Febbre - [One-shot]

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Luogo: tra Punk Hazard e Dressrosa




La Sunny era attraccata ad un piccolo porto di un'isola tanto piccola quanto graziosa. Avevano da poco lasciato Punk Hazard ma l'equipaggio di Luffy aveva avuto bisogno di fare rifornimenti e per quel motivo avevano deciso di fermarsi per qualche ora nella speranza di trovare qualcosa. La loro era stata una pausa veloce, anche perché sarebbero dovuti ripartire velocemente per andare a Dressorsa.

Era già da qualche giorno che Mei aveva sopravvalutato l'insolazione che aveva preso sulla nave durante gli allenamenti, mostrandosi pienamente in forma agli occhi di chi avrebbe notato subito un suo eventuale malessere. E infatti era riuscita bene, se solo Trafalgar Law non avesse capito già da giorni che la sua salute stava peggiorando.

La geisha di Wano sapeva bene che, se solo si fosse mostrata indisposta, Kin'emon avrebbe avuto un'altra scusa per farla rimanere sulla nave. Mei era testarda e, sebbene non fosse all'altezza di buttarsi in certe avventure, lei sarebbe andata a Dressrosa. Il punto era andarci con quella dannatissima febbre che le era salita e che, probabilmente, avrebbe portato persino i Mugiwara a preoccuparsi così tanto per lei da farla rimanere sulla nave.

Era stata ovviamente colpa sua, nuovamente. Chopper e Law le avevano detto di non allenarsi per qualche giorno, ma lei, più testarda di un muro, appena il suo corpo le aveva dato dei segnali positivi, si era buttata a capofitto ad allenarsi. Ma, evidentemente, aveva sottovalutato troppo il suo fisico, già provato dagli allentamenti e dallo stress per tutte quelle cose nuove. E infatti il suo corpo aveva deciso di mettere la parola pausa manifestando una febbre tutt'altro che leggera e passeggera.

Ma la poca esuberanza di Mei e il suo rifiuto di scendere dalla nave anche solo per fare rifornimenti su una nuova isola, avevano fatto incuriosire il Chirurgo della Morte. L'uomo aveva avuto a che fare con la donna un po' troppe volte, così impaziente, testarda e sconsiderata da averlo stupito sia positivamente che negativamente. Lui aveva deciso di accettare la sua richiesta di allenamento, forse più spinto da una insana curiosità di vedere fin dove sarebbe arrivata. Dopo tutto, lui stava per arrivare a Dressrosa, lui aveva ben altri piani per la testa e, no, tra tutte quelle cose non rientrava Mei. Ma dato che avrebbe dovuto passare del tempo su quella nave con quelle persone così rumorose, allora tanto valeva trovare delle alternative per passare il tempo, oltre alla sua amata lettura ovviamente. E, tutto sommato, benché Mei fosse caotica, era divertente vederla disperarsi ma allo stesso tempo trovare una soluzione ai suoi mille problemi. Era decisamente una donna determinata, e terribilmente cocciuta.

Law passò per la cucina, scontrandosi con il corpo di Mei un po' troppo ciondolante. L'uomo rimase a fissarla con un sopracciglio alzato, mentre lei si limitò a scuotere la testa e a borbottare: "Scusami, non volevo venirti addosso."

"Murasaki-ya," la chiamò lui con tono fermo.

Il suo sguardo argentato rimase a fissare l'esile figura di lei, quest'ultima che gli dava le spalle quasi con una certa impertinenza. Sentì la donna sospirare, finché non disse: "Uhm? Cosa c'è?"

"Non mi sembri una donna così stupida da ignorare certi sintomi," la freddò lui con i suoi soliti modi di fare diretti e concisi.

Lei sospirò di nuovo, ma questa volta in maniera più stanca. "È solo un po' di stanchezza, io sto benissimo."

"Vale la pena rischiare la vita per due giorni di allenamento? Pensi che due giorni ti renderanno più forte?" chiese lui con una punta di ironia nella voce.

Mei si voltò a guardare Law, gli occhi leggermente socchiusi e tutti i capelli appiccicati sulla fronte a causa della febbre. No, stava decisamente peggiorando la sua situazione.

"Cosa ne vuoi sapere tu del bisogno che ho di diventare più forte in così poco tempo," sussurrò lei abbassando lo sguardo verso il pavimento.

Law rimase a studiarla per diversi secondi. A prescindere dalla risposta lui era un dottore, non l'avrebbe di certo lasciata in quello stato. Ma il suo sguardo, quel dannatissimo sguardo così spento e triste, completamente diverso da come l'aveva conosciuta. Lui aveva deciso di aiutarla nei suoi allenamenti per divertimento, così come l'avrebbe aiutata perché lui era un dottore. Eppure, c'era un "ma" che aleggiava intorno alla sua corazza perfettamente intatta ed eretta proprio per evitare di farsi coinvolgere in qualsiasi altra cosa prima di Dressorsa. E lui di quel "ma" aveva davvero paura. Non aveva tempo per altre noie, lui doveva andare a mettere in atto la vendetta progettata per 12 anni, per vendicare il suo benefattore. Aveva tenuto la sua ciurma lontano proprio per quel motivo, per non farsi coinvolgere emotivamente, per proteggerli da quello che sarebbe accaduto. Lui aveva bisogno di essere distaccato da qualsiasi cosa per mettere in atto quel piano.

L'uomo sospirò appena, portò una mano sulla fronte di Mei e constatò con ovvietà che la sua temperatura corporea era davvero troppo alta. "Vai nell'infermeria," ordinò lui, "se al mio ritorno non sarai andata, ti porterò con le cattive e, no, non ci sarà nessuno a sentire le tue grida di aiuto."

Mei lo guardò un po' titubante, poi si voltò per andare senza altre obiezioni nell'infermeria. Dopo tutto Law sapeva bene che erano rimasti solo loro due sulla nave.

Quando Law aprì la stanza dell'infermeria, fu piacevolmente sorpreso di vederla stesa sul letto con un braccio sugli occhi. Era forse la prima volta che obbediva ad un suo ordine senza fare troppe storie, ma probabilmente perché aveva capito persino lei che la situazione era critica. Il dottore appoggiò una tanica di acqua con dentro del ghiaccio sul comodino, immerse un panno e poi spostò con delicatezza il braccio di lei, per appoggiare il banno freddo sulla sua testa. Prese poi la coperta che aveva raccattato nel salotto e gliela mise sopra per tenerla al caldo.

"Odio dover fare le cose per nulla," disse lui con voce roca, "vedi di startene tranquilla fino a Dressrosa o ti ritornerà la febbre."

"Grazie per prenderti cura di me," sussurrò lei.

"Sono un dottore, te l'ho già detto," soffiò lui sedendosi sulla sedia e incrociando le braccia al petto.

Cosa poteva aver mai spinto una ragazzina del genere a ostinarsi così tanto per diventare più forte? Sembrava così aggrappata alla vita come se non avesse mai avuta una. Non aveva idea del suo passato, ma esattamente come lui stava cercando di combattere una battaglia personale e, per questo, la rispettava. 



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Ho visto ora che questa storia ha superato i 100 voti. Grazie davvero buddies!


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