XIX.DAPHNE

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QUANDO DAPHNE si svegliò, stavolta, si sentì decisamente meglio e pronta per la piccola "missione tra ragazze" in cui Annabeth l'aveva trascinata. Il sole l'aveva disturbata attraverso la piccola finestrella che dava nella sua stanza, e nessuno era ancora venuto a svegliarla quindi ipotizzò che le fosse rimasto del tempo prima di scendere a Charleston. La figlia di Somnus si alzò quindi, si cambiò indossando la felpa dell'acquario e mettendo finalmente a lavare la canottiera del campo e la sua solita felpa, e uscì dalla stanza. Fece una fermata nella cucina, prendendo una mela verde per sciacquarsi la bocca con il gusto dolciastro, e poi salì di sopra. Decise di risparmiare le forze per la missione e al posto di Timeo sulla sua spalla sentiva i piccoli artigli dell'usignolo azzurro che a volte prendeva il posto del corvide.

Poi, una volta salita sul pontile, Daphne vide solo Leo al centro di comando ricoperto d'ombra, la vela maggiore direttamente sopra di lui a scudarlo dal sole come se lui e la sua pelle bruna ne avessero bisogno. Daphne sbuffò, ma eventualmente lo raggiunse al pannello di controllo dove il drago metallico la salutò con un gesto del capo. All'orizzonte, ormai più vicino per la bassa quota, si vedeva il porto di Charleston. Evidentemente la romana non aveva così tanto tempo quanto pensasse.

«Hai fatto i tuoi controlli? Preferirei non andare in un'altra escursione senza una lama al fianco» gli chiese lei, appoggiando i gomiti sulla ringhiera e fissando gli occhi sulle altre navi ferme sulla costa. Leo annuì velocemente al suo fianco, come se se ne fosse dimenticato, e tirò fuori dalla cintura di tasche i due bracciali, porgendoglieli con mani ancora sporche di cenere. «Si scusa, volevo darteli prima ma sei tornata sotto coperta, ho fatto una piccola modifica nonostante la possibilità che mi affettassi dopo» le sorrise mentre prendeva i bracciali. Daphne corrucciò le sopracciglia e ci passò il dito sopra. «Che cos'hai fatto?»

«Ho pensato che...uh, che staremo tanto in mare e sotto al sole quindi potrebbe servirti, se afferri l'estremo esterno e lo tiri il bracciale si trasformerà in un parasole, è un ombrellino leggero tranquilla me ne sono assicurato» Daphne rimase con gli occhi fissi sui bracciali mentre la voce di Leo si faceva più ansiosa. «Ho pensato che potrebbe servirti ecco, nel...nel parco, e sulla nave, già...» la romana si passò la lingua nell'interno della guancia, fermandosi dal rispondere in modo troppo affrettato e tenendo lo sguardo basso sui bracciali. Poi, lentamente, prese l'estremità arricciata più in basso sul suo avambraccio e la tirò. La striscia di bronzo celeste sembrò liquidarsi e scivolarle nel palmo esattamente come con le spade, ma stavolta l'altra estremità le rimase arricciata in mano come un piccolo manubrio al posto di diventare un'impugnatura. Il resto del bracciale si espanse in una rete intricata e sottile di spirali attraverso cui passava poco se non nessun raggio di sole, formando un ombrello che sembrava così leggero che potesse volarle dal palmo.

Daphne lo osservò in silenzio, senza parole, poi guardò Leo e lo vide sussultare sotto al suo sguardo, come se si aspettasse che glielo lanciasse in testa. Un piccolo sorriso divertito le decorò le labbra e vide il greco rilassarsi, il che glielo tolse subito. Si schiarì la voce, e lanciò un'ultima occhiata all'oggetto prima di sprofondare nelle iridi speranzose del figlio di Efesto. «Grazie, come...?»

VENI | leo valdezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora