34. Organizzare Natale

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Mia nonna materna aveva perso nonno da parecchio tempo, credo da quindici anni. Avevano trascorso tutta la loro vita a Sole. Alla morte di nonno, la nonna, fra la perdita e la solitudine, era caduta in una lieve depressione; e dico lieve perché le era bastato trasferirsi da sua sorella, a Roma, per riprendersi.

Alla fine si era stabilita lì, aveva ceduto la casa a zia Lucia: l'attuale casa in cui vivevamo.

Stando ad Avignone, da bambina non avevo speso con nonna Maria lo stesso tempo che, invece, avevo passato con mamie Babette e papi Jules, i nonni paterni, che vivevano nella casa accanto alla nostra.

Tuttavia, nonna era buona e mi voleva bene. L'incidente aveva distrutto la nostra famiglia al completo, sia me che i nostri parenti.

C'era tante Jeanette, in Francia, che mi chiamava spesso. I nonni anche: mi invitavano da loro, ma io non volevo andarci; tornare lì avrebbe significato rivedere casa mia, che casa mia non era più, e non ero pronta.

Nonna Maria era quella che mi telefonava di più. A volte fingevo di non vedere le chiamate, altre volte prendevo la chiamata per non farla preoccupare.

La telefonata poco prima di Natale poteva indicare soltanto una cosa.

"Ciao, nonna", esordì. "Come stai? La schiena va meglio?"

"Ciao amore della nonna", disse, con voce dolce. Sapevo che stava sorridendo. "Il dottore mi ha dato gli antidolorifici, ma l'età si fa sentire. Tu come stai?"

"Benone. E' di zia Lucia che dovresti preoccuparti. La situazione con zio Alfonso non le rende la vita semplice..."

Lei sospirò. "Sì, tesoro. Passa la vigilia e Natale da noi". Disse ciò che temevo. "Ci sei anche tu? Per favore, fai un regalo alla nonna"

"Nonna", iniziai, come ogni anno. "Posso venire a vederti quando vuoi, non è necessario che sia Natale".

Natale era un periodo particolare. Un fiume di bei ricordi trasformati in dolorosi macigni.

La sera della vigilia, desideravo buio, silenzio e una lametta.

"Amore... così mi metti tristezza... Natale tutta sola..."

"A me mette tristezza il Natale, lo sai. Per favore, non insistere. Verrò a trovarti appena dopo le festività".

***

"Resoconto: La vigilia ci sarà a breve e io la trascorrerò con Jared. No, non la cena. La sera dopo cena. Perché?

Ieri è venuto da me per cose logistiche e bla bla nei giorni del festival: abbiamo prenotato un bnb e il treno. Una sola stanza e due letti, ci mancherebbe. Ho insistito per prendere due stanze, ho paura di urlare o vomitare, ma ha ribadito che in pratica abbiamo già dormito insieme e che "non ci stiamo trasferendo per convivere".

Avevo la televisione accesa sul documentario "la crisi in Burkina Faso", quindi è rimasto con me. Il solito canale divulgativo francese, "Arte", a cui sono affezionata perché papà lo guardava ogni sera. Quando non avevo sonno mi accoccolavo a lui sul divano e mi accarezzava i capelli; i documentari mi annoiavano, e fra noia e coccole mi addormentavo.

Cerco sempre documentari disastrosi. E' qualcosa di pazzesco, ma certe divulgazioni – persone sofferenti, situazioni critiche, bambini malnutriti – instillano in me un'empatia e un senso di colpa tale da farmi star bene. Non nel senso che provo godimento nelle sofferenze altrui, tipo psicopatia: mi fanno sentire fortunata. Ho una casa, sono in guerra solo con me stessa e mangio ogni giorno; non ho molti soldi, ma sono sufficienti a una vita "dignitosa". Sono nata nella parte giusta del mondo. Ho traumi irreprensibili, eppure sono comunque più fortunata di quei bambini.

Un battito d'ali su un mare di cicatrici🍃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora