28. Tradimento

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Rapporto malsano con il sesso. Autostima distorta. Magnetica.

La testa mi pulsava. Cercai Mark per avvisarlo di star andando via, e come se non fosse stato abbastanza, nell'angolo della sala, la pelle colorata di luci sfavillanti, lo trovai a un metro da Erika. Stavano parlando. O meglio, lui parlava, lei teneva le braccia conserte, la testa abbassata.

Che combini, Mark?

"Ehi", mi intromisi. Non avevo una bella cera, ma per fortuna l'occhio veniva illuso dalle luci sfavillanti che si proiettavano sulla pelle. "Che stai facendo, coglione?"

Mark colse l'avvertimento, andando via. Mi rivolsi ad Erika, sul volto lacrime mal trattenute.

"Cosa voleva?"

"Niente" tirò su con il naso, "che non si aspettava di vedermi qui. Non riesco a parlargli senza piangere, sono così debole..."

Inaspettatamente, mi abbracciò d'istinto, seppellendo la testa al mio petto. "Sei innamorata", quindi sì, sei debole, era la conclusione. "Io sto andando via. Tu che fai?"

"Cerco le altre...", disse con voce rotta, "li hai trovati, poi?"

"Sì, storia lunga. Dico a Mark che è ora di andar via, okay? Rilassati, nemesi. Ho detto al cantante biondino che l'avrei aspettato a fine serata... rimani ad attenderlo fuori quando tutti vanno via, digli che io ho avuto un contrattempo e attacca briga".

***

Avevo fin troppi problemi per dedicare tempo ed energie anche a Jared.

Non ci sentimmo per non so quanto. Contavo e ricontavo i miseri soldi che tenevo da parte, aggiungendo i soldi delle ripetizioni.

Avevo anche i gingilli di casa Evans. Già. Avevo tentato di venderli, ma qualcosa me l'aveva impedito.

Erika non se lo meritava; era già stata molto generosa con me, una cifra esagerata per un'ora di ripetizioni. Li riportai al loro posto.

Resta il fatto che perdere al minimo di stipendio precedente aveva significato rinunciare a un misero supporto di sicurezza per gli stipendi dei miei zii, ora soltanto di zia.

Essere poveri, o senza soldi, o potersi permettere il minimo, significa perdere anche le certezze più semplici. Significa che la gonna bucata un giorno sarà ancora più bucata, che gli stivali consumati e vecchi mi sarebbero stati ancora più stretti, ma avrei dovuto usarli comunque, perché è così che fai quando non hai soldi.

Soldi o fedeltà? Soldi o ideali?

Mandai un messaggio lampo a Clarissa per chiederle del prossimo incontro del Club del dildo.

"Non eri stanca dei falsi discorsi powerful?"

Mentì: "Non ho molto da fare. Prendiamo una birra e poi andiamo, ti va?"

"Certo! Venerdì alle nove".

La ragazza non era per niente male.

Sopportai la tortura dei patetici discorsi motivazionali, e con coraggio mi accostai al giaguaro. Un'aurea di autorevolezza da irretire. E ci accordammo.

***

Con le calze a rete e un vestitino stretto viola, seguì Noemi per incontrare Fontana. Possedeva tre locali notturni verso periferia, di cui uno, il Black Pearl dove teneva il suo ufficio, era di spogliarelliste; molte di loro, però, come era noto, si prostituivano. Un business molto redditizio, un bordello mascherato da night club.

Fontana – diminutivo di "fontana di soldi" – era più un pappone che un master della droga. Lenocinio, termine dotto che avevo appreso dai miei amici. Nel giro della droga aveva affari controversi e irrisori, perché nati da poco; non a caso la disputa con il gruppetto di Mark e Yuri era iniziata da relativamente breve tempo.

"Fontana ha bisogno di gente valida", aveva asserito Tamara, dai capelli castani lunghissimi, la lunghezza della schiena. "Te la senti?"

Una sorta di primo colloquio con la sua socia. Mi scorreva nelle vene sangue congelato.

Nel suo ufficio, ai piani alti, l'uomo mi attendeva immerso in un mare di cuscini multi-cromatici, con nella mano destra un bicchiere in cristallo riempito di whisky. La stanza era pulita all'inverosimile, ostentava una ricchezza spaventevole, con quadri di valore e poltrone lussureggianti, con due scaffali pieni di bottiglie di liquori e vini pregiati. Egli stesso era uno snob: orologi e catene di lusso, una polo bianca che si opponeva alla carnagione olivastra, rughe accennate, e un viso losco, dallo sguardo borioso.

L'incontro non durò molto. Tamara, portandomi da lui, aveva avuto un'aria disinteressata e sbrigativa; lui si prese il suo tempo. Gli disse che avrei voluto lavorare per loro.

"Lasciateci soli" ordinò, ed esaudito l'ordine, domandò: "Un whiskey, tesoro?"

Scossi la testa e chiesi del vino. Da lì si adoperò ad un assurdo sproloquio. "Rosso?" Lo versò senza attendere risposta. "Il vino mi riporta a un aneddoto interessante. Sai come si dice consegnare in latino?"

Ovviamente replicai di no.

"Tradere", disse, aggirando la scrivania. "In italiano ha cambiato significato. Fa riferimento a quando Giuda tradì nostro signore Gesù Cristo..."

"Tradire" soggiunsi. E compresi il senso del discorso.

"Ti ho vista in giro, con i due baby boss della droga". Mi porse il bicchiere e si sedette di fronte a me.

"Voglio lavorare. Amicizie e cose simili da parte", precisai, volendo intendere che doveva considerarmi come "un'impiegata" qualsiasi.

"Il tuo amico è convinto che io l'abbia spedito dentro. Comprensibile. Ho vari soci, ma sono il più importante, è naturale abbia puntato su di me", disse. "E sono l'unico con cui hanno intrattenuto rapporti. Io non sono stato e non so chi sia stato. "

Avrebbero potuto boicottarmi, mettermi nei guai con Yuri oppure chissà. Dissi che avrei fatto attenzione.

"Bene", commentò. "Per ogni bustina prenderai una somma. Ho insistito nell'incontrarti per una proposta migliore: ci siamo incrociati tramite Yuri a più riprese, ti avevo già puntata, e Noemi e altre hanno confermato la scelta. Potrebbe renderti il quadruplo..."

"Se si tratta di fare spogliarelli e scopare per soldi, non sono interessata". Era perciò che ci teneva a vedermi, non per parlare di spaccio.

"Se cambi idea, l'offerta è valida. Mi hanno parlato di te. Ho molte puttane, ma quelli ricchi non sborsano per una qualunque, vogliono le migliori. L'élite". E mi congedò.

La mia fama mi precedeva.

"Mi farà vendere nei suoi locali. Cristo, che ansia", imprecai sottovoce, con Noemi.

"Tieni" dice, offrendomi una pillola bianca e piatta "Con questa sarà più facile la prima volta".

"Guarda che sto benissimo"

"Se lo dici tu". Fece per riprendersela, la mandai giù veloce, aggiungendo una scusa: "Solo per sballarmi. E comunque mi devi un favore per il caffè dell'altra volta."

***

La prima volta ebbi davvero un'ansia tremenda, affiancando due o tre slave al bancone; credo che le avessero messe lì di fianco per controllarmi. E la roba non era per clienti qualsiasi; erano ancora in pochi, se messi a confronto del gruppetto che girava attorno a Yuri.

Filò tutto liscio. L'apprensione si dissolse quando ricevetti le prime paghe. E di lì a poco Tamara si fidò tanto da lasciarmi scorrazzare libera.

Non dissi mai a zia di aver perso il lavoro: feci passare i soldi di Fontana per quelli del vecchio lavoro da cameriera. Non tutti. Spacciando guadagnai come minimo il triplo delle misere ore da cameriera.

Mascherai la vicenda, sentendomi penosa e traditrice. Il senso di colpa non scomparve mai.

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Nota: Ciao a tutti! Mi scuso di aver saltato il capitolo la settimana scorsa, ho avuto troppi impegni :(

Questo è un breve capitolo di passaggio! Probabilmente pubblicherò un altro fra pochissimi giorni😇

A presto 💕💕

Un battito d'ali su un mare di cicatrici🍃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora