Sette semidei scelti per salvare il mondo e impedire il risveglio di Gea. Un'impresa a cui Percy Jackson, guardando Daphne Rosier, pensò che potesse far comodo una figlia di Somnus.
Nonostante la rivalità naturale tra le due linee di semidei, e un'...
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𓆲
IL CORVO era mestamente appoggiato sullo schienale come una statua di ossidiana, osservava tutto, a volte muoveva la testa per cambiare obiettivo da giudicare e altre volte saltellava da una parte all'altra della sedia, erratico e indisciplinato a differenza della padrona che mangiava sotto alla sua protezione.
Daphne era il suo nome, tagliuzzava la bistecca lentamente, occhi bassi e spalle tese mentre ascoltava la conversazione tra Percy, Annabeth e Reyna. Era seduta vicino alla pretore, entrambe davanti a Jason ma così lontane. Entrambe che evitavano lo sguardo del romano.
Annabeth ipotizzò che lo stessero facendo per le stesse paure con cui aveva convissuto lei negli ultimi mesi, trovare uno sguardo vuoto di ricordi sul volto di Percy. Mentre lei aveva incontrato gli occhi affettuosi del suo greco, Jason aveva mantenuto le iridi confuse e perse con cui lei l'aveva conosciuto, disperso alla mercé degli dei.
Daphne e Reyna si scambiarono qualche parola sottovoce mentre Percy raccontava la propria impresa agli inviati del campo mezzosangue per metterli in pari, gli occhi della figlia di Athena scivolarono tra i tatuaggi sugli avambracci dei romani. Una linea per ogni anno, Percy ne aveva una, Reyna un paio, Jason ne aveva quindici, Daphne? Le sue braccia erano coperte da una felpa viola scuro, e sembrava divertirsi nel nasconderle anche le più piccole informazioni.
Annabeth cercò, inutilmente, anche le pupille ombrose della misteriosa ragazza che continuava a mangiare indisturbata senza degnarsi di guardarli, ma non trovava niente in quelle iridi azzurre. Era albina, ne era certa nonostante le sopracciglia tinte di un nero ormai sbiadito, le ciglia bianche che le decoravano gli occhi privi di melanina glielo urlavano in faccia, e appena scesa dalla Argo II sotto al sole la bionda aveva visto il riflesso del sangue negli occhi della romana renderle le iridi quasi viola.
Eppure la sua presenza la snervava, così calma e composta, indisturbata, lo sguardo vuoto e girato altrove, ma che comunque sentivi sulla pelle. Reyna aprì bocca mentre Percy e Hazel raccontavano dell'Alaska e ancora prima che un suono ne uscisse Daphne allungò la mano e prese la boccetta di sale dal tavolo per passargliela. Le due si scambiarono un sorriso divertito, Reyna fece cadere per una frazione di secondo la facciata da pretore impenetrabile, e poi ritornarono ad ascoltare il figlio di Nettuno. Annabeth perse il filo, il gesto cosi strano che la fece impazzire, girò istintivamente la testa verso Jason in cerca di una reazione ma lui aveva ancora i ricordi rubati e nascosti in qualche angolo del mondo, tenendolo lontano dall'interazione.
«Dovremmo parlare della Grande Profezia. Anche i Romani la conoscono, vero?» l'argomento riuscì a riprendere l'attenzione di Annabeth, la fin troppo famigliare sensazione di gelo dietro la nuca la fece rabbrividire e deglutì. Reyna annuì, posando coltello e forchetta, aveva una lunga treccia che le colava su una spalla e fili d'oro che spuntavano tra i capelli scuri. Annabeth notò lo stesso dettaglio nella chioma di Daphne, bianca e con riflessi argentei, come statue di principesse pronte a giudicarli. Avrebbe voluto odiarle per lo sguardo accondiscendente che rivolgevano a tutti loro, ma non ci riusciva.