L'ABBRACCIO DI UN PADRE

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Vendetta voleva, e vendetta aveva ottenuto. Le mura di Tebe giacevano ormai in rovina, il fragore delle battaglie svanito, sostituito solo dallo straziante silenzio del dopo guerra. Nico e Anax, guidati dalla sete di giustizia, avevano incanalato il loro furore contro i Rinnegati, decimando le loro forze con una ferocia implacabile. La città una volta gloriosa, ora era solo un ricordo di ciò che era stato. Ma nel cuore del Castello Nero, dove l'ombra delle vittorie oscurava anche il trono di Percy Jackson, una tempesta emotiva infuriava. Il Principe degli Abissi, la cui fama di eroe e salvatore dell'Olimpo si era tramutata in una leggenda di vendetta e potere, si trovava a dover affrontare il peso delle sue stesse azioni. Il suono di ogni passo nella sala del trono echeggiava nel vuoto, ma Percy sentiva il tumulto interiore più forte di qualsiasi tuono.

Eccolo lì, in tutto il suo splendore, il temibile Principe degli Abissi. Nonostante non avesse nemmeno trent'anni aveva visto già abbastanza sofferenze e crudeltà per dieci vite. Eppure, proprio lui, l'eroe per antonomasia, il salvatore dell'Olimpo, l'eroe migliore di tutti, il più potente semidio mai vissuto, era diventato ciò che aveva giurato di combattere, e ora combatteva le persone per cui un tempo avrebbe dato la vita, d'altronde chi c'è di più pericoloso di un eroe? Perché la storia aveva insegnato una cosa agli uomini, sia ai mortali che ai semidei, che da un grande potere derivano grandi responsabilità. E non era un caso che ogni leggenda, ogni racconto e storia di un qualunque potente semidio della storia culminasse in tragedia. Probabilmente era intrinseco nella loro natura, esser capaci di salvare il mondo e di distruggerlo, oppure il potere era troppo, e dei ragazzini come loro non potevano gestirlo. Ma Percy era stato considerato sempre l'eccezione a questa infame tradizione. Lui era buono, troppo buono, metteva sempre gli altri al primo posto, e soprattutto era leale. In fin dei conti Atena non aveva avuto torto, alla fine il grande difetto letale di Percy aveva portato il mondo ad un passo dal baratro, sebbene non per i motivi che aveva ipotizzato lei. Ma anche Percy, anche il migliore di tutti, era caduto preda della rabbia e dell'odio, aggiungendo a pieno titolo anche il suo nome nella lunga lista degli eroi tragici.

Era seduto scomposto sul proprio trono, con la propria corona sfarzosa a cingerli il capo. Sorseggiava un bicchiere di rum, e fissava il vuoto con sguardo assente, la corona, una volta simbolo di nobiltà, pesava ora come un macigno sul suo capo. Era da tutto il giorno che sentiva un vuoto dentro, un peso nel petto. Non riusciva a pensare lucidamente, sentiva le viscere contorcersi. Era veramente frustrato. Sbuffò sonoramente e si passò la mano libera nei capelli corvini, disordinati come al solito. <<Dentro di te lo sai, vero figliolo?>> una voce profonda ma gentile riecheggiò nell'immensa sala. Percy sorrise affranto e alzò lo sguardo per vedere chi era davanti a lui, ma tanto lo aveva già riconosciuto<<Padre, benvenuto>> lo accolse evitando la sua domanda<<Qual buon vento ti porta qui?>> chiese allargando platealmente le braccia allargando platealmente le braccia in un gesto teatrale che aveva imparato a padroneggiare nel corso degli anni. Poseidone si accarezzò la barba e si avvicinò al figlio prediletto<<Volevo solo assicurarmi che la persona che amo di più in questo mondo non si autodistrugga dall'interno, andando contro la propria natura>> gli disse andando dritto al punto e lo guardò negli occhi, quegli occhi tanto simili ai suoi, eppure allo stesso tempo completamente diversi, ormai. Il grande e potente Principe, per la prima volta dopo anni, abbassò il proprio sguardo, incapace di reggere quello del padre. Quando lo rialzò, i suoi occhi verdi erano diventati di un blu elettrico e intenso<<Cosa vorresti dirmi? Vuoi che io ritorni fragile come un tempo? Guardami padre, sono un dio ora, questa è la mia vera natura>> rispose con tono di sfida. I suoi occhi, una volta verdi, adesso brillavano di un blu elettrico e intenso, segno della sua trasformazione divina. Era vero, si sentiva potente, invincibile, una macchina perfetta. Come il più saggio dei padri Poseidone non rimproverò il figlio per il tono usato, si limitò a scuotere la testa<<No Percy, ho sempre saputo che eri destinato alla grandezza, e sebbene per gli altri dèi tu ora sia un angelo caduto, io so che tu sarai la nostra luce. La rabbia, Percy, la paura, la frustrazione; sono emozioni importanti, sono il carburante che ti fa superare i momenti più duri>> continuò Poseidone ponendo una mano sulla spalla del figlio<<Anche la sete di vendetta, il desiderio di potere, ti hanno salvato la vita. Probabilmente nessuno immaginava che tu e Nico sareste arrivati a diventare ciò che siete, ma tu non sei un mostro Percy, hai dei sentimenti; anche violenti, sbagliati, cattivi, ma li hai. E dentro di te, hai ancora spazio per l'amore e la compassione, per la felicità, per la giustizia. Anche Nico lo ha capito, non si può vivere di sola vendetta, riprendi il controllo delle tue emozioni.>> fece una pausa guardando il proprio figlio, che adesso teneva lo sguardo basso, ma, nonostante ciò, Poseidone riuscì a scorgere le lacrime rigarli le guance. Gli mise una mano sulla spalla<<Percy, tutto quello che hai fatto finora è giusto, e qualsiasi cosa farai per vincere questa guerra sarà giusta, e sarà giusto che tu abbia la tua vendetta. Ma non opprimere la tua vera natura, gli eventi hanno rivelato che sei uno spietato conquistatore, un grande guerriero, un leader nato, ma sei anche un buon amico, un compagno leale, una persona capace di amare...>> concluse sospirando. Toccò volontariamente un tasto dolente, sperando che il figlio potesse finalmente aprirsi, e così fu <<Amare...A COSA MI HA PORTATO L'AMORE!!!>> tuonò Percy rabbioso. I suoi occhi erano ormai completamente blu, i suoi denti si fecero acuminati e i muscoli si irrobustirono, perfino il Dio del Mare indietreggiò leggermente, stupito dalla trasformazione del figlio <<Pensi che la notte sia facile addormentarsi? Eh! Pensi che io non rimugini ogni giorno sulle vite che ho spezzato, sul dolore che ho causato!!! Pensi che non odi me stesso? Pensi che non mi venga mai l'impulso di uccidermi e liberare il mondo dalla mia presenza? Ogni notte, li rivedo tutti padre: tutti i volti dei semidei che ho ucciso, tutti quelli che tormentato, umiliato, li vedo ad aspettarmi, lì, sull'altra sponda dello Stige, in attesa del mio arrivo, in attesa della loro vendetta>> urlò violento, e la sua aura di potere si espanse a dismisura raggiungendo lo stesso Poseidone<<Io, padre, il grande Percy Jackson, il più grande eroe che abbia mai camminato su questa terra, più forte di Eracle e più potente di Achille; pensi davvero che riesca ancora a guardarmi allo specchio? Io odio ciò che sono diventato...MA ODIO DI PIU CHI MI HA FATTO DIVENTARE COSÌ!!!>> tuonò rabbioso, e immediatamente una violenta tempesta si abbatté sul castello, mentre le scosse di un violento terremoto facevano tremare la terra <<Se sono ancora qui, in piedi, è solo grazie all'odio, alla sete di vendetta. Ho fatto un patto con il diavolo, padre, pur di poter sterminare chi mi ha tradito...ma per fare questo, ho rinnegato me stesso>> si placò, e il suo fisico tornò normale, solo un leggero scintillio negli occhi<<Ero innamorato perso, io penso che da innamorato ho perso>> sospirò piangendo silenziosamente e lasciandosi andare come non faceva più da anni<<E non voglio perdere mai più...>> concluse chinando nuovamente il capo. Le scosse cessarono lentamente e anche la tempesta all'esterno rallentò. Poseidone restò qualche secondo ammutolito, Percy combatteva una guerra dentro di sé, e per quanto avrebbe voluto, lui non poteva aiutarlo, non stavolta. Si avvicinò al figlio, e senza sprecare ulteriori parole, lo abbracciò forte. Percy fu sorpreso, ma ricambio l'abbraccio, e nascosto tra le braccia del padre, fece uscire silenziose lacrime. <<Non posso guarire il tuo cuore, né riappacificare la tua anima, posso solo dirti che sarò sempre al tuo fianco figliolo>> disse amorevole Poseidone, consapevole che questa fosse l'unica cosa che potesse fare per il figlio. Percy si staccò dall'abbraccio, e guardò il padre negli occhi; forse aveva ragione lui, forse dietro la maschera dello spietato principe poteva ancora esistere Percy. La stanza era calma adesso, la tempesta si era placata, e Poseidone osservò suo figlio con occhi compassionevoli. Percy si asciugò il viso con il dorso della mano e cercò di ritrovare un minimo di compostezza. <<Grazie, padre>> disse con voce graffiante, ma con un sorriso debole sul viso. Poseidone gli poggio una mano sulla spalla e annuì, senza bisogno di ulteriori parole. Entrambi sapevano che la strada di Percy era ancora lunga, e la battaglia dentro di lui doveva ancora essere combattuta.

Il Principe degli Abissi prese una profonda boccata d'aria e si alzò dal trono. Poseidone lo seguì con lo sguardo mentre si avvicinava alla grande finestra che si affacciava sul regno sottomarino. Percy rimase a guardare il panorama, il cuore ancora pesante ma con una nuova consapevolezza. Il suo sguardo si perse nell'abisso blu, riflettendo sulla sua vita, sulle scelte fatte e su quelle ancora da compiere. <<Devi trovare un equilibrio, Percy>> disse Poseidone rompendo il silenzio. <<L'amore e la vendetta possono coesistere, se impari a gestirli. Non fuggire da chi sei, ma trasforma la tua forza interiore in un'arma contro il male.>> Percy annuì lentamente, assorbendo le parole del padre. Forse c'era ancora speranza per lui, forse poteva trovare un modo per redimere sé stesso e per usare il potere che aveva acquisito per proteggere anziché distruggere. La notte avanzava, e Poseidone si diresse verso l'uscita della sala del trono. Percy lo seguì, sentendosi meno solo di prima. Aveva ancora molte sfide davanti a sé, ma ora sapeva di non affrontarle da solo. <<Ricorda, Percy, sei il mio orgoglio e la mia speranza>> disse Poseidone prima di lasciare la stanza. Percy lo guardò allontanarsi, il cuore ancora ferito ma con una fiamma di determinazione che ardeva dentro di lui. Il Principe degli Abissi si voltò e guardò fuori dalla finestra. La notte era oscura, ma c'erano stelle che illuminavano il cielo. Forse c'era ancora un bagliore di luce nel buio, anche per lui. Con un respiro profondo, Percy si preparò per la battaglia imminente, consapevole che la sua guerra interiore sarebbe stata il campo di prova più difficile.

𝐁𝐥𝐨𝐨𝐝 𝐚𝐧𝐝 𝐏𝐨𝐰𝐞𝐫 - 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐲 𝐉𝐚𝐜𝐤𝐬𝐨𝐧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora