Sette semidei scelti per salvare il mondo e impedire il risveglio di Gea. Un'impresa a cui Percy Jackson, guardando Daphne Rosier, pensò che potesse far comodo una figlia di Somnus.
Nonostante la rivalità naturale tra le due linee di semidei, e un'...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
ᶻ 𝗓 𐰁
LA TRIREME di Crisaore, piena di Diet coke e che affondava avvolta dalle fiamme era stato un panorama bello, certo, ma Roma era spettacolare. Daphne non sapeva nemmeno dove mandare Timeo, quindi il corvide era appollaiato sull'albero maestro, lo sguardo fisso sulla costa italiana esattamente come quello della padrona.
Il cielo era di un blu acceso, come se la tempesta non ci fosse mai stata. Il sole sorgeva sopra le colline distanti, così che tutto quello che si trovava sotto di loro brillava e luccicava come se l'intera città di Roma fosse appena uscita da un autolavaggio. Daphne aveva sognato Roma, la sua riproduzione al campo la affascinava, ma quella? La sola vastezza della vera Roma le afferrò la gola rendendo difficile respirare.
La città sembrava non avere considerazione per i limiti geografici. Si diffondeva lungo colline e vallate, saltava sopra al Tevere con dozzine di ponti, e continuava semplicemente a espandersi verso l'orizzonte. Strade e viali zigzagavano senza ordine o logica attraverso trapunte di quartieri. Uffici di vetro si trovavano accanto a siti di scavi archeologici. Una cattedrale sorgeva accanto a una fila di colonne romane, che si trovavano vicino a un moderno stadio di calcio. In alcuni quartieri, antiche ville di stucco con i tetti ricoperti di tegole rosse affollavano le strade di ciottoli, così che se Daphne si concentrava solo su quelle aree, poteva immaginare di trovarsi nel passato. Ovunque guardasse, c'erano ampie piazze e strade intasate dal traffico.
I parchi tagliavano la città con folli assortimenti di palme, pini, ginepri e alberi di ulivo, come se Roma non riuscisse a decidere a quale parte del mondo appartenesse – o forse, semplicemente credeva che tutto il mondo appartenesse ancora a Roma. L'antica città sembrava bearsi degli sguardi di otto semidei che la ammiravano da lontano, tutti allineati alla balaustra della nave greca per guardarla mentre scendevano di quota.
<<Atterreremo in quel parco>> annunciò Leo, alla sua destra, indicando un largo spazio verde punteggiato da palme. <<Speriamo che la Foschia ci faccia sembrare un grosso piccione o qualcosa del genere>>
Sembrò funzionare. Daphne non notò nessuna macchina sbandare dalla strada o nessun romano che puntava il cielo urlando: <<Alieni!>>
L'Argo II atterrò nel campo erboso e i remi si ritirarono. Il rumore del traffico li circondava, ma il parco era tranquillo e deserto, l'aria era fresca e umida. Alla loro sinistra, un prato verde scendeva fino al margine di una foresta, e l'erba sembrava davvero più verde qui. Un'antica villa era annidata all'ombra di un pino dall'aspetto strano, formato da sottili tronchi contorti che si alzavano per dieci o dodici metri verso il cielo e poi si allargavano con delle gonfie chiome a forma di volta.
Alla loro destra c'era un lungo muro di mattoni che serpeggiava sulla cima di una collina, dotato di lunette sulla parte superiore per gli arcieri – forse un muro di difesa medievale, forse risalente all'Antica Roma, ma Daphne non ne era sicura.