46. Tenerti per mano

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"La milf non c'è?"

"Louise"

Protestai che lei mi chiamava puttanella. Roteò gli occhi, borbottando che ormai si era arreso. Non c'era, altrimenti non mi avrebbe invitata. "Perché sei trafelata? Eri occupata?"

Risposi che si supponeva un party da un amico di Clarissa, gratuita per una buona amicizia fra noi. Non gli mentivo più.

Trascurai che Jared era dotato di un certo acume. "Ti ha invitata lui?"

Ridacchiai e posai lo strumento. "Quale sarebbe il problema? Abbiamo parlato, ma in effetti non avevo voglia di far festa. Viste le recenti pessime esperienze..."

Si ammutolì. Attaccai la schiena alla scrivania. Riscese la tensione, spesso inevitabile, e spesso parlavamo d'altro, o spargevo un pizzico di ironia.

Era stressato e stressato. Stressato fin da quel sedici settembre: lo stress era uno stato abituale di Jared, ben occultato. Ora però non c'era necessità di mettercisi d'impegno: a rare riprese deflagrava. E sbatteva in faccia come uno tsunami.

"Perché non mi guardi?"

Rovistò fra i detriti ammucchiati nella sua disastrosa stanza e ne cavò Marlboro e il suo adorato clipper. Ecco, appunto. La gamba ballava, si stava surriscaldando.

"Non ho più idea di cosa fare. Lo so, okay? Ma non è possibile che devo pesare parola per parola per non farti innervosire"

"Tu non sai niente", mormorò, in un pugno stretto il bastoncino e l'altro sulla fronte.

"Cristo, ma perché?", sbottai. "Neanche a dire che ho fatto qualcosa per ferirti. Cosa avrei fatto? Uscire con un amico? Sì, abbiamo scopato, l'anno scorso, ubriachi. Romantico, vero? Di cosa cazzo sei geloso? Lo sapevi da prima di innamorarti di me che non ho il conto di quanti ragazzi ho scopato. Maledizione. In più, non avresti il minimo diritto di essere geloso. Ti sto dando fin troppe spiegazioni. Noi non siamo niente. Perché fai così?"

L'ultima sillaba non si era ancora dispersa ancora in aria, che lui già l'aveva sovrastata.

"Perché vorrei essere l'unico per te come tu sei l'unica per me!".

Detonò.

Sospirai, abbassando i toni. "Anche tu sei l'unico per me. Cioè, non nel senso in cui io lo sono per te", misi in chiaro. "Non scopo da tre mesi... dal B-sex... ho baciato soltanto te...", con chiunque sono ti penso, oppure basta un messaggio per farmi passare la voglia...

Mi baciò, a fondo e a fondo. Solite braccia che serrava attorno alla mia vita e labbra fameliche che sembrava volessero succhiarmi il sangue. Rimossi l'inibizione, perché la sua stessa sembrava evaporata.

Oddio. Ci siamo?

Morse l'incavo del collo. "Jared...", sussurrai, voce rotta. "Dio...".

Mi strusciai, socchiusi le gambe, per darmi un po' di sollievo. "Ti prego... Dio... ti sto pregando...".

Si arrestò. Come una macchina che va velocissima e frena di botto. Rimosse mani e labbra. Avevo ancora il fiato corto. "Che c'è?"

Si sistemò le ciocche ribelli e distolse lo sguardo.

"Mi dispiace, Louise".

Freno, freno.

Pazienza, mesi.

Amore.

Fanculo.

"Dio, non posso crederci".

Sfrecciai alla porta, com'è ovvio mi fermò. Lo stesso copione: era un continuo rincorrerci. Un loop inarrestabile.

"Ti voglio. Non sai quanto...", ammise, abbattuto. "Non posso averti. Non così. Sarei come gli altri. Voglio dimostrarti che meriti l'amore. Se mi limitassi a fare ciò che permetti di fare a tutti, non riuscirei a farti capire che non sono come loro. Voglio darti un valore che non sia estetico né sessuale. Voglio che tu comprenda che sarei felice anche passando ore a tenerti per mano".

Un battito d'ali su un mare di cicatrici🍃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora