17. Mistero

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"Hai gli occhi così vuoti..."

Perché? Perché?

Alla fine della serata, metà dei presenti era ubriaca fradicia, soprattutto Nemesi, la quale mi ringraziò venti volte per averla fatta divertire, scappando poi a vomitare l'anima in bagno.

Perché?

Aspettai Jared appoggiata al cruscotto della Panda, con l'ombrello in pugno. Stava piovendo meno, ma certo non aveva smesso. Stava salutando Rebecca da mezz'ora. Ci metto un attimo, aspettami... certo. Se me ne fossi andata subito, già sarei stata a casa. Stizzita, presi la strada inversa, immergendomi nel buio.

Il buio non mi spaventava, nemmeno la pioggia. Chiusi l'ombrello di colpo, e da masochista quale ero, corsi veloce, sfogando ogni frustrazione.

Mi precipitai in bagno per una doccia veloce, e dopo essermi asciugata i capelli riscesi in salone, diretta verso la pila di cassette. "Mariage Laura et François", "Quatrième anniversaire", "Baptêm Louise et Lucas", "Confirmation", "Douxième anniversaire"... c'erano tante cassette simili a queste, appartenute una volta alla mia famiglia.

Avevo l'abitudine di guardarle spesso. Optai per il matrimonio dei miei genitori, e mi sedetti tremante, dopo averla inserita nel videoregistratore. Il filmato partì: stavano uscendo dalla chiesa, circondati da tante persone. Si tenevano per mano, scendendo con calma la scalinata della grande chiesa in cui, ricordavo, mi portavano da bambina. Non riconobbi tutti gli invitati.

Mostrò i miei nonni francesi e quelli italiani. Di fianco c'erano Lucia e Alfonso, al tempo allegri e sorridenti, prima che l'alcol li rovinasse.

"Tesoro mio, non piangere", maman si sedette al mio fianco, circondandomi le spalle con un braccio. "Più piangi più sei debole, lo sai". Le allucinazioni erano sempre tanto crudeli.

***

Verso le due tirai fuori lo xanax per dormire. Allucinazioni, ricordi, sensazioni spiacevoli, come il sapore agrodolce che mi aveva lasciato il bacio con Jared.

"Hai gli occhi così vuoti..."

Mi svegliai con la febbre, dovuta di certo alla corsa sotto la pioggia. Una mattinata riempita meditando sulla mia esistenza, con la tentazione vaga di farmi qualche bicchiere con la vodka di scorta.

L'immagine di zio Alfonso mi fece abbandonare la tentazione. Odiavo dover essere sballata totale per non dovermi confrontare con i miei problemi.

L'esperienza con lo zio alcolizzato mi aveva insegnato che lo sballo non è la medicina al dolore. Ti fa stare meglio, certo, può alleviare anche la disperazione più profonda. Per un po'. Quando l'effetto finisce, è peggio di prima.

"La vodka no, la lametta no...", sbiascicai, "forse meglio iniziare con un'aspirina..."

"Ehi, barbie. Siamo curiosi. Come va la conquista?", Mark mi chiamò dopo pranzo.

"Tutto sotto controllo. Ieri ha fatto il primo passo avanti, siamo andati insieme... tu sai dove", lanciai una frecciatina. Conosceva ogni dettaglio sulla ragazza, quindi sapeva la data del suo compleanno. "Eroica resistenza, ma vi mostrerò i risultati"

"Giovanni ti ha procurato la microspia"

Mentre stavo per rispondere, accadde una cosa quasi inquietante. Sentii dei battiti al vetro della finestra, e pensai potesse trattarsi del vento che muoveva i rami dell'albero fuori. Il secondo dopo, i battiti si fecero più forti e precisi, seguiti da una voce ovattata: "Louise, apri perfavor..."

"Ma che cazzo", imprecai, "Mark, ci sentiamo dopo".

Jared si era arrampicato sull'albero, rischiando di catapultarsi al suolo. In pigiama, mi alzai in fretta dal letto per aprire la finestra. Cadde come un sacco di patate sul pavimento, con tanto di smorfie di dolore.

Un battito d'ali su un mare di cicatrici🍃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora