37. L'amore è...

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Non è vero che gli amanti "felici" non hanno ragione di uccidersi. Per commettere un doppio suicidio c'è bisogno di pensare: "Se sarai tu a uccidermi, la morte sarà dolce. Se morirò con te, la morte perderà l'oscurità".

L'amore felice, compiuto, non esiste. Amarsi è farsi del male, pentirsi, curarsi e ricominciare. "La relazione fra due amanti è come una relazione fra un carnefice e una vittima: c'è sempre quello dei due che ama un po' di più dell'altro, e soffre di più", come scrisse Baudelaire.

Dunque perché si ama?

Me l'ero chiesto tante volte. Così come mi ero chiesta cosa ci fosse dietro alla leggenda dei due amanti suicidi della casa maledetta.

Cosa li aveva spinti a uccidersi?

Problemi economici? Troppo venale. Sprezzo della vita? Titanico. Uno dei due era depresso?

Questa mi emozionava. Immaginai uno – tentiamo la donna – che nel tempo inizia a soffrire di depressione: la depressione non nasce dal nulla, è un climax. L'uomo tenta di arginare la malattia, ma lei alla fine si ammala. E se è vero che l'amante sente l'amato sottopelle, l'amante soffre tanto per lei da avvertire addosso ogni suo dolore. Forse si ammala anche lui; o forse, lei soffre tanto da scegliere la morte. Lui preferirebbe morire piuttosto che vivere senza di lei.

Due dosi di morfina. Oppure due cappi appesi. O un cappio solo.

L'avevamo rinvenuta con pezzi corde e una grossa chiazza rossa stampata al pavimento. Come si collegano tali elementi a due suicidi?

Doppio suicidio. Folle e a suo modo romantico. Un gesto estremo condiviso con qualcuno.

Com'è sentirsi parte di qualcun altro? Un'estensione di se stesso. Soffrire o gioire perché l'altro soffre o gioisce. Mettere se stessi nelle mani di un altro, sapendo che, prima o poi, volendo o non volendo, ti farà del male. Ne vale la pena di gettarsi in qualcosa che sai già ti farà star male?



Avevo le dita gelide, le misi in tasca. La casa maledetta era "ultramoderna": c'erano candele nel cassetto, lucine a batteria alle pareti, attaccate con lo scotch. Idea mia. A loro non importava di renderla più carina o tentare di renderla più vivibile: gli bastavano sedie, tavoli e divani per bighellonare.

Io la volevo come un posto dove rifugiarmi, infatti ero quella che la frequentava di più. Al primo piano c'era un terrazzino. D'estate mi piaceva ammirare le stelle, spesso anche con Lorenzo.

Yuri aveva guidato Jared nei quaranta metri quadri del piano terra, spiegando nel dettaglio la nostra idea di "riarredo". Salotto e cucina erano uniti, e poiché la cucina non era utilizzabile, era una grande sala; sbucava uno stanzino di due metri quadri, un ripostiglio, un mobiletto tempestato di liquori, che Yuri mostrò orgogliosamente.

"Niente riscaldamenti, né acqua, né bagno, ma tre bottiglie di rum, due gin, Malibù, vodka, whiskey, grappa. Questa sì che è una casa confortevole..." commentò Jared.

Il pavimento con mattonelle ocra rotte e macchiate, le mura scrostate, un posto per tossici o ragazzini ribelli che cercano di capire cosa farne della propria vita e, nel dubbio, bevono.

"Perfino un quadretto. Cos'è questo?"

Una nostra foto di gruppo. Era l'inaugurazione della casa maledetta, pochi giorni dopo averla rinvenuta. C'eravamo io, Yuri, Mark e Giovanni in cerchio, con una bottiglia di birra ognuno, alzata in aria per brindare.

"Bei tempi. Io e ma chèrie eravamo amanti passionali. Mi ha mollato e mi ha spezzato il cuore. Ora non me la posso più nemmeno scopare", replicò, in piedi accanto al ragazzo che studiava la cornice.

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