Antonio & Cleopatra - live

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Alessandria d'Egitto - 724 AVC (30 a.C)

Marco Antonio dorme come un bambino nelle afose notti egiziane.

Cleopatra si scinde in fruscio di vesti e tintinnare di pendenti in oro emergendo sulla balconata, l'animo fosco di pensieri trattenuti.

Cosa l'ha attratta? È un uomo e gli uomini, è cosa assodata, sono manigoldi della peggior specie. Volubili, capricciosi, iracondi, instabili, arroganti. Sbruffoni. Antonio le ha reso omaggi e riverenze, quel giorno lontano ormai un decennio nella Grecia soleggiata, ammiccando dietro un sorriso sbruffone.

Posso conquistare il mondo e servirtelo ai tuoi profumati piedi su un piatto d'argento, lasciava trapelare. Il banchetto seguente a bordo della sua nave un inno alle voluttà orientali tanto disprezzate dai puri e temprati romani. Ma cosa fa un romano? Cosa rende un egiziano vero figlio delle sabbie cocenti e del sole spietato e torrido? Si seppellisce questo, disco incandescente, nel ventre della terra, esaltando il profilo dei tetti d'Alessandria, il sipario della notte che cala inevitabile e tempestato sul creato.

Cleopatra non ha una risposta. Inconsueto. Un risata le sfugge, vibrante, intensa. Le regine dovrebbero conoscere fino al più insito particolare della realtà. Le dee splendono quali fari di conoscenza illuminata.

Dee e regine... lo è ancora?

Una perdita non definisce un uomo. Ma il fragore fumoso di Azio, le carcasse sommerse della loro flotta, proiettano ombre impossibili da dissipare. Non lo può il vino denso e amabile, non ci riescono le danze sfrenate, vorticose, un tumulto burrascoso, primordiale, animale, di corpi e essenze e anime collimanti.

Hanno perso.

Antonio geme e si rivolta, il suo corpo un tempio in cui Cleopatra ha amministrato il più religioso e antico dei culti a memoria d'uomo. Lo saprebbe ricostruire a occhi chiusi, quel labirintico intrico di cicatrici, una raccolta di storie guerresche e orgoglio virile. Batte ancora, nel respiro incarcerato dalle costole, nello spettro di un combattente ritirato che s'asserraglia negli effluvi e nel rancore malinconico, la fierezza indomita d'un tempo? Colui che stupì Cesare, colui che... che...

Oh, i ricordi difendono solo i disperati. Sono piombati così a fondo?

Cleopatra si volta, il cuore sanguinante. Ama quel soldato a riposo, i figli che le ha dato. La sua sfrontata audacia nello scompaginare il mondo per lei. Discepolo di Eros dalle saettanti frecce. Ha tradito, ha abbandonato, ha infranto. Per lei. Un uomo. E ha mosso guerra e perso e Ottaviano non busserà gentilmente alle loro porte.

La notte infinita li ammanterà in un sudario d'oblio e morte.

Un giorno però, il giorno in cui quel ragazzino altezzoso penetrerà nelle loro città , scaverà un varco attraverso le loro mura, sciami di soldati avidi saccheggeranno i tesori dei favolosi Tolomei.

Un giorno.

La coppa della vita è ancora mezza piena. Ne berranno, ubriacandosi, succhiandone fino all'ultima, preziosissima goccia. S'ingozzeranno della vita, di loro stessi, di un amore ardente, il sole squagliante le loro ambiziose ali di cera. Del rischio, dell'osare. Hanno giocato e scommesso male. Cosa cambia? L'ebrezza schizza nel sangue.

In quell'istante sospeso e rapito nel tempo. Esisteranno lì, in quel confine tra mito e realtà. La loro storia un'esortazione più che monito.

Cogli, cogli, cogli e non pentirtene.

Non si pente Cleopatra, molti giorni e affanni dopo, quando l'aspide s'insinua sensuale, paradosso di bellezza funerea, nelle pieghe alabastrine del suo corpo in tensione, azzannando.

Schiude il portale della Storia, pensa, arrendendosi solo alla morte e non al ragazzino imperversante in Alessandria. Un'essere così minuscolo...

Meme dall'antica Roma con furoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora