3. Sono marcio dentro

79 4 3
                                    

"Ehi, fratello. Sbaglio o ci siamo già visti da qualche parte? Il tuo viso mi è familiare..."

Jared fece un sorrisetto irritato. "Molto divertente", commentò, sarcastico. Si fece serio, quasi minaccioso: "Senti, lo so che ti diverte fare il bulletto, ma devi ridarmi il clipper. Se fosse uno qualsiasi lascerei correre, ma è importante".

Tese il palmo, in attesa, aspettando davvero che Giovanni glielo lasciasse senza proferire. Infatti, scoppiammo a ridere, eccetto Lorenzo. "L'hai sentito, cazzo? Te lo devo, fichetta, hai coraggio".

"Dimmi un po', Jared". Non riuscì a non intromettermi. "Da dove viene il tuo nome? E' così sexy, esotico...", ammiccai, abbassando il tono di voce, leccandomi le labbra.

Mi degnò di un'occhiata veloce: "Non ne ho idea. Giovanni, giusto? Per favore, dammi il clipper, così la finiamo".

No, no, no. Mi aveva ignorata? "Jared, Jared, Jared... Jared... suona proprio bene... dev'essere eccitante quando... sai...". Feci l'occhiolino, mi sporsi in avanti per mettere in mostra la scollatura. Giovanni rilasciò un risolino, per niente intenzionato ad assecondarlo.

"Perché? Sei un piccolo finocchio? Per questo è rosa?". Gli altri risero ancora, ed è a quel punto che iniziò a scomporsi.

"Cristo, scendi da quel piedistallo. Solo perché non sono interessato alle tue avances non vuol dire che sono gay. Ti assicuro che sono del tutto etero". Ora i suoi bellissimi occhi non erano più concentrati su Giovanni, bensì mi fissavano. Restai incatenata, senza alcuna voglia di spezzare la meraviglia e il benessere istantaneo che mi crearono.

Non mi feci intimidire. Lo squadrai dall'alto in basso: "Peccato".

Non finisce qui, caro Jared.

Suonò la campanella, il che lo spinse a sbuffare ed entrare senza il suo adorato clipper. Prima di fare lo stesso, fermai Giovanni: "Lo so che potrebbe essere il tuo prossimo spasso, ma devi lasciarmelo. Scaverò in lui fino a farlo pregare. Voglio fargli cose che non vuoi sapere"

"Se te lo lascio lo voglio sapere. Ti do cento euro se fai un video mentre te lo scopi". Cacciò il clipper dalla tasca e me lo lanciò.

"Vedremo. Perché no?". Entrammo giusto poco prima di chiudere le porte.

Eravamo all'ultimo anno, in classi diverse, e ugualmente lieti di lasciarci alle spalle le superiori. Avevo bisogno di raccogliere informazioni su Jared, in che classe si trovava in primis.

Fui l'ultima a mettere piede in classe, ricevendo soltanto una manina svolazzante dal secondo banco, da una ragazza mora. Le feci un cenno di rimando, ricevendo un sorriso troppo gentile.

Fin dal primo superiore, non avevo mai avuto rapporti amichevoli con i miei compagni di classe. All'inizio ci avevo provato, ma ognuno a modo suo, erano un po' schivi; e dopo perché si era iniziato a parlare in giro delle mirabolanti imprese del mio gruppetto e saggiamente si erano allontanati.

Nella mia classe, però, c'era un'eccezione, un qualcosa che, negli anni, era riuscito a destare in me un sentimento molto simile all'empatia. Erika Evans. La mia nemesi, sia a livello fisico che caratteriale. Figlia di un imprenditore dalle origini americane, una riccona viziata e frivola, capace di spendere soldi su soldi per gadget degli One Direction: o almeno, quello che credevamo.

Sin da quando lo conosco, Mark ha un odio incontrollato verso le persone ricche e superficiali. Così, fra il terzo e il quarto anno, avevamo architettato un piano, che prevedeva lui come protagonista: conquistarla – molto facile vista la sua smisurata popolarità con le donne – e spillarle qualche soldo. Tutte lo desideravano, perché bello e intelligente, pur sapendo il suo meschino riguardo verso il prossimo, soprattutto verso le ragazze usa e getta.

Un battito d'ali su un mare di cicatrici🍃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora