12. Insonne

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Nothing Else Matter venne rovinata dal campanello. Restare in camera non aveva senso contro la battaglia per restare vigile. Aprì la tapparella e le tende, per far filtrare i raggi, accesi una candela per combattere l'odore di chiuso.

Non c'era nessuno in vista dentro casa. Indossai pantofole e vestiti comodi, sembravo uno zombie, ma che importava? Lucia e Alfonso non avevano molti amici, semmai conoscenti.

La spalancai, accecata dalla luce, impiegai tempo a mettere a fuoco la figura.

"Mi dispiace. Non so che mi è preso. Sono uno stronzo, ma non uno stronzo crudele, e ciò che ti ho detto è orribile"

"Ti ho detto che hai ragione, mi pare...". Rilasciò un sospiro. Il ciuffo gli cadde davanti, si poggiò allo stipite. "Non mi importa se sei schietto con me. Anche questa tua mossa di gentilezza non cambia il fatto che ti faccio schifo. Sono la prima ad essere schietta e crudele, ma a differenza tua non sono così ipocrita da chiedere scusa per fare bella figura. Hai dimostrato molte volte quanto mi disprezzi, stavolta l'hai solo reso più chiaro".

Sospirò esagerato, come in estremo pentimento, a ripetizione. "Non mi fai schifo. Cioè, non più. La prima volta che ti ho visto ho pensato fossi una poco di buono senza cervello. Invece dopo che abbiamo passato, pure se poco, tempo insieme... beh, hai un cervello, ne capisci di musica, sai suonare, perfino quelle riflessioni sulla Bella e la Bestia. Mi fanno schifo le puttane senza valore, ma... tu hai un valore", qualche secondo di pausa. "Quello che volevo dirti è che penso che sia tu a non sfruttarlo. Ho detto una bugia, perché in realtà non puoi più farmi schifo, perché anche se non lo mostri, ormai l'ho visto. All'inizio sono stato fuorviato. Comunque è una tua scelta, non sono fatti miei". Poi mise in chiaro: "Oh, non vuol dire che ti sopporto o mi stai simpatica. Sei lo stesso irritante e fastidiosa come una mosca e... cazzo, non fare quel sorriso, non ci vengo a letto con te".

Ebbi un déjà-vu degli incoraggiamenti di Lorenzo. "Quale sorriso? Non ci avevo nemmeno pensato. Sei tu che continui a dirlo".

Si guardò attorno, imbarazzato. "Mhmm. Ho una bottiglia di vodka Lemon in camera e i James Hetfield che urla in sottofondo. Ti va?" suggerì.

Serrò un pugno, ma non era arrabbiato, piuttosto era un modo di sfogare il nervosismo. Lo faceva di continuo. Mi seguì titubante per le scale.

Appena entrato nella camera, si espresse: "Le pareti e le tende nere mi inquietano. Però le frasi in bianco sono belle, molto creativo". Mi avvicinai alla mensola per togliere la foto e nasconderla sotto il cuscino, approfittando della sua distrazione.

"Sono citazioni di libri, canzoni, film, o qualsiasi mi resti impressa".

Mi lanciai sul materasso. Ero davvero stanca, mi pentì quasi di aver invitato Jared; malgrado ciò, non vedo l'ora di mettere in pratica il mio piano. Lui studiò interessato le mensole della libreria.

L'intro di The day that never comes era leggero nell'aria. Mi posai a gambe incrociate sul letto: non potevo stendermi, sarei crollata. "Adoro questa canzone..."

Sedette alla mia sinistra. "A me piace più The Unforgiven three, è nello stesso album", commentò. Annuì, ad occhi chiusi; la luce mi infastidiva. "Ho provato a suonarla, ma servono due chitarristi"

"Ti aiuto io, se vuoi...", mugolai. Devo svegliarmi, ho Jared nella mia camera, quando mi ricapita?

"Ti ho dato un nuovo motivo per tormentarmi"

"Colpa tua" sbadigliai, al che iniziai a darmi schiaffetti in faccia.

Corrugò le sopracciglia. "Sembri esausta. Hai dormito?"

Un battito d'ali su un mare di cicatrici🍃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora