13. Vodka e sigarette

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Sfruttai la vodka per spingerlo a raccontarmi cose di sé. "Facciamo così. Né io né te vogliamo parlare, dunque per ogni domanda a cui non vogliamo rispondere, oppure la risposta è troppo breve, beviamo un cicchetto. Ci stai?". Fece un cenno affermativo. Ci mettemmo sul tappeto, più larghi. "Inizio io. Perché odi la scuola?"

"Non odio la scuola"

"Se non rispondi devi bere...", dissi, per far intendere che ero scettica.

"Non mi trovo bene con molti ragazzi, sono solitario, la scuola mi costringe a passar tempo con persone sgradite. I professori mi annoiano, le lezioni mi annoiano, non perché non sia interessato, bensì perché come spiegano è noioso. A leggere il libro sono capace anche da solo"

"In effetti, sembri annoiato dal mondo intero... tranne me"

"Sono costretto, lo sai". Per un giorno sembrava meno scazzato. Record. "Hai il tabacco? Ho scordato il pacchetto"

Rovistai nel cassetto e glielo lanciai, con cartine e filtri. "Camel blu light. Va bene per un fan di Marlboro rosse come te?"

"Non le sento nemmeno, troppo leggere. Ma non fumo da tre ore, sono in astinenza". Tirò fuori ciuffi di tabacco, li schiacciò sulla cartina per allungarli in una linea; fece scorrere la lingua per incollarla. Ne rollò una in cinque secondi. Talento invidiabile. "Accendino?"

Sfoggiai il suo clipper rosa. "Tipo questo?"

"Sei una stronzetta..."

Sogghignai, ovviamente lo rimisi a posto e ne tirai un altro.

"Tocca a me. Da dove vieni? Hai un lieve accento". Soffiò una nuova cinerea.

"Avignone, sud della Francia"

"Maggiori dettagli, grazie"

Mi sporsi, gli sottrassi cilindro e presi un tiro. "Mio padre è francese, mia madre italiana. Si conobbero in Francia, e li si sposarono e nacqui io". Ogni sillaba era una pugnalata, eppure sentì di doverlo fare, per metterlo a suo agio. O magari perché sembrava davvero interessato a ciò che dicevo.

"E poi?". Riprese la sigaretta fra le dita.

"Hanno deciso di venire in Italia", dissi una bugia. Parlarne, seppure doloroso, mi portava bei ricordi. "Mia madre aveva una grandissima passione per la Francia, sognava di diventare un'insegnante di francese. Insomma, giovane, in uno dei suoi tanti viaggi in Francia si imbatté in mio padre. Non ho idea di come è possibile che si siano innamorati o di come avvenne il resto, so solo che si amavano molto. Ero piccola per occuparmi di faccende come l'amore reciproco dei miei, eppure l'argomento mi faceva impazzire". Mi persi nelle reminiscenze. "Si erano piaciuti fin dal principio, fin dal momento in cui quel ragazzo biondo le aveva versato un drink addosso in un locale. Si sposarono, e iniziarono la loro vita ad Avignone. Tante Jeannette, la sorella di mio padre, vive lì, come stilista"

"Com'è il tuo nome intero?". Mi passò il filtro con naturalezza. Uno di quei gesti che danno chiarezza alle persone, aldilà delle parole, oppure ne confermano alcuni aspetti. Jared era gentile, e non aveva disistima di me; forse, una parte di lui mi apprezzava perfino. Si lamentava di non tollerarmi e poi fumava con me come fossimo stati amici intimi. Un continuo punto interrogativo.

"Louise Lafarge"

"Louise Lafarge... melodioso. Lafarge come la profumeria a Parigi?"

"Quella è Lafayette, idiota. Quindi, tu da dove?"

"Vicino Roma"

"Anche Sole è vicina a Roma", feci notare. "Dettagli..."

Mandò giù un bicchierino. "Okay. Perché ti piace fare sesso?"

Un battito d'ali su un mare di cicatrici🍃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora