Capitolo 12

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Lungo le coste rocciose di Dressrosa, un lungo pontile di legno traballante collegava la terra ferma a una serie di navi pirata attraccate alla bell'e meglio. Il gruppo di Luffy riuscì a raggiungere la nave ammiraglia della Grande Flotta Yonta Maria, un'immensa imbarcazione, molto più grande della Sunny, con la polena agghindata dal busto di una donna gladiatrice. Tutte le navi riuscirono a salpare via da Dressrosa, sfuggendo all'attacco dei Marines, e, in modo particolare, da quello di Issho.

Finalmente tutti poterono riposarsi sulla nave e, nonostante Bartolomeo e gli altri pirati avessero occhi solo per la ciurma di Luffy, Mei venne trattata comunque con rispetto e cortesia, rivelandosi un gruppo di pirati tanto casinisti quanto simpatici.

I festeggiamenti per la sconfitta della famiglia Donquixote presero ben presto sempre più piede, trasformando quella nave in un vero e proprio banchetto spensierato. Se da una parte c'erano Bartolomeo e gli altri capitani a chiedere a Luffy di sigillare un'alleanza con un brindisi, dall'altra c'erano altrettanti pirati intenti ad urlare e bere fiumi di alcol, finalmente con il cuore e la mente più leggeri.

Mei era andata a ripararsi dal vento notturno sulla poppa della nave, le mani contro il petto per tenere l'haori nero, creatole da Kin'emon per tenerla al caldo, chiuso, mentre i lunghi capelli violetto scuro oscillavano, liberi dai vincoli degli elastici, cullati dal vento. Sulla nave era scesa una insolita tranquillità e l'unica cosa che lei riusciva a sentire era il soffiare del vento e, di tanto in tanto, qualche schiamazzo proveniente dalla sua nave e da quelle che la ricordavano. Il mare era una distesa nera illuminata solo dalla luna nella fase calante e, qua e là, fioche luci delle lampade ad olio costellavano il mare facendolo assomigliare ad un cielo stellato.

Si portò una mano allo stomaco brontolante, constatando solo in quel momento che aveva mangiato poco e nulla. Era sempre stata così lei, l'agitazione le faceva passare la fame e periodi troppo stressanti non aiutavano di certo. Le ossa le dolevano e la stanchezza le stava quasi facendo chiudere gli occhi. Eppure, quella sera non aveva toccato quasi niente da mangiare.

Si accasciò con la schiena verso il parapetto in legno e si lasciò cullare dal vento fresco della notte per qualche istante.

"Stai cercando di morire di fame?" chiese Law, sbucando come un'ombra dalla poppa quasi priva di luci e sorridendo divertito subito dopo aver visto sobbalzare Mei per lo spavento. "Mi aspettavo che saresti schizzata via di nuovo per la paura..." si prese gioco di lei, sedendosi poi accanto alla donna. Appoggiò poi un piccolo tovagliolo di stoffa tra loro due, rivelando un paio di onigiri dalla classica forma triangolare.

La donna alzò gli occhi al cielo: "Ci sto lavorando su quella cosa," precisò lei, "e, no, non voglio morire di fame, ma le situazioni stressanti mi fanno passare la fame."

Law aprì con un gesto secco il fazzoletto, poi prese un onigiri e lo addentò con nonchalance: "Non ti riprenderai più se non mangi."

"Oh, mi hai portato qualcosa da mangiare?" chiese Mei voltandosi a fissare l'uomo con stupore.

Law ghignò divertito, poi disse: "No, semplicemente penso che avanzerò il secondo, non mi interessa che fine farà."

Mei ridacchiò, socchiuse gli occhi in uno sguardo sornione: "Sarebbe uno spreco lasciarlo qui," disse lei allungando furtivamente una mano sull'onigiri per poi portarselo alla bocca. "Comunque, non ti preoccupare, non dirò niente di quello che vi siete detti tu e Sengoku. Ho capito che è una cosa molto importante, non ne farò mai parola con nessuno."

Law si voltò a fissare Mei inespressivo, poi sospirò silenzioso. "Grazie," disse con il suo solito timbro di voce troppo basso. "Tu, piuttosto, sembri sempre più preoccupata ad ogni isola che si avvicina a Wano," disse poi ritornando su un argomento che era iniziato a Punk Hazard.

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