Vento silenzioso

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Pov's Vasiliy Lev Kozlov

- Tormentate con l'odio la sua stirpe futura... Tra i nostri popoli non ci sia mai amore né patto e sorga dalle mie ossa, chiunque sia, il vendicatore. -
Eneide

La tempesta di neve infuria contro il mio corpo, i gelidi venti provenienti dall'Alaska si radicano nelle mie ossa.

Rabbrividisco tremendamente infreddolito e varco le soglie dell'ospedale, il più vicino al luogo del massacro dove le mie donne hanno potuto rifugiarsi.

La tuta antiproiettile è coperta di neve che cade sul pavimento asettico nel mentre cammino per i corridoi tristi e morti.

Raggiunta la segreteria busso prepotentemente sul plexiglass trasparente che mi divide da una signora un po' avanti con l'età, la segretaria.

Sussulta sul posto facendo scattare lo sguardo su di me, dalle sue iridi grondano la sorpresa e la paura.

Apre bocca ma la zittisco con un grugnito sgarbato e un'occhiataccia che promette male.

"Kozlov." Dico soltanto e le sue orecchie guizzano, sono sicuro che Velimir abbia fatto entrare Storm con il mio cognome.

Esita, non perché restia a dirmelo ma in stato di trance momentanea. Si ridesta non appena la mia espressione cambia radicalmente, minacciosa.

"Secondo piano, quarto corridoio, stanza 125. Al momento è operata." La sua voce è meccanica e chiara.

"Qui c'è anche una bambina nata oggi a nome mio. Dov'è?" La inchiodo con il mio sguardo a dir poco truce e deglutisce soccombendo alla cattiveria intrisa nel mio tono.

"È nella stanza affianco." Risponde cercando di mantenersi composta, fallendo miseramente.

Non la ringrazio nemmeno perché sento i muscoli tremare per il dolore e il freddo.

Mi volto e strascico verso l'ascensore entrandovi e premendo il bottone del secondo piano.

Le porte di vetro, che affacciano sul corridoio della mia bambina, mi anticipano la presenza dei miei uomini armati fino ai denti appostati in ogni fottuto angolo.

Metto piede fuori e tutti gli occhi sono puntati su di me, compresi quelli di Maksim.

"Zar..." Mi saluta inchinandosi leggermente.

"Sta dritto Maks, non serve. Grazie lo stesso." Gli accenno un sorriso addolorato e china la testa, desolato.

"La capisco, signore." Allude a Storm, so che può capirmi. Infondo la sua povera moglie è venuta a mancare, è un uomo forte e lo stimo molto.

So che la mia bambina è in sala operatoria in questo momento, a lottare tra la vita e la morte.

Solo allora mi riviene in mente la sua favola, quella che le raccontava suo cugino, me la raccontò un giorno di qualche mese fa mentre eravamo sdraiati sul letto a farci le coccole.

L'aria divenne irrespirabile tanto da non riuscire ad entrare più nei miei polmoni, stavo male per lei.

E cazzo se avevo la paura a mangiarmi le viscere, ero consumato dall'acido che produceva il mio stomaco e che mi corrodeva dall'interno.

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