Buona data storica miei cari! 🥳non potevo non commemorarla. Eccovi serviti! (E sia inteso che sosterrò in eterno la mia convinzione di Bruto figlio di Cesare 🌝)
C'è sangue nei suoi incubi, uno sguardo infuocato trafiggente il buio e un urlo terrificante, spaventoso.
Ma sono solo incubi e l'alba li dissiperà. Bruto rigira l'elsa e il pugnale rotea sul tavolino come una letale ballerina, una trottola impazzita. La lama rivolta all'esterno. Affilata, un tagliente strumento di morte, ma monda.
Non uno schizzo d'orrido sangue ne deturpa la bellezza.
«Di nuovo quel sogno?»
Non c'è bisogno di annuire. Porzia lo conosce meglio di lui stesso. Bruto non allontana lo sguardo, la fiammella della lucerta tremolante e instabile delineante il suo viso pallido, estenuato.
Gli si accosta, impalpabile e leggiadra nell'abbigliamento notturno, una nube di boccoli fulvi attorno al dolce ovale del viso. Non ci rintraccia un bel niente della severità imbronciata e rimbolsita di Catone.
Catone, l'impareggiabile. Suicida.
Martire della Repubblica... Cesare ne diverrà u-un...
No! Cesare e Catone sono due emisferi opposti. Uno operaio laborioso nel colossale cantiere della Repubblica, la maestosa e imperitura Repubblica Romana, patria della libertà. L'altro un tiranno ingordo, disgregante il lavoro di vite intere.
Anche se sta agevolando la plebe, anche se sta ripulendo Roma dentro e fuori le sue istituzioni, anche se-
Anche se ti sei scervellato troppo Bruto. Lui è un mostro. I mostri non sono padri, non si macchierà dell'empio crimine del parricidio. Suo padre era il vecchio e scomparso Marco Giunio Bruto, suo mentore Catone. Suo avo quel Lucio Bruto che scacciò i Tarquini, tronfi del loro sfrenato, malfermo potere.
È un Liberatore nel sangue.
«Sai che è la cosa giusta da fare.» Porzia gli si introna sulle ginocchia, staccandogli il braccio dal gioco dai macabri contorni, un tenero bacio schioccato sulla gota.
Sì, lo sa. Se lo racconta ogni giorno dal primo accenno di questo piano. Non gli piace congiura. Una congiura viene svolta da esseri loschi e ignobili, esecrandi. Loro sono Liberatori, salvatori della patria. Nel giusto, paladini degli antichi, aristocratici valori. Mos Maiorum, pietas, fides. Tutto il concentrato del pio Enea.
Tutti gli insegnamenti di Catone.
«Non ho tentennamenti.» professa Bruto e si china a baciarla, la sua sposina minuta, ma dall'animo ribelle. Non può averceli. Li deve stroncare, murare nei fondali insondabili della coscienza.
Un tempo amava Cesare, un tempo lo ammirava, l'avrebbe difeso a costo della vita.
Ma ha una missione, un sacro dovere da compiere. La volontà del popolo da manifestare. Perché aleggia, sotterraneo e celato, nei vicoli della città. Come un reticolo intricato, una cappa di malumore. A morte il tiranno, è inciso sui graffiti d'un uomo sovrastante il cadavere massacrato di un altro, pugnale spropositatamente enfatizzato nelle dimensioni sollevato in una mano. Bruto sei sveglio? Lo sollecitano altri. Bruto, tu non sei Bruto. Non sei il tuo eroico, mitico antenato.
Sbagliano: è, sarà, meglio.
C'è sangue sui gradini della Curia, uno sguardo sbigottito e un urlo straziante, di morte e rovina.
Ma non si riconducono agli incubi e nessun alba potrà dissiparli. Bruto conficca il pugnale nel petto di Cesare, un affondo lesto. Pietà, rancore, vendetta?
Ormai non sa più cosa lo muova. Se le fila di un gioco più grande, infinito. Se il dubbio dilaniante di una paternità mai chiarita. Se sentimenti verso un sistema politico ormai giunto al suo ultimo, rutilante atto.
Se sta insozzando il marmo del crimine imperdonabile di parricidio.
Cesare barcolla, dissanguato, uno scempio truculento. La massa di senatori implicati si allontana, le lame spillanti scarlatte lacrime al presto morto. Bruto ansima, il braccio ostaggio di brividi incontrollabili.
«A-Anche tu Bruto... f-figlio mio?» rantola esangue
Il mondo crolla. Quello di Roma e il suo. Un'ombra che si proietterà, discussa, contraddittoria, sulla Storia. Un delitto esaltato a nobile sacrificio. Un sacrificio sconsacrato a delitto. Ne sarà lordato in eterno, come la sua toga, come le sue mani. Rosso, vischioso, appiccicaticcio sangue.
L'ha fatto in nome della Libertà...
Ma quando in suo nome si uccide, quando la si rivendica strappando ad altri la libertà di vivere, resta davvero degna di definirsi tale?
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Meme dall'antica Roma con furore
AléatoireIl titolo parla da solo. Preparatevi al delirio.