Derek
"Quando ti bacio mi manca l'ossigeno e scappo in un'altra Galassia."
- Emis Killa (Mercurio)
Non ero in grado di amare.
Non sapevo neanche cosa significasse.
Ma quando Victoria mi guardava negli occhi, ne comprendevo il significato.
I capelli, le sue iridi verdi, il suo corpo, le sue forme, ne erano la rappresentazione divina.
Ma non ero all'altezza di quel sentimento così comune tra gli esseri umani.
Io scopavo e basta.
L'avrei venerata, posseduta, ammaliata, consumata e difesa, ma mai amata.
Non ne ero capace.
Vivevo di amor proprio, del mio alter ego e delle mie mille personalità.
Non avrei distrutto le mura che mi ero costruito negli anni per quella ragazzina. La stessa che fin dal primo giorno mi aveva stravolto. La stessa con la quale ero legato da un filo invisibile ancora sconosciuto. Avvertivo un legame con lei, diverso da quello con qualsiasi altra donna che fosse passata nella mia vita. Ma ancora non riuscivo a comprenderlo.
Era così bella.
Uno spettacolo.
E Cristo, avevo il privilegio di averla egoisticamente tutta per me.
Era mia. E di nessun altro.
«Cos'hai in mente, Derek?», mi domandò trapelando un senso di insicurezza. Mi avvicinai e la osservai con insistenza. Lei arrossì.
«Ci stai mettendo troppo, Fiorellino.»
«Non indosso il reggiseno.»
«Ah no?» La presi dai fianchi e la feci girare di scatto.
Chinai la testa al suo orecchio, mentre lei si mantenne con le mani al bastone del letto a baldacchino.
«N-no», balbettò in preda all'agitazione.
Sorrisi in maniera perversa, pizzicandole la guancia con la barba.
«Avrò meno tessuto da strappare, allora.» Diressi le mani verso la cerniera che abbassai con cautela, mentre il suo busto tremava al mio tocco.
Il vestito le ricadde lungo tutto il corpo, fino ad arrivare al suolo.
La guardai tutta e mi leccai le labbra. Poi mi inginocchiai a lei, come se stessi venerando una dea.
«Derek...», si coprì il seno con le mani, fortemente imbarazzata.
Più lei si intimidiva, più io mi eccitavo.
«Voglio che rimani con queste scarpe», sussurrai accarezzandole con la mano il tacco e risalendo lungo la gamba. Le lasciai dei baci umidi sulle gambe, alterando entrambi i lati.
Avvertii la contrazione delle sue cosce e il suo respiro corto. Risalii ancora con le dita, strusciando la punta della lingua lungo tutto il tragitto. Arrivai al tessuto dei suoi slip, lei divaricò le gambe non rendendosene conto.
«Sei tutta bagnata», sussurrai scostando leggermente le mutandine a lato.
Mi si indurì nei pantaloni non appena la vidi gocciolare.
«Fatti toccare...», mormorò in preda all'eccitazione impellente. «E toccami...», continuò con affanno.
Mi rialzai, attaccandomi al suo corpo.
Victoria desiderava di essere toccata, ma non l'avrei sfiorata.
«Stammi a sentire», sussurrai con voce roca. «Mi sto trattenendo dal metterti in ginocchio e infilartelo nella bocca», affermai schietto, schiacciando il pube contro il suo fianco. «Ma non lo farò... Voglio portarti al culmine dell'indecenza facendoti pagare la scommessa persa. Voglio disegnarti mentre sei tutta nuda ed eccitata per me.» Le passai le dita lungo la schiena che rabbrividì sotto il mio tocco.
«Giochi sporco, Derek», disse girando lievemente il collo per guardarmi con la coda dell'occhio. Sentivo le sue vibrazioni, avvertivo il suo bisogno di liberarsi e sfogare la sua voglia di possedermi.
«Mi piace solamente mantenere alto il tuo odio nei miei confronti, Brown», risposi al suo orecchio. «Lo sai che più mi odi e più mi ecciti?», domandai mordicchiandole il lobo e facendole emettere un lieve ansimo.
«Fanculo, Moore...», borbottò quasi esausta. Io mi allontanai da lei e poi tornai a sedermi sul davanzale della finestra.
Lei si voltò tenendo ancora le braccia avvolte al petto.
«Togli quelle mani da lì o non ti scopo neanche se mi preghi.» Il mio tono divenne rude ma lei non sembrò sorpresa.
Lentamente le abbassò, osservandomi imbarazzata all'ennesima potenza. Eppure, non era la prima volta che la vedevo nuda. Quel leggero rossore sulle guance, il suo sguardo che guardava verso il basso e le sue gambe tremanti, fecero trasparire il suo velo di insicurezze.
Sì, si sentiva insicura.
Forse non si piaceva abbastanza oppure aveva timore di non piacere a me.
Ma non c'era niente che non andava in lei.
Era perfetta.
Il suo corpo era lussuria.
Ogni sua minima imperfezione la rendeva stupenda.
La verità era l'opposto di ciò che lei credeva: ero io che non ero alla sua altezza. Pieno di cicatrici, di mostri e di fantasmi che albergavano dentro di me. Il mio corpo era pittato dal mio stesso sangue, dal male che mi infliggevo e da ferite alle quali non davo neanche il tempo di guarire.
Ero proprio io ad essere un casino.
«Togli gli slip.» Ordinai teso.
Non ero tranquillo: lei era la prima che mi faceva perdere il controllo.
Posò le mani sull'elastico delle mutandine, portandole giù delicatamente.
Allargai le gambe e arrotolai le maniche della camicia sino ai gomiti. Il mio corpo era caldo. Ero così terribilmente eccitato che dovetti mordermi l'interno guancia per non sbatterla contro il muro e fotterla.
Poggiai la schiena alla finestra e le mie pupille si posarono sulle sue forme.
«Fai un giro su te stessa, Fiorellino.»
Mi morsi il labbro e poggiai i palmi delle mani sulle cosce, strofinandole appena.
«Brutto trattenersi quando hai voglia di toccarmi, vero, Derek Moore?», si girò lentamente mostrandomi il suo fondoschiena. Allargai il colletto della camicia, prendendo un respiro profondo.
Mi stavo scavando la fossa da solo.
«Lo vuoi davvero sapere?»
Tornò nella mia direzione e alzò un sopracciglio.
Si ammutolì, per poi spostare lo sguardo sulla patta dei miei pantaloni al quanto gonfi. Ci poggiai la mano sopra e con non-calanche strinsi fortemente la presa.
Deviò improvvisamente lo sguardo e strinse le gambe come se volesse proteggere un segreto.
«Sei osceno», sussurrò con disprezzo.
«Perché tu quando scopi sei elegante, invece? Racconti le favole della buonanotte?», risposi ironicamente, mentre lei alzò gli occhi al cielo.
«Sciogli i capelli e stenditi su quel divanetto.» Feci cenno ad un piccolo sofà che costeggiava lateralmente il letto. Era a pochi centimetri da me e mi sforzai di mantenere quanto più possibile un distacco.
Obbedì ai miei comandi e la ritrovai distesa sul divanetto su di un fianco e con ciocche di capelli biondo castano che le ricadevano lungo il corpo.
Wow.
Mantenni un'espressione composta ma dentro di me stavo esplodendo.
E non vedevo l'ora di esplodere anche dentro di lei.
La scrutai a fondo e poi iniziai i primi schizzi.
«Mi sento così in imbarazzo...», sussurrò appena schiarendosi la voce.
«Sei ancora più bella.» Sorrise lievemente mentre mi guardava con quegli occhietti verdi.
Poi si cimentò in un'altra domanda, talmente scomoda che mi fece perdere per un attimo la concentrazione.
«L'hai mai fatto con qualcun'altra?»
Ripresi a disegnare e a guardarla di tanto in tanto.
«Cosa?»
Raffigurai dapprima il contorno del viso, il naso e le labbra, per ultimi gli occhi che per me erano i più difficili da ritrarre.
«Questo...», disse riferendosi ovviamente al ritratto.
No, mai nessuna ebbe questo privilegio.
Tranne lei.
«Non concedo a chiunque il lusso di essere ritratto da me.»
«A me l'hai concesso.» Sottolineò.
Sospirai mentre continuavo a studiare qualsiasi suo tratto con gli occhi.
«È solo la perdita di una scommessa.» Pronunciai, tentando di risultare il più apatico possibile.
Non era vero.
Non vedevo l'ora di quel momento. Tanto che mi tremava la mano.
Lei fece qualche secondo di silenzio, osservandomi.
«Ti stai agitando?»
Cazzo.
«Se parli non riesco a concentrarmi, Victoria.» La fulminai con lo sguardo.
Tracciai le linee dei suoi capelli e cominciai a ritrarre il suo corpo.
Ad un certo punto distolse lo sguardo. Mi irrigidii.
Doveva guardarmi.
«Occhi a me.» La richiamai all'attenzione.
Si morse il labbro e tornò a guardarmi. «Sei sempre così serio quando ritrai la gente?», domandò.
Non ce la faceva proprio a stare zitta.
«Il giusto per fare un ottimo lavoro.» Le risposi, cominciando a disegnare i suoi seni turgidi e il suo addome piatto.
Mi leccai le labbra mentre sentivo nuovamente il cazzo gonfiarsi nei pantaloni.
Dovevo darmi una calmata.
«Stai perdendo la lucidità Derek...», sussurrò quasi entusiasta della constatazione.
Credevo di riuscire a mettere a freno il caos che mi provocava quella ragazza, ma no.
Ero quasi fuori di me.
«Non ti piacerebbe vedermi fuori controllo.» Ammiccai continuando a riempire di lei quella tela.
Sembrava essere finalmente a suo agio, o molto probabilmente vedermi poco lucido le dava la forza di cui aveva bisogno per affrontarmi.
Tracciai le linee delle sue cosce e pian piano disegnai anche le gambe sinuose e magre.
Anche ogni piccolo dettaglio, da un neo, ad una smagliatura, ad una voglia, la rendevano attraente.
«Pensavo di averti già visto», affermò chinando leggermente il braccio. Evidentemente si era stancata di rimanere in quella posizione.
«Sta ferma», commentai autoritario.
Dopo altri minuti che per lei forse sembrarono interminabili, finii il disegno.
Delle piccole goccioline di sudore tappezzarono le mie tempie. Mi ci volle un autocontrollo inimmaginabile per trattenermi dal saltarle addosso.
«Cosa ci farai ora con quello?» Domandò sgranchendosi le braccia e infilandosi subito gli slip, lasciando il seno scoperto.
«Lo metterò all'asta.»
Sollevai il foglio dal tre piedi e lo riposi in una cartellina che avevo preparato accuratamente per conservarlo.
Mancava solo il colore di cui mi sarei occupato dopo.
La sua espressione spaventata mi fece quasi divertire. Sgranò gli occhi e alzò un sopracciglio.
«Che?», domandò sbigottita.
Mi sollevai e camminai a passo felpato verso di lei.
«Sto scherzando», affermai curvando leggermente il labbro in un sorriso. «Al massimo lo espongo in galleria.»
Eravamo uno di fronte all'altra, a pochi centimetri di distanza. «Non lo faresti.»
Poggiai la fronte sulla sua ma i miei occhi non smisero per un attimo di possederla.
«E sai perché?» Controbattei con fermezza, dandole ragione.
Lei mi inseguì con lo sguardo, rifugiando i suoi occhi verdi nei miei; le sue lentiggini spiccavano al chiaro di luna e non potetti fare a meno che respirare piano per godermela a pieno.
Fece cenno di no col capo e poi chiuse gli occhi. Poggiai le nocche delle mani sulle sue guance, scendendo poi lentamente lungo il suo collo.
«Perché andrei fuori controllo al pensiero che qualcuno al posto mio possa guardarti e ammirare il tuo splendido corpo.» Lei aprii gli occhi e arrossì, tornando il piccolo Fiorellino di sempre.
«Ma è solo un disegno.»
«Ma è il tuo corpo. E il tuo corpo non è all'asta.» Enfatizzai e poggiai entrambi i palmi delle mani sul suo collo, stringendolo con fermezza.
Mi avvicinai alla sua bocca e le sfiorai le labbra. «Il mio corpo non è neanche il tuo, Derek Moore», mormorò e si passò lentamente la punta della lingua lungo il contorno.
I nostri occhi si allinearono completamente e le sue pupille si dilatarono.
«Se non fosse mio, non tremerebbe ogni qualvolta ti toccassi.» Scesi con le mani lungo i bordi delle sue braccia e arrivai sino ai fianchi.
Mi avvicinai al suo orecchio. «Se non fosse mio non sarebbe così profondamente attratto da me.» Le sussurrai con voce roca.
«Pensi di persuadermi?», domandò facendo un passo indietro.
«Posso essere onesto?»
Annuii.
«Penso di scoparti. In questo istante.»
Lei fece un passo indietro, mentre io uno in avanti.
«Lo sai che non puoi sfuggirmi.»
Sospirò, visivamente eccitata. «E io ho voglia di toccare il tuo corpo. Interamente.»
Non mi aspettavo quella risposta, ma cercai di non darlo a vedere. Provai a rimanere tranquillo, senza eccedere nella risposta che le avrei dato.
«Ne abbiamo già parlato.»
«O questo o niente, Derek.»
La guardai con aria di sfida, estremamente frustato e corrucciato.
Mi stava mettendo alle strette ed io non ero abituato a quella tipologia di trattamento.
Rimasi a fissarla intensamente, provocandole ancora una volta quel rossore alle guance.
Contrassi la mascella e scrocchiai il collo.
Ero nervoso, ma apparentemente tranquillo. Avrei voluto spaccare tutto e cacciarla dalla stanza.
Separai nuovamente la distanza fra noi, fino a far in modo che lei poggiasse con la schiena al muro.
«Perché devi farmi incazzare?» Poggiai le mani all'altezza della sua testa, schiacciando il mio corpo contro il suo.
Si resse con le mani sulle mie spalle e me le accarezzò da sopra la camicia. Scese lungo il mio petto, accarezzando ogni centimetro di tessuto.
Il mio sguardo puntò sui suoi capezzoli turgidi e duri. Mi chinai per succhiarli uno alla volta. Lei posò le mani sul mio petto e dovetti trattenermi dall'istinto di allontanarla.
Gemette dal piacere mentre con i palmi scese giù e lentamente mi sbottonò i pantaloni.
Sapevo benissimo cosa avesse intenzione di fare e nonostante l'avessi duro, ebbi un attimo di lucidità. La sollevai dalle gambe e la presi in braccio, tenendola ferma al muro.
«Derek...», attorcigliò le braccia attorno al mio collo e io la strinsi più forte.
«So cosa vuoi fare, ma ti chiedo di lasciar perdere.»
Premetti la mia erezione sul suo monte di Venere, tanto che sentii i suoi slip bagnati.
Avrebbe voluto tirarmi giù i pantaloni e infilare le mani sotto la mia camicia, ma non li e l'avrei permesso.
Sapevo bene che lei aveva un trattamento speciale. Aveva fatto cose con me che non avrei permesso di fare a nessun'altra. Ma non mi sarei messo a nudo davanti a lei. Non le avrei fatto percorrere una strada piena di incertezze e debolezze. Non le avrei fatto conoscere i miei mostri e il mio passato.
Non mi sarei mostrato mai più fragile con nessuno.
Era fuori discussione.
«Allora mollami e lasciami andare. Non ho niente da spartire con te.» Affermò rude e incazzata. Si dimenò, cercando di scendere ma non li e l'avrei data vinta.
«Più ti agiti e più...» La sua fica stava letteralmente strusciando sulla patta dei miei pantaloni. I suoi slip erano così fottutamente bagnati e il suo respiro si fece corto.
«S-smettila e...», cominciò a balbettare.
«Reggiti solo con la forza delle tue gambe, Fiorellino.»
Mollai la presa dai suoi glutei e finii il lavoro che lei aveva cominciato. Mi abbassai i pantaloni e i boxer, lasciandoli ricadere sul pavimento.
«Strappati le mutandine.»
«No. A queste ci tengo particolarmente.» Sbottò, infastidita.
Con uno strattone strappai quell'inutile tessuto e lei rimase a bocca aperta. «Ma che... Stronzo!»
«Sta' zitta.» Posai il palmo della mano sulla sua bocca e non le diedi possibilità di replica. «Ti prometto che avrai un intero guardaroba pieno di mutandine per rimpiazzare tutte quelle che ti ho strappato. Ma adesso, non muoverti e non gridare.»
Sputai sopra la mia mano libera e le allargai le grandi labbra, bagnandola ulteriormente. Lei ansimò contro la mia mano e con un colpo secco entrai dentro di lei.
Le sue gambe tremanti mi tennero stretto per non cadere, mentre la sua schiena strusciava contro il muro.
Ansimai anch'io quando sentii il mio cazzo guazzare nei suoi umori e la sua faccia terribilmente rossa.
Tolsi la mano dalla sua bocca, permettendole di respirare. Poi la sollevai dai glutei continuando con delle spinte secche ma veloci.
I suoi capelli si appiccicarono al suo seno impregnato di sudore e i suoi gemiti si fecero sempre più profondi e più scuotenti.
Mi mandava il cervello in fumo il sapere che godeva grazie a me.
Dei brividi percorsero la mia schiena e il mio cuore batteva così forte che mi sembrava dovesse uscire dal petto da un momento all'altro.
«Non venire, Fiorellino. Resisti.»
Mi bloccai per un istante e mi diressi verso il letto. La distesi mentre lei teneva ancora le gambe poggiate attorno al mio bacino e a mia volta schiacciai il mio corpo contro il suo.
Ripresi con i colpi e a spingere come se fossi un assatanato di sesso.
In realtà avevo voglia costante di lei.
Non mi bastava mai.
Ero insaziabile e profondamente ingordo.
«Oh, Derek», mugugnò tra un bacio e l'altro.
Continuai a scoparla mentre le mie mani vagavano sulle sue gambe, accarezzandole lievemente. Poi scesi a baciarle il collo e mi infilai sotto il suo incavo, godendomi il suo odore.
Lei attorcigliò le mani attorno ai miei capelli, poi mi accarezzò il collo ansimando sempre più forte.
Il piacere era così intenso e devastante che tra un affondo e l'altro, persi completamente la lucidità.
Decisi di concederle una piccola parte di me, quella meno trasandata, meno visibile e soprattutto meno ferita. La parte più intatta e che non maltrattai tutto quel tempo.
«Fiorellino», mi bloccai ma rimasi dentro di lei. Lei trattenne il respiro e poi poggiai la mia fronte sulla sua. Lei mi guardò con le sue iridi splendenti, leggermente rosse ma piene di piacere.
Eravamo illuminati dalla luce della luna per la posizione strategica dell'hotel e per la luce soffusa dei lumi accesi sui comodini.
«Fai quello che ti dico ma non farmi domande.»
Annuii e non proferì parola.
«Rilassa le gambe e stendile sul letto.»
Fece come le dissi, guardandomi un po' confusa.
Presi un sospiro profondo, cercando di non lasciar trapelare alcun tipo di timore. «Adesso... accarezzami la schiena. Lentamente.»
Lei curvò leggermente il labbro in un sorriso e pian piano mi alzò la camicia per dare libero accesso alla mia pelle.
Spostò le mani verso il mio addome ma io le bloccai i polsi con una sola mano. «Ho detto solo la schiena.» Affermai stringendo i denti.
«Okay... Okay.»
«E mantieni lo sguardo fisso su di me.»
Annuii nuovamente e guardandomi dritto negli occhi, allungò le sue mani sui miei fianchi e risalì lentamente lungo la mia schiena.
Chiusi gli occhi e serrai le labbra perché in quell'esatto momento il mio stomaco si contrasse, un nodo alla gola risalì e la mia testa fu invasa da delle sensazioni così sconosciute tanto da farmi paura.
«D-Derek», disse fermandosi. «Va tutto bene?»
«Continua.»
Riaprii gli occhi e ripresi a spingere lentamente. Le sue unghie corte accarezzarono la mia pelle, ogni mio muscolo dorsale si irrigidì, mentre la schiena si riempii di brividi.
Cazzo.
Avvertii i palmi delle sue mani stringermi, scaldarmi e massaggiarmi.
Mossi il mio bacino contro il suo e con la mano le afferrai il viso baciandola fortemente. Le infilai la lingua in bocca cercando con ossessione la sua. Spinsi con più voracità, mentre le sue dita affondarono nella mia carne.
«S-scusa», mormorò.
«Se è per piacere allora sentiti libera di scalfire la mia pelle, godi e fammelo sentire.»
Le tenni il viso fermo, i suoi occhi erano totalmente rivolti a me mentre la mia camicia ricadde sul mio corpo ma le sue mani rimasero incastrate sulla mia schiena.
Spinsi tanto forte quanto il piacere fosse intenso, trattenemmo il fiato entrambi mentre eravamo sull'orlo di esplodere.
Sentii le sue unghie ferirmi, ma non sentii dolore, né bruciore.
I miei mostri urlavano, ma non riuscii a sentirli.
L'unica cosa che riuscivo a percepire era il suono dei nostri corpi, la fusione delle nostre anime e le sue mani che divennero tutt'uno con la mia schiena che si inarcò.
I miei muscoli guizzarono, i miei gomiti cedettero e li posizionai all'altezza della sua testa mentre lei mi baciò di sua spontaneità e prese a muovere il suo bacino, prendendo quasi il comando.
«Graffiami, Vic», le dissi usando quel nomignolo, tra un affanno e l'altro.
Ero impazzito.
Sicuramente mi sarei ricordato a lungo di quel momento.
Le sue unghie anche se sottili graffiarono la mia schiena, inducendomi a spingere ancora più forte.
Una scarica di adrenalina ci fece soffocare un orgasmo intenso, mentre le nostre bocche si unirono in un bacio violento e passionale.
I miei muscoli si rilassarono e mi resi conto di aver perso il lume della ragione. Ma riflettei a lungo su quanto mi fosse piaciuto.
La mia camicia era completamente sudata e avevo bisogno di farmi una doccia.
«Forse è meglio che vada adesso», disse ma mentre fece per alzarsi dal letto, le bloccai un polso.
Feci un secondo di silenzio, pensando a ciò che avrei dovuto dirle.
Forse era meglio così. Forse era meglio che andava, non potevo permettere un ulteriore contatto dopo quello che già le permisi di fare.
Stava andando troppo oltre.
«Sì, lo è.»
Lei deglutì, mentre io feci il giro infilandomi velocemente i boxer.
«Derek», mi richiamò e mi fermai al capolino della porta del bagno in suite.
Non mi voltai verso di lei.
Se l'avessi guardata negli occhi ancora una volta, molto probabilmente le mie gambe avrebbero ceduto e la tentazione di averla ancora sarebbe nuovamente risorta.
Dobbiamo punirti, lo sai vero?
Sentii di nuovo le voci nella mia testa.
Lo so.
«Grazie.»
La verità era che le avevo concesso un qualcosa che era off limits.
Ma le sue mani mi diedero calore, mi fecero sentire a casa.
Siamo noi la tua casa.
L'aria si fece improvvisamente tesa, mentre un magone mi risalì in gola.
Ricordati chi sei.
«Chiudi bene la porta quando esci», mi limitai a dire per poi sparire dalla sua vista.SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutte Piccoli Fiori 🖤 come state?
Finalmente sono riuscita a postarvi questo capitolo che francamente a me è piaciuto molto scrivere... Soprattutto quando Derek si lascia andare con la piccola Vic 🖤Spero piaccia anche a voi.
Se vi va lasciatemi una stellina ✨
Alla prossima 🖤
Ps. Vi aspetto su Istagram!
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The Silence of a Promise
RomanceHo fatto un gioco con un Piccolo Bocciolo di Margherita. La bambina mi ha promesso di non parlare. E se avesse parlato, le avrei staccato i suoi petali e le avrei fatto male. Proprio come hanno fatto con me. Ho fatto una promessa. Non ricordo ben...