𝗈𝗇𝖾.

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𝐋a pioggia scendeva veloce fuori dalla finestra aperta, facendo entrare da essa un leggero odore di terra bagnata.

Nives stava con la testa china sul banco, mentre la sua compagna di banco Mellory le parlava del suo fidanzato.

Lei e Mellory erano amiche dalle elementari, erano praticamente cresciute insieme e nonostante la diversità che scorreva tra di loro, erano sempre andate d'accordo.

Puntualmente però, Nives si paragonava a lei.

Osservava la minima differenza di altezza che c'era tra le due, oppure la differenza di forme, anche se dopo poco smetteva di pensarci.

Però c'era una cosa a cui non smetteva mai di pensare: la netta differenza tra la fama di Mellory con i ragazzi e la sua.

Tutti i ragazzi che conoscevano prima o poi iniziavano a provare sentimenti amorosi per Mellory.

E lei?, a lei piaceva essere preferita rispetto alle altre, e quindi puntualmente diceva che quei sentimenti li provava anche lei, ma era tutta una menzogna.

Così iniziavano le infinite relazioni di Mellory, che poi si concludevano con i ragazzi che venivano scaricati.

Alcuni la definivano "puttana" , Nives pensava solo che fosse solo tremendamente insicura.

Mellory aveva bisogno di continue rassicurazioni da parte di altri per sentirsi bella e accettata.

E Nives?, Nives aspettava quelle attenzioni che per Mellory erano abitudine.

Spesso si chiedeva perché nessun ragazzo volesse starle attorno più di tanto, e le ragioni possibili erano due:

Perché non era una ragazza facile come le altre, o perché era destinata a rimanere zitella a vita, come le diceva la sua professoressa di greco.

Un'altra cosa che Nives si chiedeva era come fosse possibile che Mellory si fosse iscritta al classico, dopo che per anni le aveva espresso costantemente il suo odio per quel liceo, ma ormai erano lì.

«Oh guardate, c'è Nives!», disse qualcuno, e la mora alzò la testa confusa.

Si rese conto dopo della miriade di fiocchi di neve che sostituirono la pioggia, e sorrise leggermente.

Spesso capitava che i suoi compagni la prendessero in giro per il significato del suo nome, ma lei non ci faceva molto caso.

Le piaceva il suo nome ed il suo significato, la rappresentava.

Quando uscì da scuola, decise di fumarsi una sigaretta prima di andare a lavoro.

Nonostante avesse solo 17 anni, Nives lavorava per potersi permettere le sedute dalla sua psicologa, visto che i genitori sin da subito si rifiutarono di aiutarla con i pagamenti.

Nives spense la sigaretta ormai finita, per poi tornare al bancone e lavorare.

Quel giorno, stranamente, vennero poche persone al bar.
Raramente venivano persone adulte, la clientela si concentrava soprattutto sulle teenager.

Nives si interrogò sul perché, insomma, lavorava nel bar più conosciuto del centro di Magdeburgo!, non era mai capitato che il locale fosse così vuoto.

Finito il suo turno di lavoro, alle 8 in punto, Nives si incamminò per andare dalla psicologa.

Mentre camminava, guardava i cartelli per le strade di sfuggita, ma uno la fece fermare per qualche secondo.

Il cartello in questione, parlava di un concerto che si sarebbe tenuto proprio quel giorno, di una famosa band, i Tokio Hotel.

Sul cartello venivano mostrati 4 ragazzi: il primo con i capelli castani e lunghi fino alla spalla.
Il secondo aveva dei dread biondi e castani, con un cappello con visiera.
Il terzo aveva i capelli neri, leggermente sparati e del trucco nero sugli occhi.
L'ultimo, invece, aveva dei corti capelli biondi.

Nives aggrottò le sopracciglia castane: se questi qui erano davvero così famosi, perché lei non li conosceva?.

Alzò le spalle inconsciamente, e poi cominciò a capire che magari era proprio per quel concerto che il bar quel giorno era totalmente vuoto.

Disinteressata continuò il suo cammino per arrivare dalla psicologa, sperando di non trovare la madre incazzata nera come sempre, al suo ritorno a casa.

Entrò nello studio della psicologa dopo aver bussato al citofono e aver salito quattro rampe di scale.
E come sempre aprì la porta con il fiatone.

«Buonasera, Nives», la dottoressa la accolse con un sorriso.

«Buonasera», salutò la ragazza guardando altrove.

Questa era un'altra cosa che usava per paragonarsi a Mellory.

La rossa quando parlava guardava le persone negli occhi, sicura.
Invece lei iniziava a sudare ed era obbligata a guardare altrove.

«Allora, come stai?», le chiese la dottoressa, facendole cenno di sedersi sul divanetto di pelle nera.

«Stranamente bene.», disse la ragazza con tono basso, guardandosi le mani.

«Anche se per colpa di una boy band di sto cazzo il bar era quasi completamente vuoto», sbuffò.

«E comunque ho avuto solo due attacchi d'ansia oggi», iniziò a mangiarsi l'unghia del pollice della sua mano destra.

«Non mi avevi detto di stare meglio?», chiese la dottoressa, aggrottando le sopracciglia e guardando i suoi appunti.

«Dottoressa, l'ansia c'è a priori nella mia vita, dovrebbe saperlo», disse facendo finta di aggiustarsi il giubbotto.

«Nives..»

«Lo so, dottoressa, "l'ansia va combattuta"»

In seguito ci fu il silenzio.

«E continuo a paragonarmi alla mia migliore amica, se è questo ciò che si sta chiedendo», si morse l'intero guancia.

«Nives, secondo me dovresti lasciarla perdere, perché il fatto che a distanza di anni, tu continui a paragonarti a lei, non va bene», disse la dottoressa, guardandola dolcemente.

Nives questo lo sapeva, lo sapeva fin troppo bene.

Sapeva di dover lasciare andare Mellory, ma senza la sua migliore amica, lei sarebbe stata sola.

Non aveva nessuno: altri amici, un buon rapporto con i genitori, né tantomeno un fidanzato.

Lei si stava facendo prosciugare dai pensieri che Mellory la portava a fare, pur di non restare sola.

E questo faceva male solo a lei.

EIIII!
come state amori?, che ne pensate di questo capitolo?, fatemi sapere!.
love u all ❤️😼
~cri<3

𝐌𝐀𝐆𝐃𝐄𝐁𝐔𝐑𝐆→𝖻𝗂𝗅𝗅 𝗄𝖺𝗎𝗅𝗂𝗍𝗓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora