer, ci chiede un po' titubante:

-Siete sicure di aver prenotato per Parigi? Non esiste alcun volo per Parigi con il numero 412. Vi è una prenotazione a questo nome, per quattro persone, per il volo 412 diretto a... Pechino, sì, proprio Pechino.

-Come scusi? Ci deve essere un errore. Mia figlia ha prenotato correttamente il volo di oggi per Parigi con il numero 412. Vero, Elizabeth?

-Emh, forse ho chiesto di prenotare un volo sbagliato...

Mi guardo subito intorno cercando lo schermo che indica i prossimi voli in partenza da questo aeroporto. Leggo velocemente tutte le destinazioni fino a quando non trovo Parigi, che in questo momento mi sta causando molti problemi.

413, maledetto numero 3! E adesso? Mio padre avrà confermato i biglietti per Pechino, ecco perché la receptionist era tanto sicura di quello che diceva. Forse è meglio che io cerchi una via di fuga ma non si risolverebbe nulla, dovrò sentire prima o poi la ramanzina dei miei genitori.

-Emh, sì... Forse ci sarà stato un errore sul codice del volo.

*FINE FLASHBACK*

-Beh, papà, ne è passata di acqua sotto i ponti!! Sono passati, emh, 3 mesi.

Sono passati solo 3 mesi da uno dei miei soliti e abitudinali pasticci. Bisogna dire che in tre mesi le cose sono cambiate. Dai, ho compiuto 18 anni!

-Okay, facciamo finta che tu abbia seguito alla lettera tutto ciò che ti abbiamo detto e che crediamo che tu arriverai sana e salva domani a Londra, senza aver perso le valigie, chiavi o passaporto. Comunque, riguardo a te, il tuo volo dovrebbe partire domani per le 9 dal Seattle-Tacoma International Airport. Avrai tutte le certezze fra un po' andando da Amalia, ricordi tutto, vero?

-Sì, non vi preoccupate. Vi prometto che non farò danni questa volta o, almeno, lo spero.

-Va bene. Noi andiamo. Giù ci aspetta il taxi per andare all'aeroporto. Il convegno ci aspetta fra quindici ore e, considerando il viaggio, il fuso orario e che all'arrivo dobbiamo portare i bagagli nella nuova casa, dobbiamo sbrigarci. Prima arriviamo, prima il nostro jet parte.
Ah, dimenticavo. Domani, quando arriverai lì a Londra all'uscita dell'aeroporto ti aspetta una macchina che abbiamo noleggiato per te per le giornate di domani e dopodomani, in attesa che ti venga portata la tua macchina da Seattle. Ciao, tesoro. A domani!

Dopo essere andati via e aver chiuso per sicurezza la porta a chiave, mi precipito sul divano e, dato che questa mattina ho avuto un risveglio alquanto movimentato, cerco di riposare almeno dieci minuti.

Fly away // h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora