Sentite, Giulia e tantissimi altri li vorrei adottare, va bene? Vi sto rompendo con lei e suo padre? Certamente sì🌝questi raccontucci ucci mi stanno sfuggendo di mano? Probabile, se non certo🌝Smetterò mai? Non lo so.
Il fluff è una droga, devo iniettarmela di tanto in tanto. E spacciarla.
Comunque sia, ricordate quella one-shottina zuccherina dove Giulietta nostra (sempre sia lodata) si prende cura del suo imperiale papi (sempre sia lodato pure lui) con un aiutino da parte dei gemelli Sole e Luna (e anche loro sempre siano lodati)? Ecco, vedetevi questa come una sorta di seguito e non fatevi domande sul perché mi sia uscita al tempo passato🌝
A voi!
«Seriamente papà... devi imparare a non ammazzarti dallo sfinimento.» Giulia gli porse un'altra brodosa cucchiaiata. «Com'è un'altra delle tue perle di saggezza? Festina lente?»
Affrettati lentamente. Il suo raffreddato, insonnolito papà, bloccato a letto, uno scompiglio di ciuffi biondi, annuì, sorbendo la sorsata.
«Il princeps non può ammalarsi se Roma non si ammala...» replicò roco, adagiandosi contro il bastimento di cuscini impilati dalla previdente figlia. «Te l'ho detto: lo faccio anche per te... e-e-etciù! Etciù! Etciù!»
Rintronato dallo starnuto violento, il moccolo pendente, accettò grato la salvezza rappresentata nel fazzoletto che Giulia gli porse.
«Malebeddo raffedode...» Augusto si soffiò il naso.
«Roma potrà fare a meno del suo principe per un giorno o due.» Sicuramente più di due. Le degenze di suo padre si tiravano per le lunghe, nonostante ciò non lo scoraggiasse dal portarsi il lavoro anche a letto.
«Un... etciù!» Si strofinò le narici infiammate. «... gioddo?»
Uno spettacolo tra i più privilegiati in natura - il signore del mondo conosciuto delirante di stanchezza e febbre - riservato esclusivamente ai suoi occhi. Giulia era indecisa se dichiararsi fortunata o meno. Quello che era certo era che suo padre stesse pian piano arretrando ai colpi del sonno.
E finalmente! Aveva proprio bisogno di chiudere un po' quegli occhi gonfi e staccare da tutto!
In punta di piedi si assicurò che la porta fosse chiusa. Nessuno avrebbe dovuto disturbare l'imperiale sonnellino. Non quell'acida megera della sua matrigna Livia, non zia Ottavia che, per quanto animata da buone intenzioni, finiva col divenire assillante nelle sue assidue premure. Nemmeno l'allegro Druso o i fidatissimi zii Agrippa e Mecenate e la congrega del Circolo.
Al suo ritorno Augusto sonnecchiava, screziando di bava il cuscino. Giulia glielo sprimacciò delicata, attenta a non destarlo.
«Non me ne andrò papà.» Lo sbaciucchiò sulla fronte calda, riprendendo il suo posto. Augusto era ormai profondamente addormentato, la cubicula risuonante del suono sommesso dei suoi respiri intermittenti. «Resterò qui. Al tuo fianco.»
«Giulia!»
Erano passati solo pochi minuti e già qualcuno disturbava! Sincerandosi che il sonno del papà fosse di piombo sotto ogni verso, Giulia si mosse dalla sua postazione fissa.
Druso balzò nella stanza, turbolento e schizzato di fango fino alle caviglie. Livia l'avrebbe spedito dritto alla vasca da bagno alla prima, repellente occhiata. Nell'involucro delle sue mani serrate Giulia catturò una rugosa creaturina verdognola, le pupille gialle e cispose infossate nelle orbite tondeggianti.
Un rospo.
Il gozzo si gonfiò d'un sonoro gracidio, al che Druso rinchiuse le mani sopra di lui. Gli occhi grinzosi si scorgevano ora solo da uno spiraglio tra le dita.
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Meme dall'antica Roma con furore
CasualeIl titolo parla da solo. Preparatevi al delirio.