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IL CAOS era esploso insieme alla prima palla di fuoco, il Foro era stato distrutto, il pomerium violato.
Fuoco greco, fiamme verdi che illuminavano la notte e le facevano socchiudere gli occhi per il colore improvviso. Urla disorientanti, pietra che si frantumava, altro fuoco.
La testa di Daphne scattò in direzione del ponte dove aveva visto andare Reyna e Annabeth dopo cena, Timeo si staccò dalla sua spalla pronto a cercarle ma la figlia di Somnus dovette richiamarlo subito, la frustrazione di non avere occhi dappertutto cominciava ad incendiarsi dentro di lei. Folle di romani stavano già inondando le strade, non poteva rimanere cieca in quelle condizioni, avrebbe dovuto raggiungere Reyna a piedi, senza armi, senza un piano. Un verso frustrato le scappò dalle labbra mentre cominciava a correre verso il ponte.
«Cazzo!» non sapeva cosa le desse più fastidio: se il suono delle palle da cannone che atterravano nella pomerium o la voce di Ottaviano che, mentre pendeva dalla scaletta della nave, urlava di aver avuto ragione tutto questo tempo.
Era colpa sua, non l'aveva previsto, aveva dato l'ok a Reyna per farli scendere e adesso lei si sarebbe giocata il ruolo di pretore, aveva sottovalutato l'influenza dei greci su Jason. I greci i greci i greci.
Danni. Solo danni. Traditori.
L'uccello si trasformò velocemente in un'aquila, sorvolando sulle folle che si accalcavano in punti precisi per inseguire i pochi greci presenti nella nuova Roma. Reyna non si vedeva da nessuna parte con il suo vistoso mantello viola e le medaglie scintillanti. Daphne arrivò sul ponte, trovandolo vuoto, e tiró un pugno contro la pietra pietra provocandosi una fitta di dolore nella mano sinistra.
Controllo, doveva riprendere il controllo.
Non trovava Reyna, quindi o era con Annabeth in città e l'aveva mancata perché troppo concentrata sul ponte, o era con i greci sulla nave. Daphne lanciò una veloce occhiata all'Argo II, e poi un grosso getto d'acqua che si innalzava nel cielo dalla piazza catturò il suo interesse.
Percy.
Scattò verso la piazza della fontana senza badare al dolore alla mano, l'aquila le volava in grossi cerchi sopra la testa. Non vedeva il mantello di Reyna tra gli spruzzi d'acqua ma Percy significava Annabeth, e Annabeth al momento significava Reyna.
Arrivata nella piazza provò a farsi spazio tra la folla, corpi presi dal panico e dalla rabbia che avanzavano e indietreggiavano come onde di un mare tumultuoso, spinti dalla vendetta e poi dall'acqua che Percy controllava dalla fontana. La spingevano, la rallentavano. Non aveva tempo per quei giochetti. Daphne tiró qualche gomitata, arrivò più o meno a metà strada tra le mani che raccoglievano sassi da lanciare e unì i palmi con un'unico, brusco applauso.
Le voci cessarono all'istante, i corpi smisero di spintonarla, i sassi non ancora lanciati caddero insieme ai romani che si addormentarono sul posto, le loro stesse ginocchia li tradirono piegandosi e lasciandoli accasciare a terra.
Davanti a lei dentro alla vasca della fontana, Percy, Annabeth, Hazel e Frank la guardavano con occhi sgranati: una singola figura in piedi in mezzo ad una calca di semidei romani e fauni addormentati in un batter d'occhio.
Daphne piantò per bene i piedi a terra, non poteva far vedere di starsi a malapena reggendo dritta, aveva una ciocca bianca che le era sfuggita da sotto la mascherina viola da sonno e adesso le ricadeva davanti agli occhi spettrali. «Avete mentito» Percy provò ad aprire bocca, ma Daphne alzò una mano con l'indice ben dritto e se lo portò davanti alle labbra, guardando poi Annabeth. «Dov'è Reyna?» aveva le nocche insanguinate, l'aquila le si era appoggiata su una spalla diventando un avvoltoio di piccole dimensioni che li guardava con il becco semichiuso. «I-Io... non lo so»
«Cosa le hai fatto?»
«Niente! Niente, noi abbiamo-» un altro colpo si abbatté sul Senato, fuoco greco illuminò l'edificio già in rovina come una zucca di Halloween. La figlia di Somnus sembrò sussultare come se ogni marmo colpito fosse un pezzo del suo corpo. «Abbiamo sentito i colpi e ci siamo divise» Incontrò lo sguardo di Percy, calcolatore e meschino. Come aveva fatto a non notarlo prima? Erano sempre stati azzurrastri, i suoi occhi, come il mare. Un verde bluastro che richiamava l'oceano, che ti faceva pensare alle onde riversate sulla spiaggia in un soleggiante giornata di riposo. Invece erano esattamente il contrario, erano la calma ingannatrice prima della tempesta, l'onda che spuntava dal nulla e ribaltava il tuo mondo, l'acqua che rimodellava la sabbia a suo piacere. Che stupida che era stata Daphne. Stupida e accecata dalla sua nostalgia, dai propri sentimenti, dall'impazienza di rivedere Jason.
«È sulla nave!» le urlò contro, guardando l'avvoltoio negli occhi sporgenti. «L'ho vista salire sulla nave, non senti Ottaviano?!» le vide alzare lo sguardo, l'augure stava ancora strillando appeso alla scaletta. «Li stanno aiutando, le vedete? Reyna e Daphne! Stanno aiutando i greci!» Ottaviano continuava a indicare Daphne - così facilmente visibile tra la folla, e la nave distruttrice a cui era appeso. «Daphne, dobbiamo arrivare alla nave, non sappiamo cosa sia successo» Percy la guardò implorante, un romano si rotolò nel sonno ai piedi di lei, fu fortunato, perché la figlia di Somnus non aveva nessun altra pista da seguire.
Senza dargli risposta, l'avvoltoio si staccò dalla spalla della ragazza e spiccò il volo tramutandosi in aquila, Percy afferrò Annabeth e cominciò a trascinarla sulle tracce della romana. «Frank! Vai a prendere Piper e Jason!» il semidio annuì, rallentando il passo e cogliendo l'occasione per diventare un grosso rettile e dare un colpo di ali nella direzione del Foro dove Jason giaceva svenuto, Hazel si staccò dal gruppo dicendo a Percy che sarebbe andata a prendere Arion.
Percy e Annabeth invece continuarono sulla scia di sonno di Daphne, al suo passaggio i romani deponevano le armi e si rannicchiavano a terra. Sperava di limitare i danni il più possibile, e di riuscire a nascondere quanto la stesse prosciugando quel tentativo di pace. A volte incespicava sui propri passi, come se fosse troppo stanca per sollevare propriamente i piedi da terra e continuare a correre. Ciononostante, Daphne non si fermò mai, e quando afferrò la scaletta l'aquila lasciò il loro fianco per andare a prelevare Ottaviano dalla cintura di pupazzi e staccarlo finalmente dalla nave.
Mentre l'augure continuava a marchiare a fuoco il cosiddetto tradimento di Daphne e Reyna, urlando mentre scendeva dalla scala, Daphne si guardò intorno. Dietro di lei sentiva la scala scricchiolare sotto al peso di Annabeth e Percy. Alla sua destra, alle baliste, il moro che sedeva al fianco di Annabeth a tavola continuava a ridere e premere pulsanti. <<Tutti, distruggiamoli tutti!>> Daphne gli afferrò violentemente le spalle coperte da una misera camicia bianca e lo buttò a terra. <<No!>>
La rabbia stava straripando, non solo si era fatta ingannare per far parcheggiare quella stupida nave greca sopra a Nuova Roma, ma adesso ci era pure salita. Continuavano a prenderla in giro, a sterminare la sua gente, a creare danni. A tradire, tradire e ancora tradire.
E la cosa più brutta? Reyna non era nemmeno a bordo.
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VENI | leo valdez
FanfictionSette semidei scelti per salvare il mondo e impedire il risveglio di Gea. Un'impresa a cui Percy Jackson, guardando Daphne Rosier, pensò che potesse far comodo una figlia di Somnus. Nonostante la rivalità naturale tra le due linee di semidei, e un'...