Capitolo 36: Il processo (prima parte)

65 6 4
                                    

Mercoledì

«È un cattivo cuoco quello che non sa leccarsi le dita»
Romeo e Giulietta, W. Shakespeare


Era arrivato.
Era arrivato il giorno del processo.
Mi guardavo allo specchio e quasi non mi riconobbi.
Portavo un abito elegante, un completo nero formato da un pantalone lungo e una giacca del medesimo colore.
Sotto avevo una camicia bianca, molto semplice, non ero vestita in modo esagerato però mi faceva sentire a disagio lo stesso, quell'abbigliamento.
Sospirando finii di truccarmi.
C'è la avremo fatta, avremo vinto noi.
Sentii bussare alla porta e subito andai ad aprire.
«Oh, ciao» Tyler era teso come una corda di violino, si vedeva.
«Che fai qui?» non mi rispose, si limitò a guardare un punto indefinito sul pavimento.
Mi avvicinai e ringraziai gli stivali che portavo e i loro cinque centimetri in più, poiché in quel momento riuscivo a guardarlo meglio negli occhi.
«Ho paura» sentenziò posando lo sguardo su di me, «Lo so, ma non devi» sospirò sfiorando una delle mie trecce, «So anche che non dovrei ma è così» sussurrò, «Avevo soltanto bisogno di vederti» rimasi un attimo in silenzio, «Oh, va hene» abbozzò un sorriso, «Secondo te vinceremo?» azzardò incerto, «Ovvio. Siamo fortissimi noi» risposi con nonchalache.
«Meno male che ci sei tu» roteai gli occhi, «Non fare il ruffiano con me» mi prese il viso fra le mani e dal bacio che mi diede capii quanto era agitato, sembrava che avesse bisogno di quel bacio come dell'ossigeno.
Dipendenza.
Creavano insieme dipendenza l'uno dall'altro ed era impossibile controllarlo.
L'impulso era troppo forte persino per me che non ero un Hyde.
Non ci staccammo per un secondo, era impossibile.
Avevo scordato da tempo come si facesse a respirare, con lui -fra noi- era sempre così.
Niente baci dolci o coccole sdolcinate, quando provava emozioni forti lui non ci capiva più niente, facevo fatica a fermarlo quando doveva.
Tipo in quel caso, ecco, non stavo scherzando per niente quando dissi che la mia e la sua giacca erano finiti chissà dove come la sua camicia.

«Tyler, dai basta» sussurrai anche se non volevo fermarmi, «Uffa, non sai cos'è il brivido del proibito» ammiccò, «Non possiamo» mi sforzai di dire mentre mi lasciava una scia di baci lungo il collo, «Tyler, il processo» mi guardò di nuovo negli occhi, «Il processo è fra due ore» sussurrò al mio orecchio in un modo terribilmente erotico e persuadente.
Ripresi a baciarlo mentre cercava i bottoni della mia camicia, «Sei preparato?» chiesi con il respiro corto, «Non pensarci a questo» sussurrò, «No aspetta non-» mi zittì con un bacio, ancora più passionale e carnale del precedente.
Indietreggiai fino a toccare la parete con la schiena, piano ripresi a connettere e lo fermai staccandomi dalle sue labbra.
«Non adesso» mi guardò con gli occhi pieni di desiderio, «Dobbiamo restare lucidi» riabbottonai la camicetta sotto il suo sguardo deluso.

«Non guardarmi così. Non è questo il momento, piuttosto sei pronto?» mi guardò con gli occhi lucidi e io gli rivolsi un'occhiata preoccupata.
«Tyler, cosa c'è?» gli accarezzai la guancia, ma non ottenni risposta.
«Dimmi qualcosa» lo supplicai, «Non ci riesco io non- non ce la faccio ad-» la sua voce era rotta da alcuni singhiozzi, «Perchè? Cosa succede? Con me puoi parlare» cercai di rassicurarlo con un bacio.
«Non voglio rivederlo perché ho paura di-» lasciò la frase in sospeso, ben sapendo che io avevo capito.
«Non succederà, siamo tutti qui» gli strinsi la mano mentre anche lui indossava la camicia.
Accennai ad un sorriso e gli strinsi il nodo della cravatta.

«Stai tranquillo. La promessa ricordi? Nessuno lascia l'altro» si voltò a guardarmi, «Dovremo scriverle» alzai un sopracciglio, «Dico, la promesse, dovremo scriverle. Hai qualcosa su cui farlo?» guardai sulla scrivania, «Ho dei post-it*» risposi confusa.
«Perfetto» prese due penne e me ne porse una, «Bene, cosa vuoi che ci promettiamo?» si sedette sul letto.
«Di non andarcene, mai, per nessuno motivo» lo scrissi, «Anche quando ci odieremo, anche quando litigheremo ci ameremo lo stesso» appuntai anche questo, «Poi?» ci pensai su, «Di essere forti e supportarci a vicenda, anche nei momenti più bui» ricopiai le mie parole, «Saremo forti, saremo noi contro il mondo*» misi un punto e firmai.
«Vai, firma» mi imitò e sorrise.
«Quindi adesso è ufficiale, così sia detto, così sia fatto, così sia scritto*» mi porse il mignolino e sbuffando lo strinsi.
«Lo appendiamo poi?» propose, «Va bene».
Okay, la promessa era ora anche su carta, sarebbe durata per sempre.

Let me love you (Mercoledì x Tyler)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora