"Sei la mia calma dopo la tempesta."
Derek MooreL'alba.
I suoi capelli.
Il suo respiro.
Forse stavo entrando in paradiso senza neanche rendermene conto, macchiandolo di impurezza e sofferenza.
Ma non potetti fare a meno di guardarla dormire, con la bocca imbronciata e il suo corpo da dea sdraiato sul divanetto.
La sua testa sulle mie gambe, il suo profumo che inebriava le mie narici e la sua pelle calda, mi donavano un motivo in più per non andare in bagno a trovare il mio vecchio amico.
Non comprendevo come facesse ad avere questo effetto su di me, ma non mi sentivo morto e tanto meno avvertivo il bisogno di farmi del male.
Il problema era che lei mi faceva sentire vivo.
Acquietava i miei mostri.
Placava il mio animo tormentato.
Per cui non mi punivo per sentire dolore e non ricercavo un modo per ricordarmi che i miei polmoni respirassero ancora una volta.
Lei era la mia calma.
Ma sapevo bene che prima o poi sarebbe arrivata una tempesta pronta a far balzare qualsiasi cosa.
Avvertii una strana sensazione al petto, come una spada che trafiggeva la roccia. Ma non capii il perché di quel presentimento e mentre le mie mani le accarezzavano i capelli puliti e folti, lei si mosse.
Il modo in cui aveva praticato sesso orale su di me fu eclatante. In tutti i sensi.
Era un po' impacciata, un po' inesperta, ma sapeva il fatto suo.
Mi fece godere come nessuna mai ed era proprio la sua innocenza ad eccitarmi.
Il modo in cui lo prendeva nella bocca, affaticandosi nel contenere la mia dimensione, mi fece impazzire.
Ero attratto da lei.
«Non so dove sia la mamma!», esclamò tutto un tratto, continuando a dormire.
Abbassai lo sguardo e le poggiai una mano sulla fronte che era visibilmente sudaticcia.
«Fiorellino», sussurrai cercando di svegliarla.
«Non lo so papà, non lo so», disse con un tono di voce ansiogeno, girando la testa da un lato e dall'altro.
Mi chinai poggiando le labbra sulla sua fronte e fu così che iniziò a calmarsi.
Capii fin da subito che anche lei non aveva avuto un passato facile da affrontare, ma sapevo anche che lei non avrebbe mai smesso di brillare; al contrario mio, che, mi feci affossare dagli sbagli e dai traumi.
Non brillavo più da tanto tempo, anzi, forse non l'avevo mai fatto.
«Mm», mugugnò stropicciandosi gli occhi.
Le schioccai un leggero bacio, prima che lei si ricomponesse e aprisse il primo e poi il secondo occhio, mettendo a fuoco la mia immagine.
«E tu che ci fai nel mio letto?»
Si grattò la testa guardandomi da sotto le sue lunghe ciglia.
«Sei tu che sei sulle mie gambe, Fiorellino.»
«Oh», sussultò. «Non... Non me ne sono resa conto.» Arrossì in viso e si alzò tutto d'un tratto, rendendosi conto di essere in intimo.
Ci guardammo per qualche secondo e potetti avvertire le sue guance avvampare.
«Sei rimasto con me tutta la notte?»
Avrei voluto tanto dirle di no.
Avrei voluto dirle che l'avevo lasciata dormire da sola.
E invece ero rimasto con lei.
Tutta. La. Cazzo. Di. Notte.
«Ci siamo addormentati», mi limitai a risponderle.
Sono rimasto tutta la notte a vegliare su di te e a guardarti come se fossi uno dei sette peccati capitali.
Il mio. Pensai.
Sarebbe diventata ben presto soggetto di uno dei miei quadri.
Avevo la vincita di una scommessa ancora aperta.
«Okay...», sussurrò stringendosi le braccia al petto. «Derek, stanotte...», iniziò a parlare ma la interruppi subito.
«Non dire niente.»
Mi alzai e mi posizionai di fronte a lei.
Le nostre pupille, ancora una volta, non smettevano di volersi a vicenda.
«Mi è piaciuto», strascicò le parole per l'imbarazzo. «Per quanto abbiamo ancora una volta commesso un terribile sbaglio.» Abbassò gli occhi guardandosi la punta dei piedi nudi.
Lei lo chiamava sbaglio.
Io la chiamavo salvezza, perché, grazie a lei, non passai l'intera notte a lesionarmi la pelle.
Le alzai il mento col dito e le accarezzai col dorso della mano la guancia.
«Eri bellissima mentre cercavi di contenerlo, sai?»
Sgranò gli occhi, mentre le pupille si restrinsero. Il suo imbarazzo era palpabile.
Infondo, amavo metterle agitazione.
Istintivamente ci avvicinammo entrambi e i nostri visi erano a pochi centimetri l'uno dall'altro.
«Mi hai macchiata abbastanza...», sussurrò. «Sarà l'ultima volta.»
«Solo se tu vuoi che lo sia.» Sfiorai le sue labbra con le mie mentre sentii il suo corpo irrigidirsi.
Le contornai la bocca col pollice e avvertii i suoi respiri affannati.
Chiuse gli occhi e il mio labbro superiore toccò il suo, lambendolo e facendola tremare.
«Lo voglio.»
Riaprii gli occhi e mi guardò fisso, mentre posò una mano sulle mie labbra per porre la giusta distanza.
«Anch'io.» Risposi.
In realtà l'unica cosa che volevo era sprofondare dentro di lei come un'animale selvaggio.
Volevo riempirla, saziarla e far sì che soccombesse a me.
Si morse il labbro ponendo gli occhi sulla mia bocca.
«Lo so che la vorresti di nuovo nella tua fica.» Le spostai una ciocca di capelli disordinata dietro l'orecchio, mentre non solo gli zigomi ma anche il resto del suo viso arrossò e si plasmò in un'espressione indecifrabile.
«Sei un'idiota...», tartagliò insicura e fece qualche passo indietro.
Godetti per quella reazione e curvai leggermente il labbro.
«Ci vediamo in studio, Fiorellino.» Le feci un occhiolino quasi sfuggente e la sorpassai, ricordando ancora una volta a me stesso che l'ultima parola avrei dovuto solo e soltanto averla io.
Sempre.
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The Silence of a Promise
RomanceHo fatto un gioco con un Piccolo Bocciolo di Margherita. La bambina mi ha promesso di non parlare. E se avesse parlato, le avrei staccato i suoi petali e le avrei fatto male. Proprio come hanno fatto con me. Ho fatto una promessa. Non ricordo ben...