[ATTENZIONE: IN QUESTO CAPITOLO SONO PRESENTI SCENE DI AUTOLESIONE E SCENE PARTICOLARMENTE VIOLENTE CHE POTREBBERO TURBARE IL LETTORE.
L'AUTRICE NON VUOLE IN ALCUN MODO GIUSTIFICARE E NON E' A FAVORE DEGLI ATTEGGIAMENTI DESCRITTI.SE SI È SENSIBILI, PASSARE OLTRE.]"Il tempo è una cosa preziosa. Guardalo volare mentre il pendolo oscilla.
Guarda il conto alla rovescia fino alla fine della giornata.
Il tempo segna la vita."
In The End (Linkin Park)Due sere prima...
Le sue mani.
Il suo tocco così sottile e dolce, non l'avrei mai dimenticato.
Io, un amabile stronzo, ero lì. Immobile. Davanti ad uno specchio, col getto d'acqua fumante della doccia che emanava vapore, mentre mi guardavo e sognavo ancora le sue mani.
L'avevo cacciata in malo modo dalla stanza d'hotel e sapevo che, nei giorni successivi, non mi avrebbe più parlato; dovetti proteggerla dal mio istinto di farmi del male.
Avrei fatto del male anche a lei se non l'avessi mandata via.
Mi domandai come avessi potuto cedere a lei, a quella sensazione e a quel momento. Come avessi potuto non pensare alle conseguenze delle mie azioni. Ma la cosa peggiore era che... Ne volevo ancora.
Allontanai quell'idea folle dalla testa.
Derek, ma che cazzo stai dicendo? I miei demoni interiori mi stavano sovrastando, li sentii rimbombare nelle mie orecchie e nella mia mente come degli echi interminabili.
Non avrei tolto la mia armatura per una donna.
Dovevo pagare per quello che avevo fatto e l'unico modo era far soffrire il mio maledetto corpo.
Dalla tasca dei miei pantaloni uscii fuori il pacchetto di sigarette che avevo comprato qualche ora prima.
Ero nudo con solo i boxer sul corpo.
Aprii il pacchetto, afferrai una sigaretta con la bocca e presi l'accendino che avevo riposto al suo interno. Me l'accesi e feci qualche tiro profondo, buttando il fumo al vetro.
Poi presi coraggio.
Presi la sigaretta tra l'indice e il medio e poi chiusi gli occhi, ricordando il passato.15 anni prima...
«Perché ci stai facendo questo Derek, perché?»
Mia madre si inginocchiò nel mio letto di ospedale, reggendomi una mano.
«Non pensi a me... Non pensi alla tua mamma... Perché sei stato così egoista?»
Quel giorno fu l'ennesimo giorno del mio calvario.
Fu l'ennesimo giorno delle botte di Cole Anderson, degli schiamazzi a scuola, di mio padre che non tornò a casa e della mia voglia di farla finita.
Ero su un letto d'ospedale: avevo perso così tanto sangue che persi conoscenza ed entrai in uno stato comatoso.
Lottavo tra la vita e la morte.
Avrei preferito chiudere gli occhi per sempre, anziché soffrire ancora.
E mentre di sottofondo sentii mia mamma disperarsi e il ticchettio delle macchine che monitoravano i miei parametri vitali, qualcosa in me cambiò.
Vennero a bussare alla mia porta.
Toc. Toc.
Mentre ero in coma, sognai di essere all'interno di una clessidra mentre i granelli di sabbia scendevano imperterriti.
Il tempo passava in fretta, scorreva inesorabile ed io ero lì dentro. Battevo fortemente le mani al vetro perché volevo uscire, ma nessuno era in grado di sentirmi.
Ancora quel suono.
Toc. Toc.
Mi voltai di scatto e, effettivamente, qualcuno c'era.
Era un ragazzo, forse della mia età, con un cappuccio sulla testa. Era vestito di nero e non riuscivo a vedere il suo volto.
«Chi sei tu?», domandai e mi avvicinai cauto a quell'ombra.
«Vuoi sopravvivere o no, Derek? Devi rispondere sinceramente.»
Deglutii.
«No», sussurrai. «Voglio finirla qui. Tu mi puoi aiutare?»
Sghignazzò, come se gli avessi raccontato una barzelletta. «Posso fare di meglio.»
Venni colpito a poco a poco dai granelli, che pian piano stavano riempiendo completamente il fondo della clessidra.
«Cosa intendi dire?»
Si avvicinò al vetro e solo in quel momento mi resi conto che non aveva volto. C'era un buco nero sotto quel cappuccio.
«Baratteresti la tua vita con una promessa?» La sua voce era metallica.
«Non... Non riesco a capirti» Iniziai a balbettare e il mio animo fanciullesco in quel momento ebbe la meglio.
Avevo solo quattordici anni e mi ritrovai faccia a faccia con l'oscurità, bloccato e perso in una cazzo di clessidra.
Sentii la sabbia diventare sempre più profonda sotto i piedi, tanto che iniziai ad affondare.
Venni ricoperto per metà busto e mi sentii soffocare.
«Baratta la tua vita, il tuo animo buono, la tua dolcezza, la tua premurosità, i tuoi sentimenti... Con me», disse. «Diventa l'artefice del tuo buio e della tua oscurità. Non lasciare che ti facciano ancora del male. Combatti e reagisci. Diventa ciò che le persone odieranno per il resto della loro vita. Concedimi di prendere il controllo delle tue emozioni.» Batté un pugno sul vetro mentre sentii la sabbia farsi sempre più soffocante e sollevarsi all'altezza del mio petto.
Stavo morendo, a stento riuscivo ad emettere un sospiro.
«C-cosa ci guadagno?», domandai a corto di fiato.
«Il successo, una vita senza soprusi e violenza. Avrai il pieno controllo di te stesso e nessuno oserà più avvicinarti a te. Ma ci sono delle condizioni», continuò a parlare ed io fui sempre più vicino ad esalare il mio ultimo respiro.
«Ogni volta che il patto non verrà rispettato, dovrai punirti. È una promessa silenziosa che dovrai patteggiare con me, anzi, con noi. Noi promettiamo di proteggerti, ma tu devi promettere di non cadere in tentazione. Chiunque cercherà di portarti via da noi, dev'essere allontanato. Dentro di te dovrà albergare un unico sentimento: quello verso te stesso, tutto il resto deve valere meno di zero. Allora, lo prometti?»
E pensai che l'unico compromesso che mi propose quell'essere così pauroso e spregevole, potesse essere la mia rinascita.
Io dovevo rinascere.
«Lo prometto.»
E proprio quando l'ultimo granello di sabbia stava per farmi affondare nel baratro più profondo della morte, qualcosa mi sollevò.
Riemersi.
Spalancai gli occhi e mi sollevai col busto, cacciando un urlo profondo.
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The Silence of a Promise
RomanceHo fatto un gioco con un Piccolo Bocciolo di Margherita. La bambina mi ha promesso di non parlare. E se avesse parlato, le avrei staccato i suoi petali e le avrei fatto male. Proprio come hanno fatto con me. Ho fatto una promessa. Non ricordo ben...