Victoria
"Ti appartengo.
Non vorrei essere di nessun altro.
Se non... Tua."
Victoria Brown
L'avevo sfidato in un gioco pericoloso.
Eravamo fuoco e fiamme.
Mi accendeva come una miccia e mi rendeva fragile come una bomba ad orologeria.
Non volevo smettere di provare la medesima sensazione. Ne ero dipendente.
Mi guardò con aria di sfida ma al contempo con le iridi che sbrilluccicavano di lussuria e follia. Incatenai i miei occhi ai suoi, iniziando un gioco di sguardi che manifestava il desiderio carnale che avevamo l'un per l'altro.
«Vuoi concedermi il lusso di controllare, Victoria Brown?» Ammiccò. Mi sentii in imbarazzo e avvertii le guance andarmi a fuoco.
Sei impazzita?
Sì.
Ma per una volta avvertii il bisogno di tenergli testa, senza lasciarmi avvolgere dall'estrema vergogna.
«Sì», mormorai. «Sempre se tu ne sia in grado.» Al pronunciare di quella frase, le sue iridi mi trafissero come delle schegge pungenti.
Il mio respiro si fece corto, ma i suoi occhi non smisero un secondo di scrutarmi. Trattenni il respiro ma cercai comunque di mostrarmi sicura di me stessa. Non potevo cedere.
«Tu mi chiedi se io sia in grado?» Picchiettò le dita sul tavolo. Guardai le sue dita insistentemente e avvampai ancora una volta.
Maledette emozioni.
Eravamo seduti una di fronte all'altra. La sua mano scivolò sotto il tavolo, aggrappandosi al mio ginocchio scoperto. Sussultai per il gesto improvviso.
«Sai cosa ti consiglio?» Il suo tono di voce era tutt'altro che tranquillo e pacato, nascondeva un velo di minacciosità.
«Ti ascolto.» Deglutii.
Le sue dita accarezzarono la mia pelle che si riempì di brividi e sinuose ne tastarono ogni centimetro. Il suo tocco l'avrei riconosciuto sempre.
Mi stavo dimostrando fintamente forte, ma non avevo neanche un briciolo della sua sicurezza.
Riuscì ad arrivare all'orlo del mio tubino ma non andò oltre. Il cuore mi martellava nel petto e lo sentii sino alla gola. Poi, la sua mano scivolò subito via, lasciandomi con l'amaro in bocca.
«Mangia, Fiorellino. Ti serviranno parecchie energie.»
Abbassò lo sguardo sul suo piatto e continuò a mangiare, non mostrandomi altri cenni di dialogo. Rimasi in silenzio e ripresi anch'io, anche se il mio stomaco era un po' restio al cibo in quel momento.
Passarono quindici lunghissimi minuti ma che vivemmo nel totale silenzio. La cena fu ottima e mostrammo il nostro gradimento consegnando al cameriere i piatti vuoti.
«Gradite un dolce?»
«Da portare, possibilmente.» Rispose Derek.
«Abbiamo una vasta scelta di...»
«Voglio il più buono di tutto il ristorante», affermò con tono autoritario.
Lo osservai esterrefatta per il mancato garbo che concesse al cameriere, e quest'ultimo, dopo essersi appuntato l'ordine, andò via in fretta.
«Il taxi è già qui. Vai. Ti raggiungerò fra poco.»
Alzai un sopracciglio. «Cosa significa?»
«Quello che ti ho detto, Fiorellino.» Mi fece cenno col capo di andare.
Mi alzai sistemandomi il cappotto e poi frugai nella borsa, alla ricerca del mio portafoglio.
«Dividiamo», dissi per poi afferrare due banconote.
Speravo vivamente che bastassero almeno per coprire la mia parte. Ma lui rifiutò, categoricamente. Mi osservò curioso e poi si alzò anche lui.
«L'uguaglianza fra uomo e donna la dimostrerai in un'altra occasione, Bocciolo. Vai.»
«Hai fatto fin troppo per me.» Controbattei, insistendo nel porgergli le banconote.
«Mi offrirai altro. E so che mi piacerà.» La sua voce roca mi donò una lieve ma eccitante sensazione.
«Derek...», dissi quasi tartagliando.
«Sali in auto.»
Decisi di allontanarmi in fretta, perché non avrei resistito un altro minuto. Dopo aver varcato il lungo corridoio, porsi un saluto di cordialità e uscii. Intravidi subito il nostro taxi e non esitai un minuto ad entrarci.
Ripresi fiato. Mi sembrava di aver corso per ore senza una tregua.
In realtà era proprio Derek Moore a lasciarmi senza fiato.
Mi accomodai subito e molto probabilmente ero in preda ad un attacco di panico.
«Tutto bene signorina?» Mi chiese l'autista valutando la mia espressione sconvolta dal finestrino.
«S-si. Tutto... Tutto bene.»
Subito dopo, vidi la figura di Derek palesarsi fuori dal ristorante con un piccolo vassoio richiuso in carta fra le mani.
Entrò in auto e si posizionò al mio fianco.
«Se ne avevi voglia potevi consumarlo al tavolo.»
Mi ignorò.
«Luxury Hotel.» Fece cenno al taxista che partì immediatamente sotto il suo ordine. «Parli troppo Bocciolo.»
Decisi di rimanere in silenzio.
Non sapevo cosa sarebbe accaduto dopo la sparata che gli avevo fatto al locale, ma, presupponevo nulla di buono. Mi sentivo di aver sfidato troppo la sorte in un gioco più grande di me. O meglio, avevo sfidato Derek Moore.
E sapevo che me l'avrebbe fatta pagare.
Sino all'ultimo istante.
Sentii il profumo del cioccolato provenire da quel vassoio e mi morsi il labbro.
«Nocciola e cioccolato.»
Comprese il pensiero nella mia testa, tanto da farmi rimanere a bocca aperta.
«Lo mangeremo in hotel?» Gli porsi la domanda, mentre mi schiarii la voce.
«Dipende.»
Aggrottai la fronte e inarcai un sopracciglio.
«Dipende da cosa intendi per mangiare.» Posò una mano sulla mia gamba. Sussultai per il gesto mentre le sue dita vagarono lungo la mia pelle.
«Non credo che ci siano tante definizioni.» Incalzai in un sussurro, per poi spostare lo sguardo sul taxista che stava parlando al telefono tramite delle cuffie Bluetooth.
I suoi polpastrelli arrivarono sotto il mio vestito. Gli bloccai il polso, impedendogli di andare oltre.
«Non farmi questo. Proprio qui.» Sussurrai avvilita e lui staccò la mano, concedendomi un lieve sollievo.
Non proferì più parola ma i suoi sospiri insistenti non mi lasciarono via di fuga.
Sembrava come essere avvolto da una nube di pensieri che l'opprimevano in maniera malsana.
Rimasi a guardarlo per qualche istante, fino a quando il taxi non si fermò perché eravamo a destinazione.
Lui uscì per primo dopo aver lasciato la mancia all'autista e io lo seguii a ruota. Varcammo l'hall dell'hotel e dopo aver salutato il receptionist, ci dirigemmo verso il corridoio.
Arrivammo dopo una manciata di secondi. Il suo passo era veloce, come se fosse in tensione.
«Apri la porta», sussurrò e il suo tono autoritario non mancò.
Mi pentii subito di avergli detto quella frase.
Perché non lo scopri da solo, Derek Moore?
Mi diressi proprio verso la bocca del leone e non potevo tornare indietro.
«D-Derek... Sai bene che» Col dito della mano libera, mi accarezzò il labbro inferiore, rivolgendomi uno dei suoi sguardi intensi e capaci di stravolgermi anche l'anima.
«Non me ne frega un cazzo di quello che so. Apri questa porta.» Spinse il polpastrello sulla mia bocca e si avvicinò a me.
Rabbrividii cercando di rimanere composta e mi girai di scatto per aprire la porta.
Quando la spalancai, il suo corpo si adagiò al mio e mi costrinse ad entrare. Richiuse la porta alle sue spalle e poi posò il vassoio su una piccola scrivania che adornava un angolo della camera.
Ci guardammo negli occhi per dei secondi che mi sembrarono interminabili, sino a quando non fece un passo verso di me, poi un altro e un altro ancora.
Poggiò la fronte sulla mia mentre io lo guardavo dal basso e cercai di non tremare.
La sua vicinanza mi faceva impazzire, così come le sue mani che si posarono sui miei fianchi.
«Non mi frega un cazzo di niente, Victoria.» Pronunciò con voce roca il mio nome che mi fece contorcere lo stomaco. «Ho il desiderio malsano di...» Sussurrò a un centimetro dalla mia bocca. «Di baciarti, di toccarti, di...», lambì le mie labbra come se fossero caramelle, mentre cominciai ad ansimare per il piacere. «Di piegarti e sperare che tu mi abbia disobbedito, perché ho proprio voglia di sculacciarti.»
Si accese una fiamma in me, un desiderio carnale che andava sempre più a soffocare la mia razionalità.
La ragione cessò di esistere.
Lo desideravo più di quanto dovetti ammettere a me stessa.
«Dimmi cosa devo fare», mormorai poggiando le mani sul suo petto.
«Ti voglio a novanta su questo letto entro cinque secondi.»
Si staccò da me e ripresi a respirare.
«Uno, due», iniziò a contare. Sentii la mia intimità pulsare e una scossa elettrica percorrermi la schiena. «Non farmi arrivare a cinque...», ringhiò. Così, eseguii il suo ordine.
Con estremo imbarazzo misto ad un'eccitazione inspiegabile, salii sul letto con le ginocchia sul materasso e la schiena inarcata.
Mi piegai sui gomiti mentre delle goccioline di sudore attraversarono la mia fronte. Avvertii il suo corpo a poca distanza dal mio e le sue mani poggiare sui miei fianchi. Accarezzò il mio bacino facendomi sospirare.
Ero così esposta d'innanzi a lui che avvertii il rossore bruciante delle mie guance.
«Adesso vediamo se questo Piccolo Fiore ha rispettato la mia richiesta...»
Mi alzò il vestito fino a farmelo scivolare dalla testa e mi sistemai meglio per aiutarlo. Deglutii e le braccia iniziarono a tremarmi. «Cosa abbiamo qui...», sussurrò e posò entrambi i palmi delle mani sui miei glutei. «Hai indossato le mutandine.»
«E adesso cosa farai? Mi metterai in punizione, Derek Moore?», dissi provocandolo e stringendo tra le mani le coperte. Mi morsi il labbro per il nervosismo e l'ansia.
D'improvviso avvertii una pacca sul gluteo e sobbalzai per lo spavento.
«Ah!»
«Perché le hai indossate, Fiorellino?» Un altro schiaffo, questa volta sul gluteo opposto. «Ti eccitava l'idea di essere sculacciata?»
«D-Derek», balbettai col fiato corto. Mi sculacciò un'altra volta, mentre il mio basso ventre si contorceva ad ogni sua mossa.
Avvertii bruciore e un pizzico di dolore profondo che sovrastavano i miei respiri affannati.
«Rispondi.»
«Sì.» Fu così che me ne tirò un'altra, secca ma dura ed estrema. Sobbalzai nuovamente, sospirando di piacere.
Sentii il tessuto degli slip tra le sue mani inumidirsi, cosicché con una mossa repentina me li strappò.
Il sangue mi arrivò al cervello e sentii le gote bollenti. Selvaggiamente mi divaricò più le gambe, mentre i miei gomiti stavano per cedere.
«Non puoi strappare tutte le mie mutandine...», mugolai.
«Posso comprartene altre dieci mila e te le strapperei comunque tutte, pur di sentirti e vederti bagnata per me, Fiorellino.»
Si allontanò da me e io spostai lo sguardo verso di lui. Si diresse verso il vassoio che precedentemente posò sulla scrivania.
Quasi mi vergognai e stavo per alzarmi e andarmene, fino a quando non avvertii nuovamente la sua presenza.
«Sei ancora in tempo per dirmi no.»
Non capivo come facesse puntualmente a leggermi la testa.
Ero così un libro aperto per lui?
«Avverto i tuoi tremori.» Col polpastrello mi accarezzò la schiena, provocandomi dei brividi. «Ti do la possibilità di fermarmi e io andrò via dalla tua camera. Ma devi dirmelo.»
Era davvero ciò che volevo?
No, non lo era. Avrei voluto continuare a stare insieme a lui. Volevo godere, per lui. Ma avrei anche voluto conoscerlo meglio.
Io gli raccontai qualcosa del mio passato e mi resi conto che invece, io, non sapevo nulla di lui. In più, però, non volevo rovinare quel momento per cui decisi di accantonare quel pensiero.
«Non voglio che tu vada via.»
«Bene...», mormorò con voce rauca.
Inarcai bruscamente la schiena quando sentii qualcosa di freddo posare sulla mia pelle o, meglio, su una natica.
«C-cos'è?», domandai incerta, mentre Derek mi diede un'altra pacca fulminea facendomi trasalire.
«Il mio dessert e tu sarai il piatto da cui lo mangerò.»
Era il gelato che aveva preso prima, potetti avvertirne la consistenza e l'odore.
Iniziò a succhiare e leccare provocandomi degli spasmi di piacere. Con la lingua seguì ogni contorno, fino ad arrivare alla mia intimità gocciolante. Ci soffiò su, torturandomi a poco a poco. Un formicolio mi fece contrarre le gambe e a stento riuscii a reggermi sui gomiti.
«Resisti, Bocciolo.» Sussurrò in mezzo alle mie gambe, mentre cominciò a lambire la mia intimità. Mi uscì un gemito dalla bocca, quasi vergognoso. La posizione in cui mi trovavo, facilitava l'esposizione alla sua lingua. Succhiò con ardore e prepotenza, leccò il clitoride e lo afferrò poi tra i denti tirandomelo. Emisi dei gemiti continui e lui mi tirò nuovamente un'altra pacca, facendomi quasi gridare.
«Derek!», squittii malamente mentre muovevo in maniera oscena il bacino contro la sua bocca. Mi afferrò dalle gambe e mi voltò di pancia in su. Si mise a cavalcioni e mi guardò con occhi lucidi e carichi di eccitazione.
Notai la sua erezione che gonfiò i suoi pantaloni e le sue labbra inumidite dei miei umori. Le sue pupille vagarono sul mio corpo. Non indossai il reggiseno sotto quel vestito, così ero completamente nuda alla sua mercè.
«Porca puttana», esclamò deglutendo a fatica e poi si avvicinò al mio orecchio. «Che io sia dannato perché rovinerò ogni singolo centimetro del tuo corpo, e cazzo, sei stupenda.» Mi morse il lobo e una scossa elettrica percorse la mia spina dorsale.
Ero davvero così bella ai suoi occhi?
Sorrisi e mi morsi il labbro. Per un attimo mi concentrai solo su di noi.
Era stronzo, bello e dannatamente sbagliato.
Ma era l'unico in grado di farmi provare quelle sensazioni. Quelle farfalle nello stomaco che svolazzavano ogni qualvolta che lui mi guardasse.
I nostri occhi erano un connubio perfetto.
Afferrò velocemente la vaschetta col cucchiaino al suo interno. Il gelato era quasi sciolto per il calore che emanava la camera. Ne prese un po' e, lanciandomi un'ultima occhiata, mi osservò a fondo i capezzoli turgidi e spalmò un po' di gelato sopra di essi. Inarcai la schiena per la sua freddezza ed emisi un leggero ansimo.
Strisciò il cucchiaino lungo il mio addome sino a raggiungere il mio ombelico, mentre le sue pupille famelicamente si muovevano su di me.
«O-oh», mormorai rabbrividendo a quel contatto. Per ultimo, mi sporcò leggermente le labbra e il mento. Lui mi guardò compiaciuto. Posò la vaschetta di fianco e si abbassò all'altezza della mia bocca. Leccò le labbra e le succhiò con i denti, poi insinuò la lingua. Afferrai il suo viso con entrambe le mani e intensificai il bacio.
«Frena, Fiorellino...», sussurrò con voce gutturale per poi staccarsi dalla mia bocca, mordendomi lievemente il labbro inferiore. Scese a baciarmi il mento, poi il collo mentre io affondai le mani nei suoi capelli. Attaccai il suo viso sulla mia pelle e strinsi le gambe attorno al suo bacino, godendo del contatto della sua erezione contro il mio pube.
Avevo voglia di togliergli i vestiti.
Avevo anch'io voglia di mangiare quel dolce sul suo corpo.
«Baciami ancora», lo supplicai mentre le sue mani scivolarono lungo le mie gambe per consentirmi di aggrapparmi meglio al suo corpo.
Scese con la bocca lungo i miei seni, leccando il gelato sui capezzoli. Li succhiò con voracità facendomi gemere di piacere.
Arricciai le dita attorno ai suoi capelli e li tirai con forza. La sua lingua si muoveva esperta sulla mia pelle, lambendo ogni singolo punto in cui il gelato giaceva.
Risalì velocemente e riprese a baciarmi lentamente, facendomi bagnare sempre di più.
«Derek...» Poggiai le mani sul suo petto e presi un po' d'aria, guardandolo negli occhi.
«Fiorellino», sussurrò poggiando la sua fronte sulla mia e accarezzandomi lentamente le caviglie.
«Voglio...», deglutii in preda all'imbarazzo. «Voglio che ti togli i pantaloni e...»
Sorrise beffardo e si avvicinò ancora una volta al mio orecchio. «Fallo tu.»
La situazione si capovolse e così anche i nostri colpi. Con un colpo secco e un movimento rapido, salii su di lui a cavalcioni. Il mio sesso glabro sfiorò la sua erezione pungente e pulsante. Lui mi teneva dai fianchi, stringendoli fra le dita.
«Non so se sono...», mi interruppe.
Non mi sentivo alla sua altezza. Lui era così esperto, mentre io ero... Semplicemente io.
Nulla di speciale.
«Victoria... Non desidero altro che le tue mani e la tua bocca su di me», afferrò le mie mani e le posò sulla sua erezione. «Ciò che mi provochi va oltre la semplice eccitazione. Sei ogni mio brivido lungo la schiena.» Mi guardò fisso al pronunciare di quelle parole e mi spinse a donargli piacere.
Presi coraggio e slacciai la cintura, lasciandola cadere sul pavimento. Gli sbottonai i pantaloni ma non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi. Sollevò il bacino aiutandomi ad abbassarlo giusto il necessario per scoprire i suoi box. Mi agevolò ancora una volta, permettendomi di sfilarglieli. Arrossii per le sue dimensioni, come se fosse la prima volta che lo vedevo.
«Vai avanti...»
Fu la prima volta che lo sentii quasi implorarmi di continuare. Presi il cucchiaino e presi la rimanenza di gelato, tracciando una linea lungo tutta l'asta.
Non potevo credere che lo stessi facendo davvero.
Strinse con forza le mie natiche facendomi sussultare. «Adesso succhialo.» Mi ordinò mordendosi l'interno guancia. Notai i suoi muscoli sguizzare da sotto il tessuto della camicia.
Mi abbassai e, desiderosa, uscii fuori la lingua per cominciare a leccarlo. Sapeva di eccitazione, di desiderio, di voglia, di... Sesso. Poi, sistemandomi meglio, mi piegai completamente sino a prenderlo tutto nella bocca.
«Oh...», sospirò. «Maledizione.» Afferrò la mia testa con entrambe le mani mentre io muovevo sinergicamente la bocca godendomi tutta la sua libidine.
Affondai sempre più il suo pene bagnato dentro, leccandone ogni lato. Aumentai il ritmo, cercando di prendere fiato ogni qualvolta che ne avessi la possibilità.
«Dio santo...» Lo fece uscire dalla mia bocca tutt'un tratto.
«Perché lo hai fatto?», gli domandai delusa. «Se non ti piace puoi dirmelo...», sussurrai.
Lui si alzò lentamente con la schiena, poggiandosi alla tastiera del letto. Mi trascinò con sé, e così, mi ritrovai seduta su di lui. Strinsi le gambe attorno al suo bacino, mentre lui con affanno mi avvolse le braccia attorno alla schiena e mi avvicinò verso la sua figura. Eravamo fronte contro fronte e potetti avvertire il suo battito cardiaco all'unisono col mio.
«Sei l'unica che mi fa impazzire così», disse spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Mi piacciono le tue mani, mi piace il tuo tocco, mi piace il modo in cui mi fai godere, Fiorellino.» Sorrisi tremendamente imbarazzata. «Ti guarderei negli occhi tutto il tempo mentre...», si interruppe e soffiò leggermente sulla mia bocca provocandomi dei lievi brividi.
«Mentre?», tartagliai e abbassai lo sguardo. Lui posò l'indice sotto il mio mento e me lo rialzò, allineando i nostri sguardi.
«Mentre affonderei dentro di te.»
Mi si bloccò il respiro e irrigidii a pieno i muscoli.
In realtà lo desideravo da tanto tempo, nonostante i miei sentimenti contrastanti.
Lo volevo solo e soltanto per me.
L'odio che nutrivo nei suoi confronti non fece altro che alimentare l'attrazione e si trasformò in qualcosa di più.
Mi nutrivo di lui.
Dipendevo da lui.
E anche se era qualcosa di così dannatamente sbagliato, a me rendeva viva.
«Derek...», dissi in un sospiro mentre i nostri sessi erano quasi l'uno sull'altro.
«Bocciolo.» Rispose nuovamente. Se prima la mia richiesta era quella di praticargli del sesso orale, in quel momento, il mio desiderio andò oltre.
Sollevai lo sguardo e notai il riflesso dei nostri corpi dallo specchio appeso al soffitto.
Il letto era in disordine e i nostri corpi aggrovigliati.
«Io... Voglio...», lo guardai negli occhi attraverso il vetro e lui fece lo stesso. Le mie guance divennero bollenti e il calore persuase ogni centimetro del mio corpo. «Voglio bruciare sotto il tuo sguardo mentre entri dentro di me», abbassai la testa perché non riuscii a reggere la mole di emozioni che in quel momento stavo provando.
«Ne sei davvero sicura?», mi domandò. «Se iniziassi a scoparti, non mi fermerei davvero più.»
Mi aggrappai con le braccia attorno al suo collo.
«Potrei farti male ed essere molto rude.» Mi attaccò a lui e sentii la mia intimità strusciarsi contro il suo sesso. Posò entrambi i palmi delle sue mani sulle mie natiche.
«Ne sono sicura», sussurrai mentre il bollore delle mie guance iniziò ancora una volta a farsi sentire.
Con un gesto veloce, mi sciolse i capelli lasciandoli ricadere sulle mie spalle.
Il mio corpo tremava come una foglia e il mio cuore batté all'impazzata, come un treno deragliante a tutta velocità.
«Prendi la pillola?», mi sussurrò all'orecchio cominciando a lasciarmi una scia di baci lungo il collo.
Annuii, sospirando di piacere.
«Voglio spogliarti...», mormorai. «Accarezzarti, toccarti, io...», dissi piano, ma lui, non parve essere d'accordo con la mia affermazione. «Lascia che io lo faccia.»
Staccò la sua bocca dal mio collo e a un centimetro dalle mie labbra riprese fiato. «Ci sono dei limiti invalicabili per me, Bocciolo. Non costringermi ad andare via da questa camera.» Affermò rude.
Volevo togliergli la camicia, baciargli il petto, l'addome, il collo e le spalle. Avrei voluto toccarlo, guardarlo, ma non me lo concesse.
«Me ne parlerai?»
«Sta' zitta...» Mi inumidii le labbra e avvertii la sua presa al di sotto dei miei glutei. Mi sollevò lentamente guardandomi negli occhi e io feci lo stesso.
«Non staccare il tuo sguardo dal mio finché non te lo dico io.» Disse e pian piano mi posizionò nella giusta direzione che gli avrebbe dato il libero accesso.
Deglutii e le mie pupille si posarono sulle sue in maniera prepotente.
Strinsi le cosce attorno al suo bacino come se mi desse protezione e le contrassi. Mi abbassò lentamente, e così, avvertii già la sua punta in mezzo alle mie gambe.
Mi morsi il labbro mentre lui quasi ringhiò, affondando repentinamente.
«Ah!», esclamai improvvisamente e stropicciai tra le mani il tessuto della camicia. Cominciai ad ansimare mentre lui mosse il mio bacino col suo.
Iniziammo a godere insieme, a guardarci come se fossimo dipendenti l'uno dagli occhi dell'altro.
«Porca puttana quanto sei stretta e bagnata», affermò con voce gutturale mentre si fiondò sul mio collo. Salii con le mani suoi capelli tirandoglieli e al contempo continuava ad affondare dentro di me con spinte secche e rapide.
Gemetti di piacere quando toccò un punto sensibile a me estraneo e, buttai la testa all'indietro assecondando i suoi movimenti.
Da un lato una scarica dolorifica percorse il mio ventre ma dall'altra la goduria che stavo provando ebbe la meglio.
Con le sue mani mi guidava in un movimento regolare ma lento.
«Oh... Derek», ansimai e poggiai una mano al muro per mantenermi, mentre l'altra era impegnata ad affondare nei suoi capelli.
Scese con la bocca lungo i miei seni turgidi, sollevandomi di poco per allinearsi meglio. Mi tirò il capezzolo destro con i denti e lo succhiò come se fosse un cibo prelibato. Esalai un respiro e cominciai a muovermi da sola senza alcun controllo, mentre lui si dedicò all'altro, emettendo dei gemiti gutturali.
Sentivo il suo calore sulla pelle, il suo alito sui miei seni e la sua barba pizzicarmi, ma era tutto ciò che in quel momento volevo e mi sarei goduta ogni attimo.
«Guardaci.» Mi afferrò il mento in preda all'eccitazione folle e mi spinse a sollevarmi il capo. Guardai il nostro riflesso dallo specchio in sospensione. «Guarda mentre ti scopo», mormorò e riprese a muovere il bacino facendomi letteralmente cavalcare sul suo pene.
Con l'altra mano afferrò la mia chioma e me la tirò con forza. Sussurrai un ahia che lo indusse a far peggio. Si fermò tutto d'un tratto e si distese completamente di schiena sul materasso. Mi fece piegare le ginocchia così da ritrovarmi su di lui. Affondò ancora la sua erezione dentro di me e mi mise una mano sulla bocca per non farmi gridare, anche se avrei tanto voluto farlo.
Erano delle dimensioni per me incontenibili.
«Spero sia tutto...», dissi imbarazzata.
«Quasi, Bocciolo. Ma voglio andarci piano con te.» Affermò quasi come se volesse farmi un favore. «Adesso toccati i seni.»
Esalai un respiro mentre mi sentivo terribilmente affannata e stanca, ma avevo bisogno di venire. Fino a quel momento mi trattenni, non volevo che tutto finisse in così poco tempo.
Lui non sembrava in procinto di venire, ma io... Io ero lì per scoppiare.
Iniziai a toccarmi i capezzoli bagnati dalla sua saliva e mi morsi il labbro.
«Adesso reggiti forte e osserva allo specchio come mi cavalchi da brava Bambina.»
Cominciò a muovere il bacino sollevandomi ad ogni spinta. Alzai lo sguardo, posando gli occhi sulla nostra immagine riflessa nello specchio. Mise le mani sui miei fianchi e mi indusse a muovermi più selvaggiamente. Fissai i nostri corpi e il punto di congiunzione dei nostri sessi, mentre cavalcavo il suo corpo come se fosse l'ultima volta che ci avrei fatto sesso.
Molto probabilmente era così, ma la mia testa rifiutava quel pensiero.
Lui affondò le dita nella mia pelle tanto da sentirmi bruciare mentre continuavo a guardarci attraverso il vetro. Mi spinse verso il basso e, finalmente, nella sua interezza entrò completamente in me.
«Oh mio Dio!» Gridai acutamente buttando la testa all'indietro. Mi si appiccicarono i capelli sulla fronte e una goccia di sudore mi colò lungo il collo.
Una sensazione di piacere mai provata prima si mosse nel mio basso ventre e una scossa di eccitazione di percorse la spina dorsale.
«Sei la mia dolce condanna, Piccolo Fiore.»
Mosse il bacino repentinamente tanto da farmi contorcere la schiena. Lui gemette gutturalmente e mi chiedevo se provasse lo stesso piacere intenso che stessi provando io. La mia vista era ormai annebbiata e non riuscivo più a tenere gli occhi aperti; li chiusi e da lì a poco sapevo che sarei venuta con un orgasmo intenso.
«Derek non ce la faccio più...», dissi lamentando un verso di pura libidine e quasi osceno.
«Di chi sei Victoria?»
«C-cosa?», abbassai lo sguardo sul suo mentre cominciò a muoversi in maniera secca ma profonda.
«Di. Chi. Sei.», scandì per bene quelle tre parole e le sue spinte iniziarono ad essere molto più rudi e prive di dolcezza.
«P-piano», tartagliai, riprendendo ad ansimare.
«Dì che sei mia.» Mi fece quella strana richiesta con un tono di voce così malsano ed eccitato da farmi sentire le farfalle nello stomaco. Continuò facendomi sobbalzare ad ogni spinta. Tremavo per il piacere e al contempo il mio cuore chiedeva pietà. «Dì che sei mia o ti scopo fino a farti perdere la voce. Ho bisogno di sentirtelo dire.»
Se l'avessi detto, sarebbero cambiate le cose fra noi?
Posticipai le domande ad un altro momento.
Io mi ritenevo sua, volevo essere sua, ma lui, sarebbe mai stato mio?
«Sono...», spinse ancora una volta facendomi gemere più forte. «Sono tua, Derek Moore.»
Mi tirò una sculacciata sul gluteo soddisfatto e riprese a muovere il mio bacino frettolosamente e incontrollabilmente, mentre la mia intimità iniziò a bruciare.
«Non ti fermare», dissi con estremo affanno.
«Oh no, non lo farò Bambolina.»
Mi scopò incalzando un ritmo sempre più letale ad ogni spinta. Mi mossi con lui aiutandolo nel movimento, mentre entrambi godemmo come due assatanati di sesso.
«Guarda su», puntò gli occhi allo specchio su di noi e così, ci guardammo attraverso il vetro. «Non togliere lo sguardo da lì», mi ordinò.
Continuammo a muoverci e io strinsi le mani sui miei seni. Lui affondò nuovamente le dita nella mia carne.
«Concedimi un orgasmo che sarà in grado di risuonare nelle mie orecchie ora e per sempre.» Mi fece questa assurda richiesta e io, arrivata al culmine del piacere, non me lo feci ripetere più di una volta.
Strinsi le gambe, contorsi la schiena ma non abbandonai la visione dello specchio. Una scarica adrenalinica si mosse dal mio stomaco sino alla mia bocca, misto ad un dolore malsano e piacevole che, fece fuoriuscire un orgasmo puro, intenso e terribilmente osceno. Lui mi guardò tutto il tempo attraverso il riflesso, fino a quando anche lui arrivò al culmine. Il suo sperma caldo invase le pareti della mia vagina e il suono della sua eiaculazione uscì dalla sua bocca.
Era così sexy.
«Dio Santo...», sussurrai stanca e avvilita, mentre sentivo gli spasmi del suo pene. Lui inumidii le labbra e aveva lo sguardo dell'estasi che gli si leggeva in faccia.
Era tutto sudato, con la camicia fradicia, i capelli che gli ricadevano sulla fronte.
Era una divinità greca e maledizione, mi sarei lasciata fottere ancora e ancora da lui solo per guardarlo così.
Mi coprii i seni con le braccia in preda ad un imbarazzo improvviso mentre lui con i polpastrelli accarezzò il mio bacino.
Mi concesse un attimo di respiro quando uscì dalla mia intimità. «Stenditi.» Disse girandosi di fianco e feci come mi chiese. Non ebbi la lucidità di controbattere. Mi posizionai dandogli le spalle, così lui spostò la mia chioma da un lato scoprendo la mia schiena. Posò un braccio attorno al mio corpo e mi attirò a sé, come se volesse abbracciarmi.
La cosa strana era che fra le sue braccia stavo bene e mi sentivo a casa.
Sentivo i suoi respiri tranquilli, la barba pizzicarmi leggermente dietro l'orecchio e la sua erezione ancora abbastanza prepotente battermi dietro la schiena.
Potevamo rimanere così per tutta la notte ed io sarei stata felice.
«Che cosa abbiamo fatto?», domandai nel completo silenzio. Lui aumentò la stretta del suo braccio come se volesse proteggermi.
«Ti ho aperto ufficialmente le porte del mio Mondo. Infernale, rude e terribilmente oscuro.» Rispose.
Se quello fosse stato l'Inferno, allora, avrei smesso di credere in un Dio Onnipotente solo per entrarci ancora.
Mi girai su di un fianco per guardarlo negli occhi. Ero ancora rossa, avvertii le gote calde ma in quel momento non provai imbarazzo.
«Non c'è una via di uscita, non è così?» Gli domandai.
«No e non ci sarà mai, Fiorellino.»
Deglutii a fatica. «E adesso?»
«Adesso sei mia e ciò significa che o mi fai uscire da questo letto e da questa stanza o sarò costretto a scoparti un'altra volta.»
Il cuore riprese a battere così in fretta da avvertire un cardiopalmo imminente. Porse una mano sotto il mio mento e con le dita accarezzò le mie labbra.
«A te la scelta, Fiorellino.»
SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutt* Piccoli Fiori, come state? Perdonatemi per l'attesa, ma, il lavoro mi sta letteralmente mangiando ogni briciolo di tempo libero che ho per scrivere. Di fatto, ho già incominciato la stesura del prossimo capitolo per portarmi avanti coi tempi! :)
Finalmente siamo arrivati al momento tanto atteso... Soprattutto da me. Spero di esserne stata all'altezza e di avervi fatto provare qualche emozione! Io ne ho provate così tante mentre ho scritto questa parte, quasi ma quasi mi sono emozionata! 🖤
Grazie a tutte per il supporto che mi date ogni giorno, soprattutto perché la storia cresce di visualizzazioni a vista d'occhio! Sono fiera di come sta andando.
Vi voglio tanto bene Fiorellini. 🖤
Ci vediamo su IG e su TikTok (higracehall come nick per entrambi i social) per i contenuti relativi a questo capitolo! Se vi va lasciatemi una stellina e un commentino :)
Un bacio grande.
Grace Hall 🖤
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The Silence of a Promise
RomanceHo fatto un gioco con un Piccolo Bocciolo di Margherita. La bambina mi ha promesso di non parlare. E se avesse parlato, le avrei staccato i suoi petali e le avrei fatto male. Proprio come hanno fatto con me. Ho fatto una promessa. Non ricordo ben...