Capitolo 28: Il silenzio degli innocenti

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Tyler

«E se davvero gli occhi di lei, gli occhi del suo volto, fossero stelle?
Tanto splendore farebbe scomparire le altre stelle come la luce del giorno fa scomparire la luce di una lampada:
in cielo i suoi occhi brillerebbero tanto che gli uccelli si metterebbero a cantare credendo che non fosse più notte»
Romeo e Giulietta, W. Shakespeare

Sarà stata almeno mezz'ora che fissavo Mercoledì dormire.
Era ancora più bella mentre lo faceva, un'espressione più rilassata del solito la rendeva quasi una bambola di porcellana.
Le spostai una ciocca di frangia dagli occhi sorridendo.
Da quando era stata rapita non avevo intenzione di perdere un attimo di più insieme a lei.
Quando pensavo che fosse morta, in quei momenti, in quei due giorni, avevo pensato molte volte a che cosa ne sarebbe stato di me se lei non fosse più stata al mio fianco.

Sembravo un idiota, fermo con un sorriso da ebete stampato in volto ad osservare la propria fidanzata dormire.
Avevo paura di tutto in quel momento, sentivo il bisogno di proteggerla sempre perché avevo il terrore che qualcuno me la portasse via.
Di nuovo.
Ogni notte mi svegliavo per assicurarmi che respirasse, e forse iniziavo ad essere assillante nei suoi confronti.
Ma ogni volta che la guardavo ripensavo a quello che avevo provato in quei due giorni, con la costante paura che le fosse successo qualcosa.

Per non parlare di quei giorni in ospedale, erano stati un inferno.
All'inizio non potevo neanche entrare nella sua camera, era attaccata a mille tubicini ed era capitato che la avessero dovuto rianimare.
Quando ci dissero che avrebbero dovuto operarla al cervello avevo dato di matto, avevo paura insomma, era un intervento importante.

Ma era necessario.
I rischi erano alti, ma senza l'intervento sarebbe morta.
Quando uscì dalla sala operatoria dopo dieci ore, in cui io ero stato ad aspettare su quella maledettissima sedia della sala d'attesa, versai tutte le mie lacrime.
Era viva.
Con il tempo la sua situazione era migliorata e finalmente dopo 72 ore, 72 fottute ore mi concessero di vederla per cinque minuti.

Avevo fatto i salti mortali per ottenere quei miseri cinque minuti, ma meli farei fatti bastare.
Era ancora in coma, non sembrava neanche lei.
La testa era coperta da una fasciatura bianca e il viso incerottato per varie ferite superficiali che aveva riscosso per colpa di Mark.
Se lo avessi visto lo avrei ammazzato, non me ne fregava niente della prigione.
La sua carnagione era bianca, ma non la sua solita pelle candida, questa era pallida come quella di un cadavere.
Ciononostante ignorai la sua situazione esteriore e le accarezzai il viso con il dorso della mano.
«Ciao Fufi. Forse non mi sentirai, però volevo dirti che ci ho provato, ho provato a proteggerti da Satana. L'ultima cosa che avrei voluto era vederti ridotta così. Ma tu sei così testarda, che anche se ti avessi detto di stargli alla larga non mi avresti ascoltato».

Le sorrisi.
«Tu sei sempre stata la più forte fra i due, non mi hai abbandonato neanche quando sono arrivato a farti del male, quindi per favore sii forte anche adesso» continuavo a fissarla, sperando che all'improvviso aprisse gli occhi.
«Non mollare, non adesso. Mi dispiace tanto di non essere stato alla tua altezza» le presi la mano.
«Però adesso resisti okay?» sussurrai con gli occhi lucidi.
Non sapevo se fosse in grado di sentirmi, ma ci sperai.
«Non posso vivere senza di te. Svegliati Fufi, per favore» due lacrime mi rigarono le guance.
«Hai capito?» mi asciugai il viso con la manica della felpa, «Sappi che io ti amo, okay? Resisti ti prego, non mollare adesso. Ci abbiamo messo tanto tempo a metterci insieme quindi per favore, non lasciarmi adesso» continuavo a fissare il suo bel viso e i suoi occhi chiusi.

Le sorrisi un'ultima volta.
«Adesso devo andare, ricorda che ti amo e non mollare» mi chiusi la porta alle spalle.
Non avevo neanche più lacrime da versare.
Ogni volta mi veniva in mente il ricordo di quando le chiedevo se mi sentiva e la rianimavo come ero capace di fare.
Mi ricordavo Luke chiamare una ambulanza e che il tempo che ci impiegarono ad arrivare mi sembrò un'eternità.
Perché non aveva rapito me? Lei cosa c'entrava? Lei non aveva fatto niente, era innocente.
Era colpa mia se era ridotta in quel modo. Aveva voluto a tutti i costi aiutarmi con la storia del processo, non avrei dovuto rivelare il mio passato, quello di Maddy e tutti gli altri. Dovevo aspettarmi che avrebbe voluto aiutarmi.
Era colpa mia, non dovevo dirle niente.

Erano venuti tutti a trovarla, ma io ero l'unico che passava giornate intere a guardarla dormire anche attraverso un vetro.
Avevo perso il conto di quante volte mi avessero detto di andare a casa, ma io avevo sempre rifiutato.
Era colpa mia.
Avrei dovuto esserci io in quel letto d'ospedale.
Lei mi era sempre stata accanto, e io non avevo fatto altro che ferirla ancora e ancora.

Quando si stabilizzò iniziarono a permettere di farle visita.
Io fui il secondo ad andare, dopo la sua famiglia.
Ci passavo le ore a parlarle, di cose anche stupide, sperando che mi potesse sentire.
Ne dubitavo, ma d'altronde ad un certo punto dubitavo anche del fatto che potesse svegliarsi.

«Da quanto mi fissi?» ritornai alla realtà quando Mercoledì mi porse quella domanda, stropicciandosi gli occhi in un modo che trovai adorabile.
«Non importa» mi guardò confusa, ma poi richiuse gli occhi, tornando a dormire.
Era vero che parlava nel sonno, e la cosa mi divertiva.
Era strano vedere una Mercoledì Addams diversa dalla sua versione gotica.
Scossi la testa e lei mi abbracciò.
Sorrisi e ispirai il suo buon profumo. Una cosa che facevo spesso, mi sembrava di viverla completamente in quel modo.

Posai la testa sopra la sua sospirando.
Per quanto mi sforzassi non riuscivo più a dormire.
Avrei voluto alzarmi e fare qualcosa per distrarmi, ma punto uno non volevo lasciarla sola. Punto due sarebbe stato impossibile dato il fatto che mi era praticamente appiccicata.
Guardai la sveglia e notai che erano le quattro del mattino.
Roteai gli occhi e le accarezzai i capelli dolcemente.
Mi piaceva quando dormivamo insieme, non intendevo per il sesso, quello era un piccolo dettaglio per come la vedevo io.
Pensavo spesso che avevo avuto un grande privilegio. Mercoledì Addams non era il tipo che si sarebbe fidanzata e anche soltanto innamorata.
E il fatto di essere stato l'eccezione mi faceva sentire al settimo cielo.
Non solo aveva scelto me, ma aveva anche sopportato tutto quello che le avevo fatto, tutte le bugie che la avevo raccontato e tutte la mie crisi, che era riuscita -non so come- a controllare.

La sentii trasalire, probabilmente aveva fatto un incubo.
Le succedeva spesso da quando Mark la aveva rapita.
«Tyler» alzai la testa per guardarla, «Cosa c'è?» chiesi preoccupato dal tono di voce incerto che aveva assunto.
«Ho fatto un incubo» sussurrò con lo sguardo basso.
«Non importa. Non è niente, non è reale» mi fissò con i suoi occhioni scuri, che brillavano anche nella penombra, «Cosa hai sognato?» fece una smorfia di disappunto.
«Mark che mi sparava, e poi quella sprangata in testa che mi ha dato. Alla fine cadevo in un buco nero e nessuno era lì per me, ero sola. Ma non sola in senso buono, in un senso brutto» spiegò stringendo la mia maglietta con le dita.

«Ho capito, beh non sei più in quel posto, Mark non c'è, non sei sola. Ci sono io che ti proteggo, okay?» richiuse gli occhi, «Okay» rispose piano, «Dormi ora» annuì e dopo poco sentii il suo corpo rilassarsi.
Se lo avessi beccato quel bastardo avrei preso la pistola di Luke e gli avrei sparato un colpo in testa.
Anzi no, lo avrei torturato in ogni modo possibile, iniziando con spegnergli la sigaretta sul collo. Poi solo alla fine gli avrei riservato una morte atroce.
Lenta e atroce.
Piena di sofferenze. Volevo che capisse e subisse quello che lui aveva fatto a noi.
Volevo che soffrisse, soffrisse talmente tanto da arrivare e chiedermi pietà e io lo avrei guardato soddisfatto come lui faceva con noi e gli avrei detto un secco e malvagio no.

Era la persona che odiavo di più al mondo, persino Satana era forse migliore di lui.
Aveva fatto di tutto ai suoi figli, ogni cosa orribile che un essere umano avrebbe potuto fare contro un altro essere umano lui lo aveva fatto.
Guardai Mercoledì dormire serena.
Lo avrei voluto morto soltanto per quello che aveva fatto a lei, ma avevo più di quello come movente.
Le violenze domestiche verso mia zia e i miei fratelli, gli abusi verso Maddy e Beth e avrei potuto continuare.
Era peggio del Diavolo.
E di una cosa ero assolutamente certo.
Lo avrei ucciso, cascasse il mondo.


















Spazio autrice:

Ciao a tutti:
Questo era più che altro un piccolo capitolo di passaggio, dove vediamo la parte dolce e sensibile di Mercoledì e Tyler.
Forse la frase finale non è proprio rassicurante, ma dal prossimo capitolo ne vedrete delle belle :)
Detto questo se volete lasciate un commento o una stellina.
Bacioni,
Chiara 🦋

Let me love you (Mercoledì x Tyler)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora