Tyler
«Che cos'altro è l'amore, se non una pazzia molto discreta,
una amarezza che soffoca, e una dolcezza che fa bene?»
Romeo e Giulietta, W. Shakespeare«Quello che mi ha fatto questo non era Tyler, era l'Hyde».
Le parole di Mercoledì mi rimbombavano nella testa continuamente.
Eravamo finalmente tutti riuniti al grande tavolo della cucina.
Lucy prese parola, «Dunque, dobbiamo capire intanto che cosa abbiamo a nostra disposizione» Mercoledì fissava le cartelle che contenevano casi di omicidi, mentre io continuavo a fissare lei.
Pensavo davvero quello che lei voleva mettermi in testa?«Quello che mi ha fatto questo non era Tyler, era l'Hyde».
Era veramente così?
D'istinto le strinsi più forte la mano, «Tyler, non così forte» sussurrò mentre allentavo la presa, «Scusa» mi guardò di sbieco tornando poco dopo ad ascoltare cose inutili su quello che ci era accaduto da piccoli e come usarlo in tribunale.
Tutte cose che a me non interessavano.
Volevo che arrivassero alla data definitiva, al resto ci avrei pensato al momento giusto.
Notai che avevamo finito perché Mercoledì mi diede una spallata.
«Va tutto bene?» mi chiese, «Sì» risposi secco, forse troppo.
Si alzò dalla sedia e salì in camera sua.
La seguii, forse si era offesa?Entrai nella stanza e chiusi la porta alle mie spalle.
«Fufi?» mi accigliai, «Addams?» iniziai a preoccuparmi, «Mercoledì!» quasi urlai.
«Ma che Diavolo ti prende?» la vidi uscire dal bagno.
«Ma perché non mi rispondi?» mi guardò quasi spaventata, avevo alzato troppo la voce probabilmente.
«Ero soltant-» «-Potevi almeno dirmi che eri lì» incrociò le braccia al petto, «Senti, non so cosa tu abbia ma smettila perché queste scenate non le sopporto» disse seria.
Roteai gli occhi, «Ti ho soltanto detto che dovevi rispondere!» si avvicinò di un passo, «Intanto abbassi la voce, e comunque non sono il tuo cagnolino, non ti obbedisco. Ma sicuro di star bene?».
Ma che cosa avevo?
Mi avvicinai per baciarla, ma lei mi respinse.«No, non te ne esci così» alzai gli occhi al cielo, «Hai qualcosa, non hai ascoltato una parola di quello che abbiamo detto prima, vero?».
Vero.
«Cosa c'entra?» che risposta patetica, «C'entra perché ti vedo strano, e la cosa non mi piace. Sei ancora in te vero?» indugiò sulle ultime parole e io le rivolsi un'occhiataccia.
«Cosa staresti insinuando?» sibilai, «Era una semplice domanda» incrociai anche io le braccia, fissandola negli occhi.
«Mi stai facendo la radiografia per caso?» alzò un sopracciglio.
«Rispondi ad una semplice domanda» mi guardò curiosa, «Okay» sospirai, «Io ti faccio paura?» la vidi sgranare gli occhi.Rimase a fissarmi per qualche secondo, un sorriso amaro si dipinse sulle mie labbra.
«Stai esitando?» ringhiai, «No. Stavo cercando di capire perché mi hai fatto questa domanda. La risposta la conosci, perché me lo chiedi?» continuai a fissarla, «Hai esitato» «Non è vero» «Invece sì» lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, sbuffando dal naso.
«Ti ho vista. Dovrei rivalutare la tua risposta?» continuava a guardarmi come se fossi un alieno.
«Mi prendi in giro spero» «Affatto, hai esitato» si coprí il viso con le mani, «Mi chiedevo solamente perché ti fosse venuto in mente di pormi quella domanda. Non ho affatto paura di te, Cristo ma cosa hai oggi?» sbottò con un'espressione che non seppi decifrare, ma non era di certo rassicurante.«Devo andare» mi prese per un braccio, «No aspetta cosa?!» esclamò con un misto fra l'esasperato e il confuso, «Ma perché non ti fai mai capire o aiutare?» mi staccai dalla sua presa, «A cosa servirebbe?» sbuffò, «A darti una mano. Voglio solo aiutarti» la guardai impassibile, «Beh, non puoi» «Invece sì, sei tu che non vuoi che lo faccia» rispose seria, «Semplicemente sarebbe inutile» ribattei, «Non lo puoi sapere se non ci hai mai provato» insistette.
«Pensi che non ci abbia già provato?» mi guardò con gli occhi sgranati, «È inutile che mi guardi così. Abbiamo provato di tutto dalle parole ai medicinali, niente funziona quindi smettila di scervellandarti per trovare una soluzione che non esiste. Ora lasciami andare».***
Mi sedetti sulla panchina in giardino e tirai fuori un pacco di sigarette.
Non ero un fumatore, ma ogni tanto, quando stavo male, me ne concedevo una.
«Che cosa è successo con Mercoledì?» alzai lo sguardo, per incrociare quello di Beth.
Alzai le spalle, «Niente» ero sempre stato bravo con le bugie, ma questa non reggeva per niente.
«Mezza casa vi ha sentiti litigare» si sedette accanto a me, «Oh, di male in peggio» sospirò, «Lei vuole solo aiutarti» «Non può» «Ci è già riuscita due volte» «Certo, facendosi male» risposi sarcastico, «Se la conosci almeno un po' -e la conosci- saprai che è inutile quante volte tu glielo dica, continuerà a provare a trovare un modo per farti stare meglio. E sai perché?» alzai un sopracciglio, «Perchè?» scosse la testa, «Perchè ti ama» rimasi in silenzio per alcuni minuti per metabolizzare le parole di Beth.«Ci sta provando, ma se tu la respingi non c'è la farete mai a trovare una soluzione» le lanciai un'occhiata furtiva, «Non esiste una soluzione» «Lo pensavo anche io, ma come vedi io e Ryan conviviamo e presto avremo un bambino, sta bene. Una soluzione esiste, fidati di me» mi accarezzò un braccio.
«Ma se continui così non la troverete mai. Sta facendo i salti mortali quella ragazza per riuscire ad aiutarti, ma tu le rendi le cose soltanto più complicate comportandoti in questo modo.
Sospirai.
«Lo so è che non voglio che si faccia del male. Come è già successo tre volte» specificai con lo sguardo basso.
«Ha deciso di rischiare, non la puoi costringere a cambiare idea, soprattutto se parliamo di un soggetto come lei»«Non le ho mai chiesto di rischiare» «Ovvio, ma ha preso la sua decisione ed è tardi ormai per tornare indietro».
Beth era sempre stata la più brava a dare consigli.
«Rimane il fatto che ogni santa volta che la guardo mi viene in mente che le ferite che ha sul corpo gliele ho fatte io» appoggiò il busto allo schienale della panchina, «Posso capirti, io sono la prima che può farlo davvero. Ho vissuto questa situazione esattamente come la state vivendo tu e Mercoledì. Sta cercando di farti capire che non eri in te quando le hai fatto quello che le hai fatto, non eri cosciente e quindi non consapevole delle tue azioni. Tutto qui» concluse sorridendomi.
«Lo vedo che cerca di avvicinarsi a te, smettila di vedere soltanto le ferite e pensare che c'è ben altro di cui avere paura» sapevo che si riferiva a Satana.«Ora per favore chiedile scusa. Sono sicura che starà male, non se lo merita, fattelo dire» buttai la cicca nel posacenere.
«E ricorda che le sigarette fanno male» «Ne fumo una all'anno praticamente, e comunque non sei mia sorella» «Beh, quasi» roteai gli occhi alzandomi, «Grazie» alzò le spalle, «Non c'è di che».***
Bussai alla porta della mia -ormai nostra- camera e sentii dei passi.
«Ciao» «Dove sei stato?» «Mi fai entrare almeno?» sbuffò e si spostò di lato per farmi passare.
«Ho fatto una chiacchierata con Beth in giardino» restò in silenzio fissandomi.
«Ho capito, che cosa vorresti da me adesso? Se vuoi fare sesso sei sulla strada sbagliata, ti avverto» sorrisi, «No, anche se mi piacerebbe» mi lanciò un'occhiataccia e ci sedemmo al bordo del letto.
«Mi dispiace per come ti ho trattata» tenne lo sguardo sulle sue mani, «Non fa niente» rispose, anche se si sentiva che ci era rimasta male.
«Mi farò aiutare, se ci tieni» subito mi guardò e i suoi occhi luccicarono.
«Sei serio?» «Sì, sono serio» accennò ad un mezzo sorriso, «Ti prometto che troverò un modo per farti stare meglio. E quando io faccio una promessa, la mantengo. Fosse anche l'ultima cosa che faccio».Spazio autrice:
Ciao a tutti!
Anche questo era un capitolo un po' di passaggio.
Niente da aggiungere apparte il fatto che Beth è un mito.
Se vi va lasciate una stellina o un commento,
Baci,
Chiara 🦋
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Let me love you (Mercoledì x Tyler)
FanfictionDopo l'accaduto alla Nevermore Mercoledì torna a casa. La testa affollata da mille dubbi, troppe domande senza risposta è tante delusioni. Ma quando in un baleno giunge di nuovo Settembre, sua madre la obbliga a tornare nella scuola dove è praticame...