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Victoria


"Fu in grado di stregarmi e pervadermi l'anima con la sua oscurità. Le sue tenebre gli giravano attorno e coinvolsero anche me. La gente normale mi avrebbe consigliato di stargli alla larga, La mia vocina nella testa mi invitò ad ignorarlo, Ma io, invece, non potetti più farne a meno."
Victoria Brown


12 anni prima...
Osservai a lungo la figura di mia madre mentre era intenta a sciacquarsi il viso e a disperarsi nel bagno di casa. La spiai da dietro la porta e notai l'occhio destro accerchiato da un livido, una guancia arrossata e il labbro sanguinante. Cercò di pulirsi come meglio potesse, ma questo non le restituì il sorriso.
Aprii un barattolo di crema e la sparse attorno a quella macchia verde e poi indossò un paio di occhiali da sole. Al contempo sentii i passi di mio padre lungo le scale e dopo qualche secondo la porta di casa sbattere molto forte da far riecheggiare il suo rumore sino al piano di sopra.
Quando capii che mia madre aveva finito, mi allontanai subito tornando in camera mia a passo svelto. Per fortuna la mia cameretta era a pochi passi di distanza dal bagno di servizio; quindi, riuscii a raggiungerla in fretta. Appena entrai in camera, afferrai subito la mia bambola e cominciai a giocarci, come se non avessi visto nulla. Come se non avessi visto mia mamma piangere.
«Tesoro?», bussò alla mia porta e poi entrò. Io girai il mio sguardo verso di lei che nel mentre si avvicinò e si sedette al mio fianco. «Oggi hai il laboratorio artistico, non è così? Ti accompagno io questa volta», mi baciò la fronte e potetti sentire le sue labbra screpolate a contatto con la mia pelle.
«E papà?» Le domandai. Sospirò, tirò su col naso e girò il suo sguardo dall'altra parte.
Non potetti vedere i suoi occhi, ma potetti sentire il suo cuore in mille pezzi. «Papà è dovuto uscire per lavoro, ma ci sono io con te.» Un flebile sorriso le contornò il viso, per poi rialzarsi. «Allora, andiamo?» Allungò la mano verso di me, ma io esitai ad afferrarla. «Che c'è amore?»
«Perché porti gli occhiali da sole?»
Lei trasalì. «La luce di fuori mi dà fastidio, preferisco tenerli su», si giustificò.
Ci pensai un po', poi chinai il viso. «Ma piove», sottolineai guardando il cielo nuvoloso e le gocce di pioggia che battevano insistentemente sulla finestra.
Lei deglutii. «Cosa sono tutte queste domande, Vic? Dai andiamo.» Mi afferrò la mano e mi fece scendere dal letto.
Uscimmo immediatamente da casa e facemmo giusto in tempo a raggiungere l'auto, prima che la pioggia si facesse più fitta e forte. Io mi allacciai la cintura e mia madre mise in moto l'auto. Poi accese la radio e partimmo in pochissimi secondi.
Rimasi in silenzio, spostando il viso verso il finestrino. Guardai il paesaggio di Brooklyn contornato da nuvoloni e pioggia. Anche mia mamma restò in silenzio, poggiando la testa sul cuscinetto del sedile del guidatore.

«Perché piangevi prima?» A quella domanda premette il piede sul freno violentemente. «Ma cosa stai dicendo, Victoria? Mi era entrata un po' di polvere nell'occhio, come ben sai le pulizie di primavera non sono mai facili. Abbiamo così tanti scatoloni da sistemare che la troppa polvere mi ha procurato una bella allergia all'occhio.» Cercò di calmarsi, per poi sorridere.
Restai di nuovo in silenzio, non spiaccicando più parola.

Dopo pochi minuti scarsi arrivammo al laboratorio d'arte e disegno. Mia mamma decise di iscrivermi perché diceva che ero brava a disegnare e che sarei migliorata tantissimo. In realtà lì feci anche amicizia con altri bambini e mi trovavo abbastanza bene. Scendemmo subito dall'auto e ci dirigemmo verso la porta d'entrata. Ad accoglierci c'era la mia insegnante di disegno che ci salutò con dolcezza.
«Ciao tesoro e fai la brava», disse mia madre mentre mi lasciò andare.
«Ciao mamma», risposi.
«Signora, prima di andare...» Sentii la voce della mia insegnante. «Le devo parlare un attimo di sua figlia. Più che di sua figlia... Dei suoi disegni.» Deglutii fermandomi al capolino della porta. «Venga con me.»

The Silence of a PromiseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora