Capitolo 30

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Le urla provenienti dalla stanza del capitano avevano allarmato tutto l'equipaggio in una maniera piuttosto insolita. Il sottomarino aveva da poco eseguito le manovre di immersione, dato che da lì a poco sarebbero entrati nel territorio di Wano, e perciò ogni più piccolo suono era stato amplificato ancora di più dentro alla nave, attirando lo sguardo divertito e dubbioso di tutti.

La sedia su cui era stata legata grossolanamente Mei finì per terra con un violento colpo, mentre la massa di vento informe ribaltò la stanza di Law generando letteralmente una tempesta nella piccola e angusta camera del dottore.

"Ti ho detto di non smaterializzarti nel sottomarino quando siamo sott'acqua," tuonò lui mentre una vena iniziò a pulsargli sulla fronte sfuggendo al suo solito autocontrollo.

"E tu dovresti aver capito che non puoi toccarmi senza haki," ribatté lei materializzandosi in piedi sul letto dell'uomo. Si voltò a guardare la stanza, i fogli sulla scrivania, come il materiale per la scrittura, i libri e altri oggetti vari, giacevano disordinati sul pavimento.

Law non se lo fece ripetere due volte, scattò in avanti, appoggiò rapidamente il piatto di riso e curry sulla scrivania, poi tirò giù a forza il corpo di Mei dal letto, fino a sedersi letteralmente a cavalcioni sul suo stomaco, con il volto rivolto verso le gambe di lei a penzoloni sul bordo del letto. Prese una piccola piuma, poi afferrò con decisione una delle caviglie di lei e iniziò nuovamente a farle il solletico sotto ai piedi.

"Sei davvero... AHHH! Un brutta AHAH persona AHHAHAH, Trafalgar Law," urlò lei, iniziando a ridere per il solletico, dimenando i piedi come una forsennata per cercare di sfuggire al solletico che la stavano facendo disperare come non mai.

Lui non voleva davvero ficcarle il cibo in bocca a forza. O meglio, la sua pazienza in quel determinato momento stava vacillando talmente tanto che presto o tardi l'idea di costringerla con quel tipo di forza sarebbe stata la sua prima opzione. Era davvero difficile gestire una donna così testarda come Mei, ma alcune volte lui sapeva esserlo ancora di più. Sapeva che l'ostinazione per il cibo di lei era qualcosa nato involontariamente, di conseguenza ricorrere a delle maniere troppo violente non era sicuramente la scelta migliore. Ma, santo Dio, quanto lo stava tirando scemo.

Eppure, nonostante quell'atteggiamento un po' bambinesco, un piccolo sorriso divertito era spuntato a lato della sua bocca, mentre con nonchalance, sfruttando la sua superiore forza fisica e l'haki che solo lui sapeva usare, torturava i piedi di lei nella speranza di prendere il dominio su quella situazione. Era scocciato e davvero poco abituato ad avere a che fare con membri del suo equipaggio che disobbedivano con una velocità come la sua, eppure era allo stesso tempo era quasi divertito.

"Puoi supplicarmi di smetterla, oppure puoi iniziare a mangiare," iniziò a dire lui, appoggiando la testa su una mano, mentre con l'altra molestava senza sosta i suoi piedi, "in entrambi i casi avrò ottenuto qualcosa," concluse con semplicità, sottolineando che le alternative di Mei erano talmente poche che, in entrambi i casi, lei avrebbe perso.

Mei iniziò a battere i pugni contro la schiena di Law, ma l'uomo non voleva mostrare segni di cedimento. Il suo corpo provato dalla fame e dall'allenamento ben presto iniziò a rispondere sempre più lentamente ai suoi comandi, finché la donna non si gettò con le braccia distese sul letto di Law con il fiato corto.

Lo stomaco le doleva per le risate e sicuramente il peso dell'uomo sopra di esso non aveva aiutato, anche se era palese che lui non avesse completamente messo il cento per cento del suo peso su di lei, rischiando di farle ovviamente male.

"E VA BENE," si arrese lei sospirando rumorosamente, "passami quel piatto, dai."

Law si alzò con tranquillità, un piccolo ghigno soddisfatto gli illuminava l'angolo della bocca. Aveva ottenuto quello che voleva. Prese il piatto ancora caldo, glielo porse con gentilezza, poi si sedette accanto a lei. Mei iniziò a mangiare con foga e, benché non avesse lo stimolo della fame, si costrinse a mangiare tutto. A lei piacevano i piatti di Uni e lui era sempre stato molto gentile nel chiederle cosa amava mangiare e cosa no. Non che ci fosse molta scelta su cosa mangiare, ma per lo meno lui cercava di andare in contro alle esigenze di tutti i membri della ciurma. Lei non voleva in nessun modo offenderlo, né tanto meno offendere il suo capitano, ma i sensi di colpa iniziarono a piombarle addosso solo dopo aver realizzato che le sue azioni erano state più sconsiderate del previsto.

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