19. Problemi

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Il pensiero di Yuri chiuso dietro le sbarre mi ossessionò per i giorni successivi. Yuri era un punto di riferimento per me, la persona che mi aveva raccolta a quattordici anni e mi aveva nuovamente fatta sentire apprezzata.

Ricalcai fra le mani i suoi regali, dai tanga sconci ai libri in francese, passando per gli accendini.

Ma chèrie, ma chèrie... ma charmante chèrie... bisbigliai sottovoce, leggendo le scritte caotiche, Jared ha uno dei miei accendini, a proposito.

Nel giro di meno di una settimana drammi su drammi. Senza volerlo, fui io a ignorare Jared. Troppi grilli per la testa, e lui ne era un esempio: fuori dal mio controllo; e soprattutto non cedeva: avevo bisogno di essere al massimo per occuparmi della sua resistenza.

Ciò, tra l'altro, fece capire in definitiva di essere lungi dalla vittoria: che altra tecnica sfoderare? Mi mandava in pappa il cervello. Mi ero ritrovata a chiedermi che cosa stesse accadendo con lui, perché ero in caos. Oppure, tutto il caos della mia vita si mischiava con lui, e mi impediva di vederlo con chiarezza.

***

Il sabato di quella stessa settimana, ebbi il dovere di dire a mia zia del lavoro. Del lavoro che non avevo più. La trovai in salotto, e stavo per sedermi e dirle tutto con la più grande abilità zen mai posseduta – mia zia era fragile, molto fragile, servivano guanti di velluto per darle notizie negative – quando un singhiozzo interruppe i propositi.

Ripiegata su se stessa sul sofà, un fazzoletto al naso, scossa da tremolii, bagnata da lacrime amare.

"Che cosa ha combinato, stavolta?"

Non mi serviva chiedere perché stesse piangendo, né a lei servì chiedere a chi mi riferissi.

"Oh, Louise", piagnucolò, "vieni qui, fatti abbracciare, ti prego..."

Mi avvicinai mio malgrado, per ingraziarmela prima di dirle del licenziamento. Mi feci abbracciare passivamente, solo perché era la sorella di mia madre e la donna più sfigata del pianeta.

"Se n'è andato", soffiò il naso, "con Margherita. Sta con lei adesso. Non vuole divorziare perché non abbiamo i soldi per pagare l'avvocato". Brutto figlio di puttana. Soffiò ancora il naso rumorosamente. "Non ci passerà più nulla... dobbiamo contare sulle nostre forze"

Margherita era una vecchia amica di Alfonso, amica che, per un breve periodo, era stata la nostra donna delle pulizie, a un prezzo di favore. L'unica amica che gli fosse rimasta, a detta sua, e a cui teneva moltissimo. Certo: così tanto che, poco tempo prima, aveva redatto un magnifico discorso da propugnarci per spiegare il suo "vago interesse" per lei. Interesse ora non più vago.

Le nostre forze. Quali erano le nostre forze? Rabbrividii. Chi glielo dice adesso?

Approfittai del tempo che passò a frignare per confabulare. No, dirglielo adesso era fuori questione. Avrebbe avuto un infarto. E per l'appunto: "Per fortuna che Carlotta è così buona con te da lasciarti lavorare sabato e domenica... possiamo cercare di arrotondare con il tuo stipendio..."

Volse gli occhi esausti e speranzosi su di me, incurvata, sembrava la strega di Hansel e Gretel.

"Male che va... potremmo...", tentò, sapevo già che cosa volesse dire, e scossi la testa seccata. La scacciai.

"Non ci pensare proprio. Se scopro che hai minimamente messo mano sul conto mi incazzo, hai capito? Lo sai come divento, quando mi incazzo"

L'eredità di miei. "Ma loro vorrebbero che tu li usassi! Ora ne abbiamo bisogno!"

Balzai in aria, furiosa, non prima di aver detto: "Non c'è bisogno. Io lavoro e tu lavori, no?"


Stizzita, irritata, con la bile montata fino in testa, sfrecciai per le strade; non ci ero mai passata, ma sapevo dove fosse. Eccome se lo sapevo; lo sapevo perché avevo previsto un tale risvolto.

Un battito d'ali su un mare di cicatrici🍃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora