Capitolo 28

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Il buio era l'unica cosa che circondava Mei. Rumori di passi rimbombavano in lontananza e le voci provenienti da essi risultavano ovattate e incomprensibili. Riusciva a sentire gli odori, talvolta le voci, ma soprattutto riusciva a sentire il ritmico e robotico suono dello strumento che misurava i suoi battiti cardiaci. Di tanto in tanto il suo cuore sussultava e il macchinario reagiva di conseguenza incrementando i bip. La sua mente era attiva, forse un po' annebbiata e lenta nell'elaborare le informazioni proveniente dall'ambiente intorno a lei. Si sentiva sola, aveva paura, tremendamente paura. Cosa le era successo? Perché riusciva a pensare ma non a muovere il suo corpo? Era come bloccata in un limbo oscuro, la vita le scorreva intorno come un torrente, ma lei era immobile come una pietra. Si sentiva pesante e, nuovamente, tremendamente sola.

Ogni tanto sentiva il suono di uno shamisen provenire dalla sua destra. Oh, quel suono così delicato e acuto allo stesso tempo. Avrebbe potuto riconoscere il tocco rapido ma delicato di Naoko ovunque. Lei sapeva suonare lo shamisen in un modo che nessun altro sapeva fare. E poi il suo profumo, un flebile odore di violetta che arrivava alle sue narici ogni volta che il kimono della donna si spostava per pizzicare le corde dello strumento. Naoko veniva spesso da lei, silenziosa come un gatto, ancor prima di suonare i suoi passi svelti e il fruscio delle vesti pregiate del kimono avvisavano Mei del suo arrivo. Poi la sua voce, flebile e calda, la salutavano e le auguravano di svegliarsi dal suo sonno profondo, infine la musica del suo shamisen riempiva la stanza dell'ospedale rendendo il buio che aveva dentro più colorato.

Ogni volta che la donna se ne andava, la musica immancabilmente cessava e la solitudine nella mente di Mei si faceva sempre più spazio fino a farla sprofondare dell'oblio. I minuti diventavano ore, le ore in giorni e i giorni in mesi. Il suo corpo era caldo, ma completamente immobile.

Di nuovo il suono dello shamisen, questa volta più forte, più intenso. Erano passate settimane, forse mesi, da quando lo aveva sentito l'ultima volta. Era un suono strano però, quasi surreale, diverso, come se non appartenesse alla realtà di cui Mei era abituata, di cui Mei ricordava.

"Naoko?" sussurrò Mei ancora distesa nel letto. L'oscurità nella sua testa iniziò a diradarsi, piccoli puntini colorati comparvero nella sua mente, fino a delineare il volto di Naoko chino su di lei.

Ma quello non era il volto della donna che ricordava, quello era il volto della Naoko che aveva visto ad Hendo. Gli occhi vitrei, la pelle spenta e troppo magra, il sangue che le colava dal viso fino a raggiungere il petto trafitto dalla manticora. La mano pallida della donna le sfiorò una guancia, poi gli occhi si chiusero e la sua testa cadde contro il corpo di Mei.


Mei aprì istintivamente gli occhi e si trovò a fissare il soffitto metallico del sottomarino. Il volto di Naoko sembrava ancora stampato nella sua mente, talmente tanto da rivederlo impresso nel muro asettico e metallico sopra il suo letto. Voleva urlare con tutte le forze che aveva, ma l'unica cosa che riusciva a fare in quel momento era fissare il soffitto. Il cuore le stava per scoppiare nel petto e tutto il suo corpo sembrava come immobilizzato, tenuto fermo da qualcosa, completamente privo di forza muscolare per muoversi. Aprì nuovamente la bocca, ma riuscì a portarsi prontamente una mano alla bocca per soffocare un urlo che avrebbe fatto svegliare tutto il sottomarino. Sentiva ancora i muscoli intorpiditi, ma il cuore tamburellava nel suo petto come impazzito. Il suo corpo era stato come paralizzato per pochissimi istanti, ma per Mei sembrò essere durato un'eternità.

Cosa diavolo le era appena successo? Stava forse sviluppando una qualche strana malattia? Non le era mai capitato di svegliarsi senza avere il controllo del suo corpo. Era stato tutto così tremendamente orribile, il corpo bloccato in una morsa invisibile ma con la mente perfettamente sveglia.

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