VI.PERCY

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APPENA entrati nel salotto sotto coperta, Percy fece segno a Daphne di prendere posto al tavolo dove Annabeth li aspettava. La romana obbedì, ma non fece particolari sforzi per fingersi felice di farlo. Il corvo, che in queste settimane Percy aveva scoperto si chiamasse Timeo, si appoggiò sulla sua sedia per scrutarli, ma l'animale rifletteva sempre di più la stanchezza della romana. Stava diventando trasparente, erratico, e difficile da mantenere in modo fisico e coesivo.

<<Grazie, per Jason>> Il figlio di Nettuno cominciò, Daphne storse il naso appoggiandosi allo schienale, sarebbe potuto passare per un gesto di impertinenza, o per un tentativo intimidatorio, se solo la ragazza non sembrasse star per svenire. <<È uno dei miei>> scrollò le spalle, e Percy passò velocemente lo sguardo sulle occhiaie violacee che prendevano sempre più colore sul suo volto pallido, quasi a competere con la felpa viola in cui si stringeva per nascondere la pelle d'oca. <<Ma so che ti è costato parecchio, vuoi qualcosa da mangiare?>> Timeo diventò sempre più trasparente, forse le poltrone morbide di Leo stavano attingendo alla stanchezza di Daphne più di quanto Percy avesse previsto. Si girò verso Annabeth, e vide che gli occhi della sua ragazza era fissati sull'animale spettrale.

Daphne invece ne seguì la voce, lo guardò con un'evidente dibattito nelle iridi lilla, ormai era un greco dopotutto, ma il suo aiuto le serviva. La mascherina di suo padre era rimasta a Jason per aiutarlo a guarire più velocemente, e lei sembrava sentirne la mancanza ad ogni secondo. La mano destra era incrostata di sangue, con le nocche ancora aperte e ormai violacee, e aveva l'aria di una che se non fosse seduta adesso sarebbe stesa a terra incosciente.

<<Vuoi dell'ambrosia?>> Percy riprovò, Timeo era ormai sparito lasciandola nel buio, stanca e su una nave piena di nemici o traditori. L'aura nervosa che emanava Daphne sembrava sempre più valida tenendo in considerazione le sue condizioni.

Alla fine però, chiuse gli occhi per un secondo e sbuffò sonoramente, come se le parole le costassero tutto ciò che le fosse rimasto in corpo. <<Se c'è>> non li vide mentre si scambiavano un cenno, ma Annabeth si alzò e aprì un paio di armadietti e cassetti fino a trovare il cesto con i quadrati di ambrosia. Lo appoggiò davanti alla romana, che cercò con le mani alla cieca finché non toccò uno dei piccoli pezzi dorati e se lo portò alle labbra. <<Tu controlli il sonno>> Percy chiuse gli occhi per un secondo, preparandosi alla risposta dell'osservazione di Annabeth.

<<Perspicaci i figli di Athena>> commentò la romana, Annabeth sbuffò e prima che potesse dire qualcosa Percy si intromise. <<Ascolta, Daphne, intende che ci saresti molto utile, lo sai anche tu. Questa missione...questo- questa è l'opportunità che stavi aspettando, quella di riabilitare il nome di tuo padre e non dover lottare per il tuo posto al campo>> le aveva mentito, a Nuova Roma nella fontana, perché era la cosa più logica da fare.

L'aveva guardata e la sua mente iperattiva aveva già formulato il piano di fuga, sarebbero dovuti partire subito, appena arrivati alla nave. Hazel e Frank erano già con lui, gli altri mezzosangue avrebbero puntato da soli alla Argo II, ma le immagini di Daphne che combatteva l'altro giorno contro i mostri con le sue due spade, lei che metteva a dormire intere orde di arpie e semidei, gli erano scorse davanti agli occhi. Dovevano far riaddormentare Gea, e due lame in più avrebbero fatto comodo. L'aveva vista combattere, aveva i poteri giusti per l'impresa.

VENI | leo valdezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora