Capitolo 4: V per vendetta (in questo caso quella di Tyler)

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Mercoledì

«Buonanotte, buonanotte! Separarsi è un sì dolce dolore, che dirò buonanotte finché non sarà mattina»
Romeo e Giulietta, W. Shakespeare


Quando tornai a casa i miei genitori mi porsero tutte le domande possibili e immaginabili, ma non gliene feci una colpa. Era normale che si preoccupassero per me, sarebbe stato strano il contrario.
Alzai le spalle, «Sto bene, non preoccupatevi» risposi, tranquilla.
Mia madre si accigliò e sfiorò le mie trecce, «Ne sei sicura?» annuii. Avevo solo voglia di andarmene in camera e morirci dentro visto che non ne sarei uscita fino a nuovo ordine.
Ma in quel momento la trovai l'unico luogo sicuro in cui rifugiarmi per pensare.
«Suvvia amore mio, la nostra vipera sta bene» mio padre intervenne e per una volta lo ringraziai (mentalmente ovviamente).
Me lo sarei comunque segnato sul calendario, non era una cosa che succedeva spesso.
Dopo altre domande da quarto grado finalmente ottenni il permesso di andarmene in camera.

Corsi per le scale che quasi inciampai sui miei stessi piedi.
Appena notai la mia stanza mi ci chiusi a chiave e scivolai contro la porta, poggiando il mento sulle ginocchia.
Cosa era successo?
Perché avevo assecondato la richiesta di Tyler e lo avevo baciato? D'istinto portai una mano alla bocca, come se in quel modo potessi rivivere quell'emozione unica che avevo provato in quei secondi, che per me erano sembrati una eternità.
Ero talmente persa nei miei pensieri che non ascoltai il tamburellare di Mano sulla scrivania, chiusi gli occhi accennando ad un sorriso.
Non mi importava di quello che quella appendice impicciona pensasse di me, avrei voluto che quel bacio fosse durato per sempre.
Aprii gli occhi e mi alzai in piedi, buttandomi sul letto. Seppellii la testa sotto il cuscino, frustrata.
Perché mi aveva provocata? A volte sembrava capace di leggermi nel pensiero. Infatti era vero, ogni volta che gli stavo vicino dovevo trattenermi dal saltargli addosso.
Non potevo ignorare l'attrazione e la chimica che c'era fra di noi, così cedetti e capii che quell'uno percento mi era costato davvero caro. O forse no?
Lo avevo incontrato in una situazione a dir poco surreale, che se lo avessi raccontato a qualcuno sicuramente non ci avrebbe creduto e mi avrebbe riso in faccia.
E non lo avrei biasimato.

Mi ero completamente scordata del colpo che mi aveva dato, non me ne fregava niente.
Non provavo nessun dolore, almeno, nessun dolore di natura fisica.
Ogni sfumatura della fredda e impassibile Mercoledì Addams in quel momento sfumò in una semplice ragazza che molto probabilmente era innamorata di un...serial killer.
Okay, ora potevo tornare me stessa.
Sbuffai e finalmente spostai il cuscino dalla faccia.
Non avevo il coraggio di guardarmi allo specchio. Mi immaginavo le trecce sfatte, il trucco che era rimasto da quella sera che non mi ero tolta tutto colato e la probabile faccia da ebete che avevo stampata in viso.
Ma dovetti farmi coraggio e raggiungere il mio bagno personale (ognuno in casa ne aveva uno), prima o poi sarebbe arrivato quel momento.

Sospirando entrai nella stanza, chiudendo Mano fuori.
Già dovevo sopportare il mio lato sentimentale, non volevo sopportare anche Mano che lo incoraggiava a sopraffare quello cupo e sadico che mi caratterizzava e di cui andavo molto orgogliosa.
«Ma perché?» mugugnai, non volevo guardarmi allo specchio ma purtroppo era una cosa che andava fatta.
Con tutto il coraggio che avevo alzai lo sguardo e incrociai il mio riflesso.
Sembrava che a guardarmi ci fosse un'altra Mercoledì, una persona diversa da me. E non intendevo per l'aspetto orrendo che avevo, ovvero trecce che ormai non erano neanche più trecce ma codini fatti alla cazzo maniera, frangia spostata da un lato e mascara colato sulle guance.
Mi riferivo all'espressione che avevo dipinta in viso. Non sembravo io, e quasi mi spaventai quando capii che anche io avevo un lato più umano, semplicemente ero troppo brava a nasconderlo che ormai me ne ero scordata persino io.

Sospirando mi lavai la faccia, ma la situazione trucco peggiorò soltanto.
Non avevo voglia di fare una doccia ma ahimè, mi dovetti fare forza.
Effettivamente dopo due giorni in ospedale legata ad un letto ne avevo davvero bisogno.
Sbuffai e sciolsi quegli sgorbi di trecce, buttando gli elastici chissà dove. Tolsi i vestiti che indossavo, che pure quelli li avevo scelti a caso e le scarpe, lanciando anche quelli.
Aprii l'acqua e mi infilai nella doccia, sperando che in quel modo non solo il trucco e lo sporco, ma anche i problemi potessero lavarsi via.
Ovviamente non era così.
In realtà non sapevo se Tyler Galpin fosse un problema di natura positiva o negativa.
Vediamo, mi aveva ingannata, tradita, aveva mentito su praticamente tutto, illusa, e quasi uccisa. Brutto curriculum.
Eppure io lo avevo baciato. Oltretutto due volte.
Porca miseria.
Sbuffai e mi accorsi che era meglio uscire dalla doccia prima di diventare ufficialmente un pesce.

Indossai l'accappatoio e finalmente pensai che il mio viso fosse decente.
Alleluia.
Indossai le prime cose che trovai, non mi interessava l'abbigliamento quindi poco importa. Ero a casa mia.
Mancava poco all'ora di cena, ma probabilmente io non sarei scesa a mangiare non avevo fame.
Scossi la testa e lasciai asciugare i capelli al vento, non avevo neanche la voglia di usare il phon. Quanto potevo essere pigra a volte...
Finalmente decisi di ascoltare Mano e le sue battute che nove su dieci sarebbero state maliziose e piene di smancerie.
«Ti avverto, attento a ciò che dirai d'ora in poi, o ti ritroverai senza un dito» lo minacciai, seria.
Mi fece il dito medio e roteai gli occhi, sedendomi sul letto.
Ma invece di parlarmi sparì dietro la porta del bagno. Aggrottai le sopracciglia, confusa.
Ma che cosa stava combinando?

Lo seguii, perplessa.
Lo vidi infilarsi nella tasca della giacca che indossavo e tirarne fuori un oggetto.
Si avvicinò a me e me lo porse.
Una penna?
Perché avevo una penna in tasca? Sicuramente non era mia.
La osservai, era una Mont Blanc quindi quei trecento dollari li valeva sicuro. Mi compiacei quando notai che era nera e che oltretutto scriveva anche nero. Era molto semplice, contornata di oro e quando la girai notai che inciso c'era un nome e una frase.
A mia moglie, Francois.
Oh no. Non ci posso credere.
Ma che sfiga però! Quella penna non era di certo mia e in quel momento non so perché ma mi sentii una sporca ladra che aveva rubato qualcosa di piuttosto prezioso, e con prezioso non intendevo il prezzo -beh anche quello- ma il valore sentimentale che caratterizzava quella maledettissima penna.
Ma perché tutte a me dico io? Perché!
Sicuramente non era colpa mia se era lì, ma dovevo metterla da qualche parte, un posto che doveva essere non sicuro, di più.
Probabilmente -non so come onestamente- doveva essere scivolata a Tyler durante il nostro bacio.
Ma come fare?
Perfetto, la lista dei miei problemi si allungava.
Avrei dovuto rivedere Tyler, e pensai che forse non fosse proprio un bene visto che beh, era un assassino.

Sperando che non si vendicasse del mio finto furto sospirai e decisi che avrei cercato di trovarlo.
Anche se questo avrebbe compreso la sua probabile vendetta.








Spazio autrice:

Ciao a tutti amici!
Come va? Spero tutto bene.
Allora, iniziamo a vedere il lato sensibile di Mercoledì (di chi sarà mai la colpa? Che domande ci facciamo).
E nulla, spero vi sia piaciuto questo capitolo e ci vediamo presto,
Bacioni,
Chiara 🦋

Let me love you (Mercoledì x Tyler)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora