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Victoria

"Sei in grado di accendermi e spegnermi.
Sono pronta a bruciare per te.
E tu... Sei pronto a bruciare per me?"
Victoria Brown


Il suo sguardo pungente e scottante bramava la mia pelle.
Ogni. Maledetto. Centimetro. Del. Mio. Corpo.
Per quanto mi costava ammetterlo, quella situazione così assurda ma eccitante mi stava accendendo.
Sentivo di non aver mai provato una sensazione così tremendamente accecante, forte e abbagliante.
Non potevo credere di aver accettato la sua stupida punizione. Ma volevo dimostrargli che anche io avevo coraggio e che non ero una codarda.
I suoi occhi ingordi e affamati seguirono ogni mio movimento, mentre le mie pupille tremanti non smisero di incastrarsi alle sue.
Ero imbarazzata. Da morire.
Mi tolsi le scarpe da ginnastica e i calzini, per poi far scendere lentamente il leggings lungo le mie gambe. Li sfilai completamente facendo uscire fuori i piedi.
Mi sfilai il top e lo feci cadere al suolo.
Rimasi con un reggiseno di pizzo bianco e un paio di slip abbinati.
Le mie guance rubiconde lasciavano trasparire tutte le mie emozioni.
Continuando a fissarmi si sfregò i palmi delle mani e si bagnò le labbra passandoci la lingua, mantenendosi chinato con i gomiti poggiati sulle sue cosce.
«Derek, non è questo l'allenamento che mi aspettavo», sottolineai girando il viso verso il suo.
Fu allora che si alzò e camminò a passo felpato verso di me, fino a che non lo ebbi alle mie spalle.
Un ghigno divertito fuoriuscì dalla sua bocca.
«Parli troppo.» Accarezzò la lunga treccia che mi fece poco prima. «Guarda dritto adesso.»
Spostai di nuovo lo sguardo verso il vetro, mentre la sua figura restò ferma dietro di me.
«Sei ancora in tempo per tirarti indietro, mio piccolo Fiore.»
Cosa?
Mi stava dando la possibilità di andare via?
L'ago della bilancia della mia coscienza non sapeva da che parte tendere: se verso la razionalità o la follia.
Sarei stata una pazza a rimanere ancora impalata davanti a quello specchio, eppure, quel pizzico di proibito mi scaturiva una sensazione inebriante.
L'adrenalina circolava in tutto il mio corpo.
La verità era che detestavo Derek Moore, ma ne ero attratta.
Ogni suo gesto, ogni suo sguardo, ogni parola pronunciata dalla sua bocca, per me, era un brivido intenso che mi solleticava lo stomaco.
Potevo mentire a lui quanto volevo, ma non a me stessa.
Avevo voglia di lui e del suo corpo.
Accennai ad una risposta negativa scuotendo il capo.
«Sei bellissima nella tua innocenza.»
La mia pelle si infiammò di un rosso intenso e percepivo il sudore colarmi dall'attaccatura dei capelli fino alle tempie.
«Vediamo se lo sei anche nella tua perversione...», sussurrò.
Sentii il mio basso ventre contorcersi alle sue parole peccaminose.
«Dimmi quello che devo fare e per favore facciamo la finita.»
Cercai di trattenere le emozioni mantenendo un tono composto e rigido.
Strusciò le sue mani sul mio addome e le fermò ai fianchi. Li cinse con fermezza, facendomi sussultare.
«Inizierò a studiare il tuo corpo...» La voce roca al mio orecchio era una melodia così perversa che mi fece boccheggiare. Le sue mani risalirono nuovamente e i polpastrelli mi sfiorarono l'addome, prodigandosi al di sotto del reggiseno.
Sentivo le gambe tremare ma tentai di rimanere ferma. «Come se fosse un libro di anatomia.» Le sue labbra si attaccarono al mio orecchio e i suoi denti mordicchiavano il lobo.
Buttai giù la saliva e presi un respiro.
«Molto probabilmente non riusciresti a memorizzare tutto in poco tempo.» Tentennai, mentre lambiva a lato il mio collo.
La punta della sua lingua mi lasciò una scia di saliva da sotto l'orecchio fino alla spalla sinistra.
«Quindi avrò bisogno di un aiuto.» Con una mano scese ancora una volta lungo il mio addome, arrivando all'elastico dei miei slip. «Guardami.» Ordinò e io alzai lo sguardo verso il vetro, incrociando le sue iridi mentre pian piano mi stavo disidratando per quanti liquidi stessi perdendo.
«Adesso aiutami a studiarti», strascicò le parole mentre con l'indice allontanò l'elastico dalla mia pelle. Mosse lentamente le dita all'interno dei miei slip, arrivando sulle mie grandi labbra.
Poggiai la schiena contro il suo corpo per non cadere e mi lasciai trasportare da quel vortice emozionale.
Strusciò lentamente il dito tra le mie labbra divaricandole.
«Sei già umida per me», con l'altra mano abbracciò il mio addome stringendomi a lui. «Sapevo che non saresti riuscita a resistere, Bocciolo.»
Introdusse il medio, aprendomi sempre più fino a quando un ansimo di piacere non mi si strozzò in gola.
«Sei proprio una fedele che venera la sua religione...», disse mentre continuava a torturarmi con quei movimenti lenti ma soffocanti.
«Non arriverò a pregarti, però», lo provocai chiudendo gli occhi e succhiandomi il labbro inferiore per non gemere.
Non gli avrei dato quella soddisfazione.
«Ancora per poco mio dolce Fiore.»
Le mie gambe si piegarono tutto d'un tratto e feci fatica a rimanere in piedi.
D'improvviso smise e uscì fuori dai miei slip. Riaprii gli occhi tornando al mondo reale e mi resi conto di quanto stessi sudando freddo e di quanto fossi terribilmente bagnata.
«Siediti su quella macchina», mi ordinò pacato all'orecchio. «Adesso sarò io a venerare te. Come se fossi il mio altare.»
Non sapevo cosa volesse fare, ma, le scosse elettriche che avvertivo dalla punta del mio piede sino alla mia testa mi spinsero a non rifiutare i suoi ordini.
Mi sedetti sul sedile di un macchinario posto poco distante dalla sua figura.
«Si chiama Adductor Machine.» Fece qualche passo in avanti. «Allena gli adduttori, quindi interno coscia, medio e grande gluteo.»
Mi morsi ancora una volta il labbro.
Cosa dovevo farmene di quelle spiegazioni se l'unica cosa che volevo era... Cazzo.
Mi resi conto che si interruppe ancora una volta. Sentivo di star per toccare il cielo con un dito e poi, tutto svanito.
«Stai scherzando?» Sbottai.
Forse era quella la mia punizione?
Allenarmi dopo quel momento di tensione?
Vaffanculo Derek Moore.
«Si incomincia con le gambe aperte poggiando le cosce su quei cuscinetti. Fallo.»
Non potevo credere che qualche minuto prima mi stesse toccando e qualche minuto dopo ero seduta su una stupida macchina.
Esitai per qualche secondo ma quando mi fulminò con le sue pupille scure, eseguii il suo comando.
Allargai le gambe e mi guardai attraverso lo specchio. Mi resi conto di averle completamente spalancate e quanto i miei slip trasparenti lasciavano intravedere il mio sesso bagnato.
Merda.
«E si procede chiudendo lentamente le gambe, per poi riaprirle e tornando alla posizione iniziale.»
Aggrottai la fronte, visibilmente imbarazzata.
«Ma non abbiamo caricato alcun peso.»
«Ti basterà il peso di toccarti e non poter venire fin quando non te lo dico io.»
Il mio cuore andò in fibrillazione anche se non capii ancora cosa volesse fare.
Il fiato corto, le gambe tremanti e quel terribile senso di eccitazione che sprofondò dritto nel mio animo che mi incitava a lasciarmi andare, mi consigliarono di fare silenzio ed eseguire.
«Forza Bocciolo. Diamo inizio alla tua punizione o come lo chiami tu, a questo gioco.»
Si avvicinò a me e si inginocchiò all'altezza del mio sesso.
Mi sentivo in iperventilazione con i polmoni che cercavano di incanalare quanto più ossigeno possibile.
Iniziai a chiudere e ad aprire le gambe poggiando le mani sulle mie cosce per mantenermi ferma.
Non avendo un peso da spingere fu piuttosto semplice.
Lui mi guardò intensamente rimanendo inginocchiato d'innanzi a me. Ma io non gli degnai uno sguardo, perché, se l'avessi fatto, sarebbe stata la fine.
«Ora esegui questo esercizio mentre ti tocchi.»
Mi fermai mentre stavo per riaprire le cosce. Le tenni semi chiuse e indugiai.
«Cosa dici?»
«Sta' zitta e fallo.»
«Ti sto odiando da morire.» Sibilai a denti stretti mentre lui mi guardò con uno sguardo di perversione che mi fece scuotere.
«Dopo mi odierai un po' meno.» Si inumidì le labbra e poggiò i palmi delle mani sulle mie cosce. Trasalii, respirando con affanno. «Vedrai che vorrai essere punita più spesso...»
Era così imbarazzante che sarei voluta sprofondare.
Introdussi una mano nei miei slip mentre le sue dita affondarono nella mia carne. Mi accarezzai le piccole e grandi labbra lentamente, mentre le dita si impregnarono dei miei umori.
«Guardami Fiorellino», ordinò. Spostai gli occhi sui suoi.
Bruciavano e ardevano.
Cercai di chiudere e aprire per quanto potessi mentre stuzzicai il clitoride con i polpastrelli.
Si chinò e tolse una mano dalle mie cosce, scostandomi gli slip e guardando attentamente le mie dita.
«D-Derek», balbettai sentendo le gambe cedere. Non riuscivo più ad eseguire l'esercizio senza tremare.
«Continua bambolina», sussurrò a un centimetro dal mio basso ventre. «Se ti fermi, non ti toccherò neanche se mi implori.» Mi osservò dal basso, al di sotto delle sue ciglia.
Cominciai di nuovo a chiudere e aprire, mentre le mie dita attuavano movimenti circolari e la sua bocca era ad un soffio dal mio clitoride.
Ansimai, buttando la testa all'indietro. Mi succhiai le labbra continuando sempre più veloce.
Sentire il suo sguardo puntato proprio lì mi eccitò in una maniera malsana e dannatamente volgare.
«Brava.»
Mi stavo letteralmente masturbando davanti ai suoi occhi.
Continuavo ad aprire e chiudere le gambe per fare quel dannato esercizio, ma, l'esecuzione andò pian piano sempre più a scemare.
Non ce la facevo più.
«Mi piace guardarti mentre godi», sussurrò compiaciuto. «Ma non devi venire.»
Si avvicinò al mio interno coscia e iniziò a lasciarmi piccoli baci, percorrendo una linea immaginaria che lo avrebbe condotto verso la mia apertura.
Maledizione.
«Derek io... Non ho più la forza nelle gambe», mi lamentai ma al contempo dei gemiti uscirono dalla mia bocca.
«Vuoi che torniamo a casa?» Soffiò sul mio sesso bagnato. «O vuoi che continui, Fiorellino?»
«Ti odio, cazzo», strinsi i denti.
«Oh sì bambolina», ridacchiò avvicinandosi sempre di più alle mie mutandine. «Fammi vedere quanto mi odi godendo per me.» Con l'altra mano tirò il tessuto, strappando letteralmente i miei slip.
«Che cosa hai fatto?!» Sgranai gli occhi mentre lui sollevò le mutandine ormai rotte d'innanzi ai miei occhi.
«Ti ho aiutato a liberartene», li buttò.
Mi resi conto di essere completamente esposta a lui.
Senza pudore, senza uno stralcio di tessuto addosso.
Nuda dalla vita in giù.
Contrassi i muscoli delle gambe, irrigidendomi.
Mi sentivo talmente in imbarazzo che non riuscivo più a muovermi. Ma al contempo, avevo voglia della sua bocca e della sua lingua.
Era un bastardo e uno stronzo, ma maledizione se mi faceva godere come nessuno prima anche solo guardandomi negli occhi.
«Adesso svolgi l'esercizio. Muoviti.»
Sentii il mio sesso pulsare come se fosse un tamburo.
Ero fradicia, sotto il suo completo controllo.
E mi faceva impazzire.
«Non farmi questo», mugolai mentre il sudore colava lungo tutto il mio corpo.
Allontanò la sua bocca e mi guardò. «Vorrà dire che torneremo a casa.» Fece per alzarsi ma d'improvviso gli afferrai il polso.
«No!» Sbottai.
Non sapevo cosa mi stesse prendendo ma non avrei sopportato di essere lasciata così, ancora una volta.
Per quanto fosse sbagliato, lo desideravo più di qualsiasi altra cosa.
Dov'era finita la mia dignità?
Al Diavolo...
«Non ti permetterò di lasciarmi di nuovo...Così», affermai decisa ma dentro di me stavo per scoppiare. «...Stronzo.» Conclusi.
Fece un ghigno e si inginocchiò ancora una volta.
«Vuoi che ti faccia venire, Piccolo Fiore?» Mi domandò avvicinando ancora la sua bocca sulle mie cosce.
Le mie guance paonazze mi tradirono, ma ormai era palese che era l'unica cosa che volevo.
«Rispondi.»
Accumulò un po' di saliva nella bocca e serrò le mascelle.
«Ne ho b-bisogno», tartagliai mentre le parole uscivano come se fossero un soffio.
Ricominciai ad aprire e chiudere le gambe respirando con affanno. Fu così che lui si avvicinò e fece gocciolare quel cumulo di saliva sul mio clitoride.
L'eccitazione arrivò alle stelle.
D'improvviso piegò le ginocchia e mi sollevò. Mi aggrappai ai suoi fianchi con le gambe, incrociandole. Potetti avvertire la sua durezza sul mio basso ventre che non fece altro che implementare quel desiderio proibito insito fra le mie gambe.
Mi avvicinai alla sua bocca per dargli un bacio ma non me lo consentì.
«Non cedere Fiorellino», mi lambì le labbra per poi farmi scendere.
Davanti a me c'erano due maniglie per trazione collegate ad una struttura metallica abbastanza grande tramite delle funi.
«Adesso aggrappati. Ti farò fare delle trazioni a modo mio.»
«C-cosa?»
Mi prese dalle gambe con entrambe le mani e mi alzò. Mi avvinghiai con le mani ai corrispettivi anelli rimanendo sospesa con le gambe a penzoloni.
«Non vorrai che...» Rimasi sbigottita e lui mi interruppe subito.
«Non venire fin quando non te lo dico io...», sussurrò con i suoi occhi scuri e luccicanti di lussuria.
Mi prese le gambe e mi sollevò facendomi sedere sulle sue spalle. Strinsi con forza le maniglie fino a quando le mie nocche non divennero bianche e serrai le labbra. «Mi hai capito?» Annuii e cominciò a tracciare con la lingua una scia di saliva che percorreva il mio interno coscia sino al clitoride. Quando arrivò su quell'esatto punto tolse le mani dalla parte superiore delle mie cosce e aprii lentamente le grandi labbra, esponendomi alla sua bocca.
Insinuò la punta della lingua e cominciò a leccare lentamente quel punto, poi scese verso il basso e risalì un'altra volta.
«Cazzo», sussurrai in preda al piacere e buttai la testa all'indietro. Mi dondolai piano come se fosse l'unico modo per allontanare la sua bocca peccaminosa da me.
Ci affondò la lingua e fece gocciolare altra saliva. Iniziò a mordicchiare, lambire e soffiarci sopra come se fosse un piatto pregiato da gustare con cura.
Gemetti contraendo i muscoli delle gambe, mentre il cuore mi martellava nel petto.
«Hai il sapore del Paradiso.»
Riprese a succhiare, mentre la sua mano sinistra mi stuzzicava il clitoride ormai gonfio ed esposto. Nel mentre eseguiva movimenti circolari con l'indice, con la bocca risaliva e scendeva, schiudendo le labbra e leccando dei punti talmente sensibili da farmi gemere dal piacere.
«Ah! Derek!» Gli strinsi il viso in mezzo alle cosce. Più chiudevo le gambe e più il movimento diventava così veloce da farmi impazzire.
«Mm», ringhiò eccitato. «Peccato che vengo dall'Inferno e nel paradiso non c'è posto per i demoni come me», mormorò fermandosi per qualche secondo.
«E allora», mormorai in preda all'affanno. «C-cosa ci fai in mezzo alle mie gambe?» Domandai stupidamente.
Allo stesso tempo sentivo le braccia così in tensione tanto da farmi male. Mi tremavano ma cercai di non togliere la presa.
«Il Diavolo punisce, l'angelo purifica. Io ti farò pagare la tua pena e tu mi purificherai con un orgasmo da paura.»
Non mi diede il tempo di rispondergli che si avventò di nuovo su di me.
Sempre più famelico e voglioso di farmi godere.
Insinuò due dita dentro continuando a lambire il mio punto debole, leccando, mordicchiando e succhiando. Con l'altra mano mi diede una pacca sul sedere, facendomi sobbalzare.
«Ti mangerò fin quando non mi pregherai di venire.»
«Ah!» Mi morsi le labbra per non strillare. Mi sollevai di scatto col sedere.
Era una tortura atroce che si mischiò col dolore e il piacere. Le mie braccia stavano per cedere come anche la mia eccitazione.
L'orgasmo era così vicino da farmi tremare e attorcigliare lo stomaco in una morsa.
«Non ce la faccio più», mormorai. Sentii i miei occhi bruciare per il sudore che colò dalla mia fronte.
Le sue dita si muovevano esperte dentro di me provocandomi un gemito dopo l'altro e la sua lingua non ne voleva sapere di fermarsi.
Era tutto così estenuante ma incredibilmente piacevole che avevo paura di svegliarmi e rendermi conto che fosse un sogno.
«Resisti», ordinò con voce arrocchita. «Sei talmente così stretta e bagnata che ti scoperei con la bocca e con le dita per tutta la notte.»
Non riuscivo neanche più ad imbarazzarmi perché avevo il fottuto bisogno di liberarmi.
E così, arrivai proprio dove voleva lui.
«Ti prego, Derek», sussurrai con la voce implacabilmente rotta di eccitazione.
Non potevo credere che lo stessi pregando...
«Come, Fiorellino? Non ti ho sentito», mi tirò un'altra pacca sulla natica facendomi sussultare.
«Cazzo! Ti prego...» Strinsi le gambe attorno alle sue spalle facendo sì che la sua faccia stesse letteralmente fiondata sulla mia intimità.
Una mano mollò la presa della maniglia e si avvinghiò nei suoi capelli tirandoli e avvicinando il suo viso sempre più verso il mio sesso.
«Cristo Victoria, mi mandi il cervello a puttane.» Ringhiò con voce arrochita mentre le mie dita si intrecciarono attorno ai suoi capelli.
Continuò a leccare, succhiare, mordicchiare facendomi gemere sempre più.
Strozzai la voce in un ulteriore gemito che mi fece inarcare la schiena.
«Ti prego Derek, fammi venire», gli implorai mentre sentii sempre più l'orgasmo avvicinarsi e i miei liquidi colare lungo le mie cosce.
«Dimmi che sono la tua unica religione.» Si fermò, soffiando lentamente sulla mia intimità bagnata e gocciolante.
«Sei la mia unica... Unica religione», dissi chiudendo gli occhi e poggiando la testa al muro che avevo alle spalle.
«Promettimi che da questa notte in poi non permetterai a nessun uomo di approfittarsi di te.»
Mosse lentamente le dita con movimenti circolari e regolari. Sentii i miei umori sguazzare e mi morsi le labbra.
«Te lo prometto», sussurrai stringendo ancor di più i suoi capelli.
«E dimmi che sono l'unico in grado di farti godere fino a farti perdere la fottuta ragione», ringhiò ancora premendo con le dita in profondità e toccando un punto così talmente sensibile da farmi contorcere.
«Sei l'unico Derek Moore», dissi con la voce smorzata.
Per il piacere e il bisogno disperato di venire mi venne quasi da piangere. Le lacrime si accumularono agli angoli degli occhi, ma tentai di trattenerle.
«Dimmi che hai capito la lezione», disse ancora e si staccò dalla mia intimità continuando la tortura con le dita e baciandomi il monte di venere con dolcezza.
Derek, ti prego.
«Ho capito la lezione», sibilai a denti stretti e una pacca sopraggiunse il mio gluteo, facendomi sussultare ancora una volta.
«Ti prego», cantilenai come una bambina disperata.
«Mi odi, Piccolo Fiore?»
Presi un respiro profondo.
«L'odio che nutro nei tuoi confronti è talmente profondo che ci potrei annegare.»
«E io non vedo l'ora di annegare fra i tuoi umori e il tuo orgasmo più intenso. Tieniti forte, Fiorellino.»
Spinse di scatto le dita e lambì la mia apertura facendo gocciolare un po' di saliva all'interno.
Mi aggrappai nuovamente alla maniglia, mentre lui giocava con le dita. Riaprii gli occhi, notai la sua fronte insita di sudore, le sue braccia da sotto la maglia tecnica contratte e le sue gambe divaricate.
I suoi occhi mi guardavano con intensità, quasi bruciarono al contatto con le mie pupille verdi. Le sue labbra succhiavano ogni centimetro della mia intimità glabra e la sua barba mi pizzicò.
D'improvviso sentii una sensazione piacevole farsi strada che mi percosse lo stomaco e mi fece scoppiare il cuore.
«Dì il mio nome», quasi abbaiò affondando le dita con più voracità.
«Derek!» Gemetti, lasciandomi trasportare da quel piacere spossante. Strinsi il suo viso fra le mie cosce, buttai la testa all'indietro e inarcai la schiena lasciandomi andare ad un orgasmo incredibilmente sfibrante. Le mie dita strinsero fortemente le maniglie, tanto da farmi male.
Mi abbandonai ad un piacere estremo, respirando a fatica. Sentii risucchiare ogni centimetro della mia pelle e del mio sesso, mentre avvertii le gambe cedere tutto d'un tratto.
«Vieni da me», mormorò. Così tolsi le mani da quelle maniglie e Derek mi prese tra le braccia. Attorcigliai le gambe al suo bacino, mentre sentivo il mio corpo stanco e le braccia indolenzite.
Per un breve momento il mio cervello si offuscò, le mie forze si affievolirono e mi sembrava di vivere all'interno di una bolla.
Sentivo le sue mani aggrappate alle mie gambe e poggiai la testa sulla sua spalla, mentre camminava a passo lento.
Entrammo nello spogliatoio femminile.
Mi fece scendere lentamente e poggiai i piedi sul pavimento freddo, tanto da farmi venire i brividi.
«Ho appurato che sia nella tua perversione che nella tua innocenza... Sei bellissima.» Mi accarezzò con l'indice lo zigomo ma ancora i suoi occhi bramavano le mie forme. «Dannatamente.» Arrossii mentre mi osservava e mi tastava con le sue dita non impregnate dei miei umori.
Si avvicinò lentamente e sfiorò la sua bocca con la mia, dandomi un bacio casto.
Bacio che non rifletteva per niente tutta la situazione vissuta prima.
Troppo casto. Troppo puro.
Troppo poco per uno come Derek Moore.
«Fatti una doccia, così poi andiamo a casa.» Spostò qualche ciuffetto fuori posto dalla mia fronte sudaticcia e poi aprii un armadietto uscendo fuori uno shampoo e un balsamo sigillati.
«Usa questi.» Me li passò fra le mani, per poi accingersi ad andare via, ma lo bloccai.
«Aspetta.» Il suono della mia voce tremante lo fece fermare. «T-tu...» Balbettai e non potetti non notare il rigonfiamento che premeva insistentemente contro il suo pantalone di tuta.
Mi capii al volo.
«Oh, Piccolo Fiore.» Sogghignò e si inumidii le labbra gonfie e rosse. «Ci sarà tempo per quello. Sempre se non vorrai disintossicarti da me.»
Strizzò un occhio e mi lasciò da sola, richiudendo la porta alle sue spalle.
Mi guardai attorno e vidi le innumerevoli docce che adornavano lo spogliatoio. Erano separate le une dalle altre da un muretto in mosaico e delle tende per privacy.
Entrai in una a caso e mi tolsi il reggiseno, posizionandolo sul muretto. Poi aprii il getto dell'acqua caldo e cominciai a rilassarmi.
Stentavo ancora a credere a quello che era successo.
Io, Derek, la sua bocca...
Era tutto così sbagliato. Tutto. Completamente.
Ma in quel momento, per tutto quel tempo, mi sentii viva.
Rinata.
Quelle emozioni talmente forti che sovrastarono la mia razionalità scossero qualcosa in me.
Riaccesero il mio animo spento ormai da troppo tempo.
Lui era quel fiammifero, quella miccia, quella sorta di fiamma che ardeva e che era in grado di darmi calore.
Derek Moore era il mio fuoco.
Scottante.
Sapevo benissimo che mi sarei bruciata, se non ustionata, iniziando a giocare con lui.
Giocare con lui significava stare al suo volere, ai suoi ordini e alla sua arroganza. Ma significava anche avventurarsi nel proibito, misterioso ed ignoto.
Mi aveva acceso e donato uno degli orgasmi più intensi della mia vita. Mi aveva stregata con uno sguardo e fatta godere così forte da sentirmi male.
Avevo paura, sì.
Ma una parte di me ripeteva che forse ne sarebbe valsa la pena.
Era la mia cattiva fortuna.
La mia perversa tentazione.
E questo, niente poteva cambiarlo.







Rientrammo a casa a notte fonda. Derek ripulì i sedili, sistemò le maniglie delle trazioni e si occupò di lasciare tutto immacolato.
Io mi rivestii non indossando le mutandine che Derek strappò con violenza. Se le mise dentro la tasca della sua giacca in pelle nera, spense le luci e richiuse a chiave la palestra.
Non proferii una parola nel viaggio di ritorno e neanche lui.
Mi sentivo stanca, incredibilmente a pezzi con le braccia e gambe tremolanti. Il mio corpo voleva riposo, nonostante le sensazioni inebrianti ed eccitanti lo sconvolsero.
Lui si sedette su uno dei tanti divani che adornava l'enorme salone e che dava la vista di Brooklyn. Si accese una sigaretta e cominciò a fare qualche tiro.
Io rimasi immobile stringendo le braccia e chiudendomi la vestaglietta in seta.
Osservai i suoi capelli scompigliati, il cenno di barba che contornava perfettamente il suo viso e le sue labbra ancora gonfie e lucide.
Aveva ancora addosso la tenuta sportiva. Incrociò una gamba sull'altra continuando a buttare fumo dalla bocca.
«Sei qui per dirmi qualcosa?» Girò lo sguardo verso il mio, squadrandomi.
Sin dal primo giorno i suoi occhi non erano mai stanchi di scrutarmi e studiarmi. Sembravano pendere dalla mia corporatura e quel pensiero mi fece sorridere.
«Non credi che dovremmo parlare?» Strinsi ancora di più le braccia fra loro mettendomi per un attimo in punta di piedi.
«Parlare?» Aggrottò la fronte e fece un altro tiro. Mi invitò con la mano a sedermi vicino a lui e tirando un sospiro, mi avvicinai e mi posizionai ad una certa distanza.
«Come dovrei definire quello che è successo?» La gamba mi tremava per l'agitazione, ma non ne potetti far a meno.
«E lo chiedi a me?» Spostò di nuovo lo sguardo verso la finestra. «Non sei in grado di descriverlo da sola?»
Deglutii e rivolsi anch'io gli occhi verso il cielo. «Noi non siamo niente.»
«È così.»
Mi morsi il labbro. «Ma non può essere niente quello che è successo stanotte.»
«Può essere qualsiasi cosa tu voglia, Piccolo Fiore.» Finii la sigaretta e la spense nel posacenere, per poi tornare a guardarmi con i suoi occhi famelici. «E che io abbia voglia di baciarti, in questo istante, come dovrei definirlo?» Mi domandò a sua volta.
«Attrazione», mormorai mentre sentii il suo corpo che pian piano annullava le distanze fra di noi.
«Interessante.» Mi agguantò il mento con una mano.
Le mie pupille si spostarono a destra e a sinistra velocemente, ma cercai di non perdere l'aggancio con le sue.
«Dopo aver concluso mi hai dato un bacio casto.» Gli feci notare la mia disapprovazione e la sua profonda incoerenza. «Perché? Non ti sono piaciuta?»
In realtà quel dubbio lo rimuginai dentro di me per tutto il tragitto. Fremevo dalla voglia di sapere la sua risposta.
«Vuoi sapere perché non ti ho baciato come si deve?»
Annuii. La sua bocca sfiorò la mia e sentii il suo respiro caldo avvolgermi.
«Perché se ti avessi baciato, avrei avuto di nuovo voglia di sbranarti. Con tutte le mie forze. E non mi sarei limitato solo a fotterti con la bocca e con le dita. Ti avrei piegato e distrutto.»
Il suo modo così violento e diretto di espormi i suoi desideri mi lasciavano puntualmente senza parole.
Ebbi la risposta alla mia domanda... Anche se era così rude, cinico e animalesco.
«Se mi odi non lo faresti. Dovresti disprezzarmi, anziché bramare di avermi.» Affermai.
Le sue labbra lambirono le mie, facendomi nuovamente tremare e contorcere lo stomaco.
«Io ti disprezzo, con tutto il mio cuore. Ti ho fatto penare per avere un orgasmo, bambolina. E tu, invece? Sei venuta sulle mie dita e sulla mia bocca, implorandomi. Se questo è il tuo modo di odiarmi, allora, vorrei che mi odiassi ogni singolo momento della tua esistenza.»
Arrossii inevitabilmente.
«Sei così arrogante», gli dissi stringendo i pugni contro il divanetto.
Sghignazzò, tenendomi ancora una volta in pugno.
E di nuovo, una sensazione nel mio basso ventre mi spinse a volerne di più.
Stava diventando un'ossessione.
«Se ti baciassi, ora, in questo momento, come Dio comanda, sarei un po' meno arrogante secondo te?»
Fallo.
«Non lo so.» Lo provocai.
«Dovremmo scoprirlo.»
«Forse...», sussurrai mentre strusciò la sua bocca sulla punta del mio naso. Chiusi gli occhi alzando il viso per raggiungere la sua bocca che lentamente si schiuse.
Mi baciò in maniera rude e passionale, aprendo la bocca e permettendo questa volta di insinuarmi per prima. Infilai la lingua, premendo fortemente sulle sue labbra. Lui ricambiò, rincorrendo la punta della mia lingua per poi succhiarla tra le labbra.
I suoi baci non erano baci normali. Erano di più.
Era tutto ciò che mi avrebbe condotto verso una strada senza uscita.
Un vicolo cieco.
La sua mano scese, avvinghiandosi al mio collo e pian piano mi spinse a stendermi sul divanetto. Si posizionò sopra di me. Mi lasciò prendere fiato per qualche secondo, distaccandosi e scendendo a baciarmi il collo. Avvinghiai le gambe attorno al suo bacino e posizionai le mani sul suo petto, scendendo giù mentre sentivo i suoi muscoli contrarsi come se fosse in tensione.
Mi mordicchiò la pelle, facendomi gemere e inarcare la schiena.
Arrivai con le mani all'orlo della sua maglietta e tentai di alzargliela, quando d'improvviso si staccò dal mio collo e mi prese il polso con violenza.
«Che cosa hai intenzione di fare?» Mi domandò. Il suo tono di voce cambiò, i suoi occhi divennero carichi di rabbia, come se gli avessi fatto del male. «Victoria, cazzo, cosa volevi fare?»
Stavo sognando o era lui a delirare?
«Derek, io...» Si allontanò dal mio corpo e si alzò guardandomi serioso. «Ma che ti prende?» Mi ricomposi.
«Ci sono dei limiti. Non mi devi toccare senza il mio consenso. Mi hai capito?» Si avvicinò a me serrando le mascelle.
«Limiti? Parli seriamente di limiti?» Allargai le braccia, quasi furiosa. «Tu mi hai fatto patire l'inferno e parli di limiti?»
«Non mi sembra ti sia dispiaciuto patirlo.» Mi puntò il dito contro. «Va' a dormire, è tardi e domani è una lunga giornata.»
Superò la mia figura dandomi le spalle e incamminandosi verso le scale.
«No, tu non vai da nessuna parte senza che mi venga data una spiegazione!» Lo seguii cercando di stare al suo passo. «Toccarti senza il tuo consenso? Vuoi dirmi che non vuoi essere toccato da me?»
Salimmo insieme le scale, ma lui era così veloce che mi superò nel giro di due secondi. «Derek!» Lo richiamai e nel mentre aprii la porta della sua camera.
Io rimasi impalata davanti a lui, in attesa di una sua risposta.
«Ci sono dei limiti che non puoi superare. Dannazione.» Strinse con forza la maniglia della porta rimanendo girato di spalle. «Nessuna donna mi ha mai dato così tanti problemi. Tu sei l'unica che mi riempie di domande. Cazzo!»
Il mio cuore fece una capriola per poi catapultarsi dritto verso una sofferenza così strana e amara.
In realtà non dovevo rimanerci male, ma fu inevitabile.
«Dimmi cosa c'è che non va se io ti tocco.»
«Smettila.»
«Voglio saperlo! Io ti ho donato parte di me», dissi con un tono di voce piuttosto agitato e sconvolto. «E tu ti tiri indietro?»
«Te lo ripeto: ci sono dei cazzo di limiti che devi rispettare. Punto.» Buttò un pugno alla porta e sobbalzai per lo spavento mentre vidi le sue nocche che cominciarono a sanguinare.
No, anche tu no...
Come mio padre, come Luke, anche tu no.
«Non te lo ripeterò un'altra volta.» Si coprii le nocche con l'altra mano.
«È chiaro. D'altronde non c'è differenza tra te e loro.»
Sorrisi tristemente e mi avvicinai alla porta della "mia" camera e la aprii.
«Non parlarmi. Non toccarmi. Non baciarmi. Non guardarmi. Dove ci sono io, non devi esserci tu. Non te lo ripeterò un'altra volta.» Enfatizzai le sue parole ed entrai frettolosamente nella camera, chiudendo la porta alle mie spalle.
La chiusi a chiave e poggiai la schiena contro, strusciandola contro di essa e sedendomi sul pavimento.
Misi le ginocchia al petto poggiandoci il mento.
Non siete niente.
Niente.
Niente.
Niente.
Niente.
Io e Derek non eravamo niente.
Me lo ripetei nella testa sino a quando non ne ebbi la nausea.
Sentii dall'altra parte la porta chiudersi, segno che anche lui entrò nella sua camera.
Era un enigma.
Mi asciugai col braccio una lacrima che stava rigando la mia guancia e non le permisi di scendere ancora.
Era un mistero.
E io... L'avrei risolto.










SPAZIO AUTRICE


Ciao a tutte Piccoli Fiori! Questo è il ventiquattresimo capitolo della storia. Ve l'avevo detto che sarebbe stato molto molto molto spicy.
Spero di non essere entrata nel ridicolo o nel cringe e che vi sia piaciuto, soprattutto.
Le cose si iniziano a fare parecchio difficili, soprattutto per la nostra Vic che non riesce a comprendere l'atteggiamento di Derek.
Vi aspetto al prossimo capitolo!


Nel frattempo, mi potete seguire sui social Instagram e TikTok col nick @higracehall, se volete scambiare due chiacchiere!


Un bacio grandissimo,


Vostra, Grace.

The Silence of a PromiseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora