Victoria
«I can't love you in the dark
It feels like we're oceans apart
There is so much space between us
Maybe we're already defeated»
Love in the Dark (Adele)
Due settimane dopo...
Non ho mai avuto paura della morte, ma diverse volte mi sono chiesta cosa ci fosse dopo. Ho sempre riflettuto su come la vita sia un soffio di vento: un attimo prima ci sei, poi un'ondata di aria ti spazza via in uno schiocco di dita, e subito dopo non ci sei più.
I funerali della madre di Derek si svolsero il giorno dopo del decesso. Fu una cerimonia molto intima: vi partecipammo io, Thompson e pochissimi dipendenti dell'azienda. Non vidi traccia della sua famiglia, parenti o amici.
Mi resi conto di come Derek Moore fosse una persona sola, incastrato tra il suo alter ego e la sua mania di controllo.
Dopo i funerali non lo vidi più per due settimane. Si prese dei giorni di fermo, e mentre i progetti aziendali e il mio stage andarono avanti, di lui non ebbi nessuna traccia.
Gli mandai alcuni messaggi, lo telefonai diverse volte, ma, sembrava essere sparito nel nulla.
Desideravo solo sapere se effettivamente stesse bene, cosa stesse facendo o pensando, ma non me ne diede la possibilità.
La morte di sua madre l'aveva stravolto e stravolse anche a me.
Mi asciugai una lacrima dal viso, mentre ripensai a quel momento. Derek inginocchiato ai miei piedi, così tremendamente vulnerabile come non l'avevo mai visto. Le lacrime che scesero imperterrite dai suoi occhi rossi e gonfi, la sua debolezza e il suo magone che mi portai nel cuore.
Quell'uomo sembrava così indistruttibile, eppure anche lui si portava dietro le sue debolezze, e per la prima volta dopo mesi me lo dimostrò.
Mi sedetti su una poltroncina con una tazza fumante di caffè in mano e mentre i miei occhi erano attratti dai nuvoloni nel cielo di Brooklyn, riflettei ancora su quel giorno.
Meredith.
Meredith aveva un volto famigliare, come un dolce ricordo lontano.
Ma anche il suo nome non mi era nuovo.
Meredith.
Come un eco che riecheggiava nella mia testa, ma non riuscivo a capire da dove provenisse.
Mi sforzai di ricordare, ma la mia mente non ne voleva sapere. Era come se fossi bloccata in un loop temporale. E mentre vagavo alla ricerca di un qualche ricordo che potesse farmi capire, il cellulare mi vibrò. Lo afferrai subito con ansia, sperando che fosse lui.
Lessi il nome sullo schermo, sospirai e portai il telefono all'orecchio.
«Alexa», risposi sorseggiando la tazza di caffè.
«Victoria!», la sua voce squillò dall'altra parte della cornetta con estremo entusiasmo. «Questa settimana ti ho concesso di sparire ma sappi che adesso non potrai dirmi di no!»
«Per l'ennesima volta ti chiedo scusa Alexa», le dissi e quasi non mi salì un groppo nella gola.
«Lascia stare, è stata una settimana molto intensa... Io e quel tipo di cui ti parlai, be'...», si schiarì la voce. «Ci stiamo ufficialmente frequentando», ridacchiò donandomi un leggero sorriso sul volto.
E chi l'avrebbe mai detto...
«Alexa Water... Ti ha dato di volta il cervello per caso?», dissi con una velata ironia.
«Dimmi quello che vuoi Vic, ma mi ha conquistata! Non so spiegartelo... Non riesco a stargli lontana!»
Sorseggiai un altro po' di caffè, mentre la sua voce felice ed entusiasta mi fece accantonare per un attimo la realtà che stavo vivendo in quei giorni.
«Sono felice per te Alexa, davvero. Solo...», sospirai stringendo fortemente la tazza fumante. «Sta attenta», dissi tutto d'un fiato. «Non possiamo fidarci di nessuno se non di noi stesse.»
«Ti senti bene Vic?»
«Sì, però non voglio che passi ciò che ho passato io.»
«Non accadrà. È una brava persona.» Tentò di rassicurarmi e io cercai di non lasciarmi prendere dal panico e dall'ansia.
«Okay.»
«Vorrei fartelo conoscere!»
Deglutii quel poco caffè che mi era rimasto nella bocca. «Non credi che sia troppo presto? Forse dovete conoscervi meglio prima di...», m'interruppe.
«Sei la mia migliore amica e ho bisogno di un tuo parere. Mi vuoi bene?»
Alzai gli occhi al cielo e poggiai la schiena al tessuto morbido del sofà.
«Sì che te ne voglio», dissi poggiando la tazza sulle gambe per scaldarle.
«Ci vediamo stasera al Gemini!», esclamò.
Cosa?
L'ultima volta che entrai in quel locale fu quando Derek ebbe il piacere di conoscere Luke. Credevo di aver rimosso quel posto dalla mia vita.
«Al Gemini?», domandai esterrefatta. «Un aperitivo in tranquillità no?», dissi ironicamente.
«Non fare la noiosa! Ho da fare un'esibizione, prima della mezzanotte non mi libero. Sarà un modo per voi per fare amicizia!»
Gesù.
Tutto avrei voluto, tranne quell'invito dell'ultimo momento, in un posto in cui non sarei mai voluta ritornare. Mi passai una mano fra i capelli, desiderosa di dire di no.
«Me lo devi visto che da quando lavori in quell'azienda sei completamente sparita!»
Dai Vic, solo per questa sera.
Mi morsi ripetutamente il labbro e chiusi gli occhi trovando il coraggio di dirle di sì.
Gli e lo devi.
«Okay... Okay Alexa», dichiarai arrendendomi al suo volere.
«Sei la migliore! Ti amo! A stasera Vic!», urlò stordendomi un timpano per poi riattaccare.
A peso morto mi buttai di schiena sul divanetto, pentendomi immediatamente di quella scelta.
STAI LEGGENDO
The Silence of a Promise
RomanceHo fatto un gioco con un Piccolo Bocciolo di Margherita. La bambina mi ha promesso di non parlare. E se avesse parlato, le avrei staccato i suoi petali e le avrei fatto male. Proprio come hanno fatto con me. Ho fatto una promessa. Non ricordo ben...