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Derek

"Il dolore mi nutre. La mia anima non smette di fare a meno dell'oscurità. E sarò pronto a soffrire, per riuscire a fiorire, un giorno."
Derek Moore


13 anni prima...

Infilai le mani nelle tasche. Il freddo mi stava entrando nelle ossa. Stavo tornando a casa da scuola e sicuramente il tempo non era dalla mia parte. Il cielo era nero, le nuvole non lasciavano spazio neanche a uno spiraglio di luce. Le strade erano vuote: quel giorno tutti i miei compagni di scuola vennero presi dai propri genitori, proprio perché si parlava di allerta per maltempo.
Io fui l'unico a tornare a piedi.

Camminavo a passo svelto perché non sopportavo la pioggia, e ben che meno che mi bagnassi. Eppure, riuscii ad avvertire una presenza dietro di me. Un'ombra che mi seguiva e perseguitava da quando ero uscito fuori dalle quattro mura della mia classe.
«Ehi, stronzetto», sentii una mano tirarmi il cappuccio del giubbotto. Feci due passi dietro e poi mi voltai. «Credevi di passarla liscia?»
Ancora lui.
Cole Anderson era il mio più grande incubo.
«Cosa vuoi ora?», risposi allontanandomi da lui.
«Lo sai benissimo che hai fatto una cazzata.»
Non sapevo a cosa stesse alludendo.
Non lo sapevo più ormai.
Bastava che io emettessi un respiro in più, per far sì che scatenasse la sua ira su di me.
«Io non so di cosa tu stia parlando, vuoi i miei soldi? Vuoi il mio cibo? Eccolo», dissi lanciandogli lo zaino ai piedi. «Non ho nient'altro da darti.» Allargai le braccia in segno di resa mentre parlavo con lui.
Non avevo più paura.
Le mie ghiandole lacrimali non riuscivano neanche più a produrre lacrime.
Molto probabilmente le avevo finite.
O forse avevo esaurito le emozioni.
Cole si avvicinò, torvo, e mi prese il colletto del giubbotto mentre lampi e tuoni riecheggiavano sopra di noi.
«Ho visto i tuoi occhi da pervertito mentre guardavi Mia», strinse i denti. «Tu, sfigato del cazzo, pensi seriamente di contare qualcosa per lei?», lasciò la presa spintonandomi sulla strada.
«Non mi sono di certo avvicinato io, è lei che è venuta da me», poggiai le mani sul marciapiede freddo e strisciavo il mio sedere per allontanarmi. «Forse non c'è più lo stesso feeling fra voi, non credi? Forse in me ha trovato qualcosa che tu non gli puoi dare, Cole.» Risposi per provocarlo perché ormai non me ne fregava più niente delle sue solite minacce.
Sghignazzò, poi si chinò sul mio corpo e mi sferrò un pugno in pieno viso. La mia faccia si girò verso destra per il duro colpo e misi una mano sul mio naso. Molto probabilmente me lo ruppe.
«Mia mi ha detto che sei brutto, insignificante, col cazzo piccolo e che non ti guarderebbe neanche se fossi l'unico uomo rimasto sulla faccia della terra», si mise a ridere, come se avesse appena raccontato una barzelletta. «Mi ha detto che appena avete iniziato a parlare, il tuo faccino di merda è diventato tutto rosso... Ti sei intimidito? Vergognato? Imbarazzato? Credo di sì, visto che il tuo cazzo non è abituato a nessuna ragazza, anzi, ti sei controllato nelle mutande? Ho paura che sei venuto solo perché ti abbia rivolto parola.»
Rideva ancora, ancora, ancora. Ero un film. Un film comico.
Non sentivo neanche più il cuore crogiolarsi.
Non sentivo più niente.
«Perché pensi di essere così forte, Derek? Forse quella puttana di tua madre ti ha insegnato come reagire o è quel viscido traditore di tuo padre che ti ha insegnato a rispondere?» Strinsi i pugni e i denti. Dovevo resistere alle sue provocazioni. «Tu non sai niente della mia famiglia.» Sbottai.
«So' questo», si avvicinò al mio orecchio e poi con l'altra mano mi sferrò un pugno nello stomaco. Mi piegai in due per il dolore e mi venne da vomitare. «So' che se ti avvicinerai di nuovo a lei, ti manderò in frantumi. Solo perché tuo padre fa il porco con altre donne, non significa che devi farlo anche tu», mi tirò i capelli facendo sì che i nostri visi fossero perfettamente allineati.
Iniziò a piovere e le gocce d'acqua che si adagiavano sul mio viso si mischiarono al sangue, facendo assumere alla mia faccia l'immagine di un mostro. «E se sei il figlio di una madre assente, non significa che devi esimerti anche tu dall'ascoltare i tuoi buoni amici, quindi farai meglio a fare ciò che ti dico.» Lasciò i miei capelli e si alzò. Fece per andarsene, mentre io me ne stavo accovacciato sul marciapiede.
«Se devo ascoltare te, allora, preferisco essere sordo...», sussurrai.
Cole si fermò, si girò nuovamente verso di me e alzò le spalle. «Risposta sbagliata.» Mi sferrò dei calci, forti e continui, nello stomaco e nel fondo schiena, facendomi urlare per il dolore. Poi alzò la suola della scarpa e la premette sulla mia testa, facendo sì che il mio viso aderisse perfettamente allo sporco della strada.
«Non puoi permetterti questo lusso, Derek Moore. Allora visto che non mi vuoi ascoltare, almeno conta i giorni che ti restano prima che ti riduca in polvere.»
Le sue parole taglienti e minacciose si facevano sempre più lontane. La mia testa schiacciata sulla strada mi faceva male e mi girava. Improvvisamente vidi tutto ombrato e offuscato.
Stavo per svenire.
Il sangue mi colava dalla bocca, dalla fronte, dal naso ed era l'unica cosa che mi ricordava che fossi ancora vivo.
Perché dentro ero morto.
Ormai da tempo.

The Silence of a PromiseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora